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Normativa

Come e perché è nata la Legge 251/2000

di Carlo Leardi

La figura del Dirigente Infermiere è ormai consolidata nel panorama pubblico e privato italiano. Con l’emanazione e l’entrata in vigore della Legge 251/2000, che disciplina la nostra categoria e le varie Professioni Sanitarie, si sancisce definitivamente la legittimità dell'agire professionale dell'Infermiere.

Rispetto al passato, l'infermiere moderno è tenuto ad una maggiore responsabilizzazione in merito alle proprie scelte e al proprio operato. Oggi la società ha bisogno di Professionisti della Salute:

  • capaci;
  • autonomi;
  • responsabili;
  • che sappiano prendersi cura di ognuno di noi quando la malattia ci colpisce e prima del suo avvento.

Con la Legge 251/2000 nasce la Dirigenza Infermieristica in Italia

Per rispondere al meglio a tali necessità si è apportato un radicale rinnovamento della professione infermieristica. Dopo l'emanazione del Profilo Professionale e l'abolizione del mansionario con la Legge 42/99, viene finalmente abbattuto un muro che aveva tenuto prigionieri per oltre 20 anni la crescita e lo sviluppo della professione infermieristica. Fino al 1994 essa veniva relegata in una posizione marginale e di subalternità rispetto a quella medica, essendole riconosciuto un ruolo quasi unicamente esecutivo.

La logica del Profilo Professionale e quella del mansionario sono tra loro antitetiche in quanto la prima prevede un’ampia autonomia e responsabilità, mentre la seconda è basata su un’elencazione di compiti e attribuzioni ai quali l’esercizio professionale deve attenersi e, quindi, limitarsi. Per fortuna oggi il mansionario è solo un ricordo lontano.

Molto importante per la Professione Infermieristica è la Legge 251/2000 che fissa gli ultimi tasselli del percorso di riordino della categoria: “Disciplina delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione, nonché della professione ostetrica''.

Tale Legge determina, nei suoi primi quattro articoli, la struttura generale attualmente utilizzata per la classificazione delle professioni sanitarie, individuando:

  1. le professioni infermieristiche e la professione sanitaria ostetrica (art. 1);
  2. le professioni sanitarie riabilitative (art. 2);
  3. le professioni tecnico-sanitarie, a loro volta distinte in un'area tecnico-diagnostica e un'area tecnico-assistenziale (art.3);
  4. le professioni tecniche della prevenzione (art 4).

Legge di non poca importanza se pensiamo che attraverso i dettami dell'art. 1 si sancisce definitivamente la legittimità dell'agire professionale dell'infermiere.

Al primo comma dell'art.1 si legge testualmente: “gli operatori delle professioni sanitarie dell'area delle scienze infermieristiche e della professione ostetrica svolgono con autonomia professionale attività dirette alla prevenzione, alla cura e alla salvaguardia della salute individuale e collettiva, espletando le funzioni individuate dalle norme istitutive dei relativi profili professionali nonché dagli specifici codici deontologici ed utilizzando metodologie di pianificazione per obiettivi dell’assistenza”.

I criteri di riferimento della responsabilità infermieristica attengono quindi ai contenuti dell'assistenza stessa acquisiti durante la formazione, ai doveri etico morali, alla pianificazione, attuazione e documentazione del processo di nursing nella realtà organizzativa.

L'operato dell'infermiere si affida, dunque:

  • all'evoluzione scientifico-tecnologica;
  • all'organizzazione del lavoro attraverso metodologie per obiettivi.

Il sapere e saper fare si realizzano nell'attività di pianificazione degli interventi assistenziali, in un contesto in cui gli infermieri, protagonisti attivi del processo di nursing, ridefiniscono il proprio ruolo perseguendo valori condivisi di autonomia e indipendenza, consapevoli di rivestire un ruolo strategico all'interno dell'équipe multidisciplinare.

Con il concetto di ruolo si intende lo “spazio ricoperto da un professionista nell'ambito della sua organizzazione che comprende i compiti, le azioni e le attività che una figura professionale svolge nell'organizzazione a seguito delle proprie competenze”.

L'Atto Sanitario, quindi, non coincide più esclusivamente con l'Atto Medico, ma rappresenta un complesso di prestazioni e competenze risultanti dall'agire di più professionalità.

Tale evoluzione concettuale, riguardo l'Atto Sanitario e i bisogni ad esso connessi, è frutto di una nuova riflessione etica, che promuove il paziente e la persona nella sua globalità, in coerenza con un'idea di salute non più concepita nella sua accezione esclusivamente fisica, ma arricchita di implicazioni psichiche e sociali.

La pianificazione dell'assistenza infermieristica si realizza intorno al paziente all’interno di una relazione in cui gli interlocutori hanno pari dignità: la persona malata, consapevole ed informata, attrice indiscussa delle proprie vicende terapeutiche, riceve riconoscimento e sostegno da parte dell'infermiere in un percorso di alleanza terapeutica che conduce entrambi verso decisioni consapevoli.

