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COVID-19

Sanitari no vax sospesi: Tar Lombardia boccia la legge

di Redazione Roma

Il Tar della Lombardia chiede una valutazione della Consulta ravvisando la possibile incostituzionalità della normativa che lascia senza lavoro e stipendio i sanitari che non intendono vaccinarsi. Un assetto che si rivela sproporzionato rispetto alla realizzazione del fine di tutela della salute pubblica. E ciò avviene nell’ambito di una regolamentazione che, si legge ancora, seppure introdotta in una situazione emergenziale, trascura il valore della dignità umana.

No vax senza lavoro e stipendio, Tar Lombardia boccia la legge

Sanitari no vax: novità rilevanti sul fronte delle sanzioni per chi, tra di loro, ha rifiutato di vaccinarsi contro il Covid. Il Tar della Lombardia, infatti, ha rinviato alla valutazione della Consulta – riconoscendone la possibile anticostituzionalità – la normativa sull’obbligo del vaccino che lascia senza lavoro e stipendio i sanitari non vaccinati contro il Covid-19.

La legge configura questo scenario nel momento in cui il personale considerato non possa essere ricollocato dalle aziende sanitarie in una mansione professionale anche inferiore, ma a tutela del contatto con le altre persone.

L’attuale disciplina normativa – circoscrivono l’estensore Rosanna Perilli con il presidente Domenico Giordano e il consigliere Fabrizio Fornataro nel caso di un’operatrice no vax dell’Asst Fatebenefratelli Sacco – pone il dipendente inadempiente all’obbligo vaccinale di fronte a una decisione obbligata tra vaccinarsi ed essere sospeso dal servizio senza stipendio né trattamento economico. Un assetto, questo, che si rivela sproporzionato rispetto alla realizzazione del fine di tutela della salute pubblica, in quanto l’esito del bilanciamento dei rilevantissimi interessi coinvolti, effettuato dal legislatore nell’esercizio dell’ampia discrezionalità politica, conduce ad un risultato implausibile.

Il Tar della Lombardia, infatti, considera eccedente il necessario limite di ragionevolezza nell’ambito di una regolamentazione che, seppure introdotta in una situazione emergenziale, trascura il valore della dignità umana, specie ove si consideri che la sospensione da qualunque forma di ausilio economico del dipendente non trova causa nel venir meno di requisiti di ordine morale.

Di più. Uno stop totale allo stipendio – è ancora un passaggio di quanto stabilito dal Tar lombardo – rischia di creare un’irragionevole disparità di trattamento con tutti gli altri tipi di sospensione dal servizio di natura preventiva, quali appunto la sospensione cautelare del dipendente disposta nel corso di un procedimento disciplinare o penale, casi nei quali viene invece percepita una quota della retribuzione a titolo assistenziale.

Per il Tar lombardo non è possibile ragionevolmente sostenere che la mancata corresponsione di una misura di sostegno per tutto il periodo di durata della sospensione dal servizio sia un sacrificio tollerabile rispetto ai fini pubblici da perseguire. Al dipendente che (nell’esercizio della libertà di autodeterminazione nella somministrazione di un trattamento sanitario) scelga di non adempiere all’obbligo vaccinale, infatti, viene richiesto un sacrificio la cui durata non è in grado né di prevedere né di governare, visto che le misure precauzionali adottate dal legislatore non si prestano ad essere inquadrate entro una cornice temporale certa e definita, a causa dello sviluppo oggettivamente incerto e ricorrente dell’andamento della pandemia. La scelta legislativa di una preclusione assoluta alla percezione di una forma minima di sostegno temporaneo alla mancanza di reddito sembra essere andata di gran lunga oltre il necessario per conseguire l’obiettivo di tutela.

Giornalista

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