Nurse24.it
Scopri i master di ecampus sanità

Editoriale

Concorsi infermieri: "io non sono un numero!"

di Luigi D'Onofrio

IMG-20160524-WA0008

Riflessioni a margine del “concorsone” di Bologna e degli altri “raduni di massa” per infermieri.

Chi sono? Persone in attesa di un concerto?” commentava candidamente la mia collega vietnamita quando le ho mostrato la foto degli infermieri italiani in attesa di iniziare la prima prova di selezione per un ambitissimo posto pubblico a Bologna.

Senza dubbio, non è facile spiegare ad uno straniero l’attuale momento della professione infermieristica nel Bel Paese, specialmente in una Nazione, come l’Inghilterra, dove il concorso è un concetto sconosciuto, dove si assume per colloquio diretto ed è motivo di vanto – come riferitomi ieri da un’altra collega, stavolta di origine somala – essere stati selezionati tra cento pretendenti allo stesso posto di lavoro.

Mi risulta assai arduo anche spiegare il motivo per cui in Italia gli infermieri sono selezionati attraverso questa modalità negli ospedali pubblici, mentre in quelli privati basta il colloquio, proprio come nel Regno Unito.

Già, ma qualcuno ricorda davvero perchè i concorsi o gli avvisi sono necessari per ottenere un qualsiasi posto di lavoro presso la Pubblica Amministrazione?

Recita l’art. 97 della Costituzione Italiana: “Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge”. La ratio, ovvero il perchè della disposizione, si ritrova al primo comma dello stesso articolo: “I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione”.

Concorsi e avvisi, pertanto, servono a formare gli organici della Pubblica Amministrazione italiana selezionando i professionisti più preparati sulla base di principi di trasparenza, equità, efficienza ed efficacia.

Ora: quanti di voi, cari lettori di Nurse24.it che avete partecipato ai grandi raduni di massa di Bologna, Trieste od a qualunque prova concorsuale nella vostra vita, dopo aver letto questa frase state già sogghignando o mandando a quel paese (non il Bel Paese!) qualcosa o qualcuno?

Perché la realtà è palese e sotto gli occhi di tutti, negarla vuol dire nascondersi dietro ad un dito: il sistema dei concorsi pubblici non funziona più.

NotNumber

"io non sono un numero!"

Neppure per gli infermieri, che fino ad alcuni anni addietro – stando a quanto raccontano i colleghi più anziani – beneficiavano di concorsi banditi con straordinaria frequenza, anche più volte l’anno dalla stessa Asl, per cui il numero dei partecipanti era estremamente inferiore ed era sufficiente insistere un pò per superare una selezione.

La realtà attuale è invece caratterizzata da masse oceaniche stipate nei palazzetti (come nei concerti, per l’appunto), viaggi della speranza organizzati in pullman od automobili divise tra amici e colleghi per ridurre almeno le spese di viaggio, odiate tasse di iscrizione, attese estenuanti, irregolarità diffuse e vociferate sul web in attesa di ricorsi per i quali esiste sempre una ragion d’essere.

Già, perché anche nell’ultimo grande evento concorsuale, quello di Bologna, benchè poche ed isolate voci abbiano lodato l’efficienza dell’organizzazione, sono dilagate presto in rete le proteste dei partecipanti, indignati per la distribuzione delle prove a busta aperta (non ci avrei creduto se non l’avessi letto!), per la ripetizione di alcune domande presenti nella prova scritta nei due giorni di svolgimento della stessa e per la straordinaria facilità con cui gli aspiranti si scambiavano informazioni e risposte.

Ho sentito raccontare le stesse storie centinaia di volte ed ho anch’io sperimentato sulla mia pelle un’identica, grottesca vicenda, benché nella mia vita abbia preso parte solo a due selezioni (e quella a cui faccio riferimento non riguardava un concorso per infermieri).

Ha senso tutto questo? Qualcuno crede davvero che sia questo il criterio migliore per attrarre le migliori professionalità?

Ricapitoliamo: si ammassano migliaia di infermieri in un palazzetto, teatro o quello che è, li si sottopone ad un fuoco di fila di domande in mezz’ora o poco più, spesso quiz a risposta chiusa formulati in modo tale da creare trabocchetti linguistici (così scegliamo anche i più bravi nella lingua italiana, non si sa mai eh) o vertenti sulla normativa sanitaria (è cristallina l’essenzialità, nell’attività quotidiana dell’infermiere, di conoscere a menadito chi stabilisce le relazioni organizzativo – funzionali tra i dipartimenti ad attività integrata ed i dipartimenti universitari nelle Aziende ospedaliero-universitarie - non sto inventando, sto copiando da quiz di vecchi concorsi!) e poi si allestisce un sistema di sorveglianza poliziesco per impedire che i candidati copino o parlino tra loro, reclutando addirittura 20 assistenti di commissione incaricati di passeggiare sotto e sopra tra soli 4.800 partecipanti, che nemmeno 20 Robocop manterrebbero l’ordine.

Dopo tutto ciò ed un altro paio di prove, una orale ed una pratica, leggermente meno caotiche vista la prima scrematura, si è certi di pescare dal mazzo i più bravi.

