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oncologia

Chemio, una cuffia impedisce ai capelli di cadere

di Paola Botte

Una cuffia speciale, dedicata alle donne che devono affrontare la chemioterapia. A utilizzarla sono gli infermieri dell’ospedale Sant’Anna di Torino, per aiutare le donne a ritrovare la propria femminilità, nonostante la malattia.

Torino, ecco la cuffia che salva i capelli dalla chemio

cuffia chemio

Paxman scalp cooling

Si tratta di una cuffia, simile a un casco - spiega la dottoressa Elisa Picardo, che ha curato il progetto insieme al dottor Saverio Danese, primario di Ginecologia e Ostetricia ospedaliera e responsabile del Day Hospital Oncologico - che va fatta indossare alla paziente prima, durante e dopo l'inizio dell'infusione chemioterapica. Il macchinario è dotato di due postazioni e ogni cuffia agisce solo sulla parte superficiale del cuoio capelluto, abbassando la sua temperatura di quattro gradi. Grazie alla crioconservazione il bulbo pilifero è preservato dalla distruzione solitamente provocata dal farmaco.

L'apparecchiatura che si chiama Paxman scalp cooling, dal nome del suo inventore, è stata brevettata nel 1997 e utilizzata in molti paesi, tra cui l'Italia. L'ospedale Sant'Anna però - continua la dottoressa Picardo - è nel nostro paese, la realtà sanitaria più grande ad averla utilizzata. La cuffia funziona su molti tipi di chemioterapici e la sua efficacia può variare dal 50% all'85% in base al tipo di farmaco. Nei casi seguiti da noi per esempio il suo utilizzo è stato un successo totale, perché nessuna delle nostre pazienti ha perso i capelli. Un segnale molto positivo che aumenta per le donne le loro chance terapeutiche, perché a quel punto hanno un motivo in meno per dire di no al trattamento.

Il macchinario è stato donato da una paziente dell'ospedale all'associazione "In seno alla vita onlus" che a sua volta l'ha donata alla struttura. E si spera - conclude Picardo - di averne anche altre per potere rispondere meglio a tutte le richieste.

Per prepararci all'utilizzo di questo macchinario - spiega Virginia Longo, coordinatrice infermieristica del day hospital - abbiamo seguito un corso di formazione che ci ha spiegato sia gli aspetti tecnici che mostrato le evidenze scientifiche. Da lì abbiamo compreso quanto quella donazione avrebbe fatto la differenza per le nostre pazienti. La perdita dei capelli per una donna, infatti, aggiunge angoscia a un evento, quello della malattia, già di per sé tragico.

Patrizia Cavaliere è una delle infermiere formate per usare Paxman e ci spiega esattamente cosa comporta per un operatore sanitario in termini di tempo. La mattina, quando arriviamo in turno, controlliamo se sono previsti dei trattamenti chemioterapici e se dovrà essere usata la Paxman. A quel punto, andiamo ad accenderla e attendiamo che sia pronta. Una volta arrivata la paziente, la facciamo accomodare in camera dove le posizioniamo il casco - in silicone morbido dentro il quale scorre un refrigerante speciale - in modo che aderisca bene alla cute. La cuffia va collocata almeno dieci minuti prima dell'inizio dell'infusione e fino a un periodo di tempo che può variare da una a due ore dopo la stessa. Questo vuol dire un impegno di tempo, per noi infermieri, maggiore rispetto all'orario di servizio, ma il grado di soddisfazione che si prova a vedere le nostre pazienti felici non ha prezzo.

Quando Patrizia e i suoi colleghi propongono alle donne l'utilizzo di Paxman lo fanno con entusiasmo e rispondono a tutte le loro domande.

Spesso le donne - continua - ci chiedono se può portare eventi avversi e noi rispondiamo che al massimo può provocare una leggera emicrania, che va via facilmente con un antipiretico. Le indicazioni però non si fermano qui, infatti, gli infermieri presenti spesso di trovano a dispensare consigli sulla cura di cute e capelli. Un segno questo che denota la forte empatia che lega i professionisti sanitari ai loro pazienti, perché curare vuol dire farlo a 360° e nessun aspetto deve essere sottovalutato. Neanche quello estetico.

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