Uomo, salute, servizio, assistenza, formazione costituiscono il sistema concettuale in cui trova legittimazione l'autonomia della professione infermieristica

Il passare in rassegna i principali reati a carico del personale infermieristico, al di là dell'importanza giuridica che assume, riveste, dato il nuovo contesto nel quale si colloca la responsabilità penale degli infermieri, una valenza ancora più forte e marcata: quella degli infermieri non è più una professione sanitaria ausiliaria e, pertanto, sono chiamati a rispondere personalmente ed in modo più diretto delle loro azioni.

Le parole chiave della Legge sono, quindi:

  • autonomia;
  • responsabilità.

Ciò mette in crisi l’impianto tradizionale delle organizzazioni sanitarie, che presupponeva il principio gerarchico come fonte di regolazione dei rapporti tra medici e professioni sanitarie. Ruoli codificati simboleggiati anche dalla figura gerarchica apicale per eccellenza, quella del Primario.

Questa figura è scomparsa dalla normativa fin dal 1995, essendo sostituita da quella del Direttore, cui vengono attribuiti compiti dirigenziali piuttosto che di supremazia gerarchico-professionale.

Il passaggio e il cambiamento, soprattutto di mentalità, non è semplice da attuarsi, viste le resistenze culturali che si sviluppano in casi del genere.

Un altro aspetto importante è rappresentato dal mandato che il legislatore affida allo Stato e alle Regioni, ognuno nell'esercizio delle proprie funzioni legislative, di programmazione e di indirizzo al fine di:

  • valorizzare le funzioni ed il ruolo della professione infermieristica ed ostetrica;
  • contribuire alla realizzazione del diritto alla salute ed al processo di aziendalizzazione del servizio sanitario;
  • giungere ad una reale integrazione dell'organizzazione del lavoro nel nostro paese con quella degli altri paese europei;
  • modernizzare e rendere il servizio sanitario più vicino alle esigenze dei cittadini.

La Legge dà infine mandato al Ministero della Salute, di concerto con il Ministro dell'Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR), di individuare con uno o più decreti i criteri per la disciplina degli ordinamenti didattici di specifici corsi universitari ai quali possono accedere anche gli infermieri e che poi consentono l'assunzione della diretta responsabilità nella gestione dell'assistenza infermieristica.

In altre parole, si apre la strada alla dirigenza infermieristica: la Legge 251/2000 viene comunemente indicata anche come ''Legge della dirigenza'' e l'art. 5 prevede l'istituzione delle lauree specialistiche, per la dirigenza della professione.

Le Lauree specialistiche (oggi Lauree magistrali) non sono una tappa formativa obbligatoria, ma un'opportunità per gli infermieri di acquisire il livello professionale necessario ad esercitare funzioni specifiche:

  • nell'area clinica assistenziale avanzata;
  • nella gestione;
  • nella formazione;
  • nella ricerca.

Gli Infermieri Dirigenti contribuiscono a disegnare una riorganizzazione delle strutture e di appropriatezza non solo delle prestazioni, ma anche dei percorsi di cura e dei modelli organizzativi.

Si era da qualche tempo avvertita la necessità di ordinare in modo sistematico le figure professionali operanti nel sistema sanitario, i cui primi profili erano stati emanati a partire dalla metà degli anni Novanta.

Le Professioni Sanitarie, secondo la Legge 251/2000, sono 22. L'esatta collocazione di ciascun Profilo Professionale è stata individuata con il D.M. sanità 29 marzo 2001 n. 118, che le elenca raggruppandole secondo le classi stabilite dalla normativa.

Nelle disposizioni transitorie contenute nell'art.7, comma 1, la norma precisa che: “al fine di migliorare l'assistenza e per la qualificazione delle risorse, le azienda sanitarie possono istituire il servizio dell'assistenza infermieristica e ostetrica e possono attribuire l'incarico di dirigente del medesimo servizio […] con incarico di durata triennale rinnovabile, regolato da contratti a tempo determinato, da stipulare, nel limite numerico indicato dall'articolo 15-septies, comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, introdotto dall'articolo 13 del decreto legislativo 19 giugno 1999 n 229 dal direttore generale […] attraverso idonea procedura selettiva tra i candidati in possesso di requisiti di esperienza e qualificazione professionale predeterminati. Gli incarichi di cui al presente articolo comportano l'obbligo per l'azienda di sopprimere un numero pari di posti di dirigente sanitario nella dotazione organica definita ai sensi della normativa vigente”.

Si è così completato il percorso di valorizzazione delle professioni sanitarie, rafforzando ulteriormente gli obiettivi dell'autonomia e della diretta responsabilità di tali attività. Quando si usa il termine responsabilità conviene definire dapprima il concetto nel suo senso generale.

Questa parola trae le sue origini dal latino "respondeo", che sta a significare l'atto di assicurare, presentarsi, comparire, garantire, rispondere all'appello o alla citazione.