Ma mi faccia il piacere, come diceva il grande Totò!

I termini a cui è universalmente associata la parola “concorso” sono, nella mente di tutti noi non solo infermieri, ma cittadini italiani, “lotteria”, “terno al lotto”, quando non “truffa”, “pagliacciata” o simili. Attendo smentite in merito.

E’ un segno che il sistema non funziona e necessita di un upgrade, di un aggiornamento, come per ogni cosa nella tecnologica realtà odierna.

Il concorso pubblico non valorizza, mortifica il professionista e lo riduce ad un numero di iscrizione.

In una serie di fantascienza inglese degli anni ‘60 che ebbe un certo successo anche in Italia, denominata “Il prigioniero”, un ex agente segreto viene imprigionato in un villaggio situato in una località misteriosa e privato della sua identità, per cui viene sempre e solo identificato con un numero. Il 6.

Non conta chi è: contano solo le informazioni che può fornire all’organizzazione in merito ai servizi segreti per cui ha lavorato. Il protagonista, come logico, si ribella, urlando più volte “Io non sono un numero!” e tenta in diverse circostanze la fuga, finché non vi riesce.

E’ così che mi sono sentito quando ho partecipato ad un concorso: spogliato della mia identità e della mia esperienza, ridotto ad uno tra tanti.

Perchè, mi domando, nella valutazione del punteggio del candidato il suo curriculum deve contare solo nella misura del 20-30%?

Le migliori professionalità dovrebbero essere attratte dalle migliori strutture ospedaliere e ciò dovrebbe avvenire con modalità diverse dalla mobilità o dal concorso (esiste anche lo scambio alla pari, lo so, ma è un’ipotesi più remota). Di rado mi è invece capitato di avere notizia di bandi riservati ad infermieri con precedente esperienza in una determinata area.

Ha senso bandire un concorso quando vi è necessità di un infermiere esperto in emodinamica o dialisi o sarebbe sufficiente un colloquio per titoli?

Il principale obiettivo della mia carriera, nel medio – lungo termine, è la specializzazione in oftalmologia (c’è tanto da fare e studiare, credetemi), ma so bene che se volessi tornare in Italia non avrei chance di proseguire lungo questo percorso, se non nel settore privato, che pertanto beneficerebbe assai meglio della mia esperienza pregressa, per giunta maturata all’estero e quindi in grado di risentire dell’apporto di esperienze frutto di contesti molto diversi.

L’Italia, in questo, risente invece pesantemente del tuttora scarsissimo riconoscimento alla professione infermieristica delle competenze avanzate e specialistiche, come avviene invece per I medici e in Inghilterra, dove la selezione per le figure di senior nurse o specialist nurse, oltre che consistere esclusivamente in un colloquio (interview), si incentra in buona parte sull’analisi del curriculum.

D’altro canto, laddove si reputa il concorso il criterio di reclutamento più efficiente, risulta stridente il fatto che venga bandito, in determinati casi, con lo scopo, più o meno sbandierato, di stabilizzare figure precarie. Che motivo c’è di mettere in piedi una selezione aperta a tutti, inserendo clausole per favorire velatamente determinati gruppi di precari già operanti nell’Azienda Sanitaria, se un lavoratore ha già dato prova di competenza e professionalità?

Perchè non assumerlo direttamente?

Sul versante opposto della medaglia, perchè inserire, senza nessuna efficienza e trasparenza, infermieri con contratti di lavoro a tempo determinato, talvolta persino reclutandoli presso le agenzie interinali (salvo poi stabilizzarli, come si è detto), invece di rinforzare periodicamente le piante organiche assumendo direttamente con l’”efficientissima, efficacissima e trasparentissima” macchina concorsuale altre figure permanenti?

Le risposte a queste domande sono numerose e in genere richiamano l’obiettivo del contenimento delle spese.
I concorsi costano, affermano i manager delle Aziende sanitarie.

Quanto costa invece – ribatto – alla collettività la perdita di professionalità che deriva dal mantenere in piedi un sistema di reclutamento così farraginoso e pieno di contraddizioni, come quelle evidenziate?

E’ ora di cambiare, è ora di evolvere il sistema.

Per tutti i dipendenti pubblici, non solo per gli infermieri, che per giunta da anni vivono l’angoscia della disoccupazione e del precariato, a fronte di un Sistema Sanitario Nazionale che invece soffre per la carenza di decine di migliaia di infermieri, con i dipendenti di ruolo costretti a tollerare turnazioni in aperto contrasto con le normative europee.

Chi non vuole vivere il travaglio dei concorsi, intanto, si tira fuori dal sistema ed emigra verso altri lidi, come me e le migliaia di infermieri italiani che, nel silenzio dell’opinione pubblica e dei politici, stanno espatriando in Inghilterra ed in tutta Europa.

Dove sono liberi di essere selezionati guardando da subito in viso chi li assumerà o li scarterà. Liberi di essere giudicati solo per la loro preparazione ed esperienza e non perchè hanno indovinato la risposta di un quiz.

Liberi di non essere considerati un numero di iscrizione.
Ma prigionieri in un “esilio” dorato.

Commento (0)