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Quel tabù della depressione post partum

di Roberta Guerra

L’attenzione mediatica nei confronti della depressione post-partum avviene troppo spesso in concomitanza con notizie dal sapore di tragedia. Quest’associazione potrebbe facilitare una visione della depressione post-natale come di una condizione di cui ci si deve vergognare, qualcosa da nascondere, da bisbigliare. Quando una condizione medica si trasforma in tabù accade che ci troviamo di fronte a informazioni scorrette e a un ritardo nella diagnosi.

Depressione e disturbo post-traumatico da stress nel post partum

gravidanza

La depressione post-partum, non va confusa con altre forme psicopatologiche con esordio nel post-partum come la psicosi puerperale, una condizione molto più rara (0,1-0,2%), che può portare a conseguenze drammatiche se non riconosciuta e adeguatamente trattata.

L’incidenza della depressione post partum

Secondo i dati dell'Organizzazione mondiale della sanità circa il 20% delle madri sperimenta sintomi depressivi nel post partum. Ci troviamo di fronte a una condizione tutt’altro che rara. Bisogna inoltre considerare che molti casi non vengono adeguatamente diagnosticati, non rientrando di fatto nelle statistiche ufficiali.

I sintomi della depressione post partum

I sintomi più comuni includono:

  • Emozioni persistenti di tristezza,
  • Perdita di interesse per cose e attività,
  • Sensazione di stanchezza,
  • Disturbi del sonno,
  • Sensazione di inadeguatezza verso il proprio bambino,
  • Problemi di concentrazione,
  • Perdita o aumento dell’appetito,
  • Sensi di colpa pervasivi,
  • Pensieri intrusivi (timore di far del male al bambino),
  • Pensieri suicidi.

I quadri sintomatologici vanno considerati come lungo un continuum di gravità quindi possono essere lievi, moderati fino a molto gravi.

Secondo il Dsmv (Manuale statistico e diagnostico dei disturbi mentali, V edizione) l’esordio deve avvenire durante la gravidanza o entro le quattro settimane dal parto, ma per altri specialisti questo lasso temporale andrebbe esteso a tutto il primo anno di vita del bambino. Attenzione a non confondere la depressione post natale con il maternity blues. Quest’ultima è caratterizzata prevalentemente da pianto e labilità dell’umore e ha, soprattutto, carattere di transitorietà: i sintomi tendono a scomparire entro le due settimane dal parto. Questa condizione viene sperimentata da circa il 70, l’80% delle donne e l’ipotesi eziologica di tipo ormonale è, al momento, la più accreditata. Al contrario per la depressione post-partum non c’è ancora accordo univoco sulle cause, tuttavia ne sono stati identificati i principali fattori di rischio tra cui: stress psico-sociali durante la gravidanza, precedenti episodi depressivi, scarso supporto sociale. Recentemente diversi studi hanno messo in relazione lo stile d’attaccamento e la depressione post partum, indicando lo stile d’attaccamento insicuro come un possibile fattore di rischio.

Florence Nightingale

Un’altra condizione psicopatologica molto meno nota, ma non meno diffusa, è il disturbo da stress post traumatico con esordio nel puerperio. Con il termine disturbo da stress post-traumatico (Ptsd) facciamo riferimento a un quadro sintomatologico che emerge in risposta a un evento traumatico. Ne abbiamo sentito parlare spesso in riferimento agli addetti ai lavori (ambienti militari o paramilitari, soccorritori, infermieri, medici), ma difficilmente in relazione a un evento come quello della nascita, che viene culturalmente associato a un’esperienza di vita positiva. Alcuni parti, in cui la vita del nascituro o della mamma stessa sono a rischio, è evidente come il terrore o l’impotenza sperimentata siano assimilabili a quelle vissute durante un’incidente. Pertanto possono essere assimilabili a un vero e proprio trauma e dare esito a quadri sintomatologi post traumatici.

Ma non necessariamente il parto deve essere così francamente drammatico per causare questo tipo di sintomatologia. Sono stati identificati diversi fattori di rischio che concorrono all’esordio del Ptsd:

  • Travaglio doloroso o lungo,
  • Scarsa gestione del dolore,
  • Sensazione di perdita di controllo.
  • Parto d’emergenza,
  • Assenza di informazioni e di spiegazioni,
  • Assenza di privacy e dignità,
  • Timore per la salute del neonato,
  • Morte uterina,
  • Disabilità dovute a parti traumatici,
  • Precedenti storie traumatiche

Il Ptsd può sovrapporsi con la depressione post partum, ma le due condizioni sono distinte. Ricordiamo che i principali sintomi del disturbo da stress post traumatico includono il rivivere l’evento traumatico sotto forma di pensieri intrusivi, flashback o incubi notturni, l’evitare in modo pervasivo le situazioni legate al trauma, un’elevata attivazione fisiologica che si manifesta come stato di ipervigilanza e allerta, irritabilità, alterazioni del sonno.

L’infermiere è in prima linea nel contatto interpersonale con i pazienti e il suo ruolo è di fondamentale importanza non solo nel garantire informazioni adeguate alle neo o future mamme, ma anche nell’identificare possibili segni precoci di difficoltà. Proprio per il suo prezioso ruolo e per il suo rapporto privilegiato con il paziente, la figura dell’infermiere andrebbe sempre più coinvolta e valorizzata nelle attività di prevenzione sia primaria che secondaria. Conoscere i fattori di rischio è un aspetto determinante per poter agire attraverso programmi mirati di prevenzione, come abbiamo visto molte variabili riguardano aspetti di natura psicologico-emotiva, i neogenitori andrebbero quindi accompagnati nel percorso di nascita con supporti anche psicologici. Non per ultimo è importante sensibilizzare affinché le difficoltà incontrate nel post partum non siano più un dannoso tabù.

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