Tradizionalmente, la Responsabilità Professionale viene suddivisa in tre ambiti:

  • responsabilità penale (obbligo di rispondere per azioni che costituiscono un reato), è personale, non trasferibile a terzi;
  • responsabilità civile (obbligo di risarcire un danno ingiustamente causato);
  • responsabilità disciplinare che per i liberi professionisti diventa responsabilità ordinistico-disciplinare. É personale, non trasferibile a terzi.

Si completa, dunque, il percorso di valorizzazione e responsabilizzazione delle Professioni Sanitarie e si ridisegnano le competenze di tutte le professioni sanitarie, entro i limiti definiti dai profili professionali e dai Codici Deontologici.

Finalmente è avvenuta la metamorfosi: oggi l’infermiere è promotore di progetti, programma e consegue obiettivi, si interfaccia con altre figure o strutture professionali e riconosce l’importanza di lavorare in équipe con una dimensione propria, pur mantenendo le caratteristiche peculiari:

  • del prendersi cura;
  • dell’assistere;
  • dell’essere sensibile al dolore, alla sofferenza, ai bisogni dell’assistito.

Si apre la cosiddetta ''stagione delle responsabilità''. Abbiamo vari strumenti che ci permettono di attuare un percorso autonomo assistenziale.

Dobbiamo dimostrare le nostre abilità professionali attraverso il:

  • sapere: strettamente connesso con il reperimento di informazioni, arricchimento teorico, studio, letture e riferimenti bibliografici;
  • saper fare: collegato all'apprendimento di tecniche e alla capacità di tradurre in operatività il bagaglio del sapere;
  • saper essere: collegato agli aspetti psicologici e alla risoluzione dei propri conflitti.

Nonostante questo, nell’immaginario collettivo la figura dell’infermiere è ancora un po’ confusa. Ci tornano alla mente tutte quelle immagini “goliardiche” dell’infermiera in atteggiamenti lascivi che colorano la fantasia popolare e che sono difficili da debellare.

La trasformazione è avvenuta rapidamente nell’ultimo decennio tanto che è mancato il tempo necessario per metabolizzare il mutamento e spesso sono proprio gli infermieri a non sapersi descrivere.

Chi altro può raccontare chi è l’infermiere se non gli infermieri stessi?

Allora:

  • raccontiamoci;
  • rendiamoci visibili;
  • mostriamo ciò che facciamo;
  • esponiamo ciò che sappiamo fare.

Un’immagine sociale è fatta di tanti elementi messi insieme, ma soprattutto di ciò che concretamente trasmettiamo. Solo se crediamo in ciò che facciamo possiamo dimostrare chi siamo.

”A volte si pensa che chiudersi in sé stessi e nell’esistente rappresenti un modo per mettersi al riparo dalle criticità, ma è proprio restando chiusi e immobili in uno spazio delimitato che si rischia di fare la fine del topo”. Così ha esordito a Bologna la senatrice ed ex-presidente della Federazione Nazionale Ipasvi, Annalisa Silvestro, durante una giornata di riflessione sul tema della dirigenza infermieristica promossa dal locale Collegio.

Bisogna essere sempre più:

  • aperti;
  • sensibili;
  • permeabili al cambiamento.

Cambiamento che “è richiesto con forza dal contesto sociale, economico e culturale, ma anche dalla domanda di salute dei cittadini”.

È il contesto stesso, secondo la senatrice del Partito Democratico, a richiedere che la figura dell’infermiere evolva. Occorre assolutamente “rompere il tetto di cristallo che esiste oggi sulla testa degli infermieri e smettere di fare montagne di carta”, perché “nel lavoro pubblico ciò che conta realmente è la qualità della prestazione professionale e quella degli infermieri deve essere ed è a tutto tondo”.

Ma come possiamo andare avanti se la dirigenza infermieristica, nata con la Legge 251/2000, in questi 15 anni non è mai stata oggetto di 'manutenzione' normativa, regolamentare, contrattuale, se non con provvedimenti sporadici e a macchia di leopardo?

Come disse l'attuale presidente della Federazione Nazionale Ipasvi, Barbara Mangiacavalli: “la quotidianità ci offre molteplici spunti di riflessione e analisi su una dirigenza che in molte regioni stenta a decollare, prevista nei piani regionali, ma non attivata, cancellata o ridimensionata nei ridisegni degli assetti organizzativi delle regioni, messa in discussione ogni volta che vengono adottati provvedimenti regolamentari. Occorre quindi uscire da questa fase di “prove tecniche” e passare alla fase di messa a regime”.

”Il primo passo, sostenuto da un grande, forte e corale impegno di noi tutti – ha spiegato la senatrice Silvestro – è stato l'ottenimento della Legge 251/2000 che, tra le altre norme, indica qual è l’oggetto della professione infermieristica: le attività dirette alla prevenzione, alla cura e salvaguardia della salute individuale e collettiva (art. 1, comma 1). I disposti normativi della legge 251/00 sono stati fondamentali per il riposizionamento giuridico degli infermieri e dell'assistenza infermieristica e, conseguentemente, più che utili nell’elaborazione di numerose memorie giuridiche di tipo difensivo”.

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