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modelli organizzativi

Chronic Care Model, il sistema salute va verso il paziente

di Davide Mori

Il Chronic Care Model (CCM) è un modello assistenziale che non porta più il paziente verso l’ospedale, ma il sistema salute verso il cittadino attraverso la ramificazione dei servizi sul territorio, l’impiego di strutture come le case della salute, la maggiore erogazione di prestazioni da parte dei distretti sanitari, la forte presenza di medici di base e l’introduzione di figure come l’infermiere di famiglia ed il case manager.

Sistema salute, la rivoluzione concettuale del Chronic Care Model

Chronic Care Model, il sistema salute che va incontro al cittadino

Le malattie croniche costituiscono la principale causa di morte quasi in tutto il mondo. Si tratta di un ampio gruppo di malattie, che comprende le cardiopatie, l’ictus, il cancro, il diabete e le malattie respiratorie croniche (ss. BPCO).

L’innalzamento dell’età media e l’aumento delle aspettative di vita, il peggioramento dell’habitat naturale dovuto all’inquinamento e le cattive abitudini assunte dalla popolazione, hanno determinato negli ultimi decenni un’inversione di tendenza epidemiologica.

Si è assistito, di fatto, al passaggio da un sistema salute concentrato a gestire prevalentemente l’insorgenza di patologie infettive, ad un sistema che improvvisamente si è trovato a contrastare una vasta gamma di patologie a prevalenza cronico-degenerativa.

Il concetto di sick role così come inteso da Parsons, dove il paziente ha il “dovere” di guarire e la malattia è intesa come evento transitorio, è stato di conseguenza superato per lasciar spazio a nuovi paradigmi che possano comprendere le sfide proposte dalle patologie emergenti.

Dover garantire un’adeguata assistenza ai pazienti cronici non è facile e spesso questo rappresenta il tallone d’Achille dei sistemi sanitari, i quali vedono nella cronicità un'emorragia di risorse economiche ed umane.

A causa del forte impatto economico e sociale che i pazienti cronici comportano per il sistema salute, sono stati proposti diversi modelli che hanno cercato di arginare il problema. Tra i modelli proposti vi è il Chronic Care Model (CCM), ideato dal prof. Wanger et al presso il McColl Institute for Healthcare Innovation in California.

Il CCM, nella sua versione Expanded, prevede un approccio che garantisce una relazione proattiva operatore-paziente, che cerca di portare il sistema sanitario da un concetto di sanità d’attesa - e quindi di cura della malattia - ad un concetto di sanità di iniziativa - e quindi di prevenzione e formazione del paziente e dei caregivers.

Tutto ciò si traduce in un enorme beneficio economico-sociale che vede una netta diminuzione dei ricoveri nelle strutture ospedaliere e una maggiore qualità di vita per i pazienti cronici, a fronte di investimenti mirati e relativamente contenuti.

Chronic care model, l’esempio della Regione Toscana

Come recitava uno spot di qualche anno fa (ma che sembra non essere mai passato di moda) prevenire è meglio che curare ed il Prof. Wanger lo sa bene, così come lo sanno bene anche gli amministratori della Regione Toscana, che in Italia è stata la prima Regione ad aver integrato il CCM nel suo Sistema Sanitario Regionale già nel PSR 2008-2010.

Evoluzioni del sistema salute con il Chronic Care Model

Il CCM prevede diversi cambiamenti (che a questo punto preferiamo chiamare evoluzioni) nel sistema salute. Le evoluzioni coinvolgono tutti i processi di pianificazione, gestione ed erogazione delle prestazioni, ripensando totalmente l’approccio con gli utenti.

A livello di risorse viene valorizzata e regolamentata la collaborazione con le organizzazioni di volontariato presenti sul territorio, i gruppi di auto-aiuto e centri destinati alla terza età, garantendo di fatto quel fil rouge fortemente richiesto e sempre disatteso tra la cittadinanza e la stanza dei bottoni della salute.

Vengono destinati team di professionisti sul territorio, dedicati all’assistenza e all’educazione dei pazienti anche attraverso il supporto alle decisioni.

Come è facile immaginare, si tratta di una rivoluzione concettuale che non porta più il paziente verso l’ospedale, ma il sistema salute verso il cittadino attraverso la ramificazione dei servizi sul territorio, l’impiego di strutture come le case della salute, la maggiore erogazione di prestazioni da parte dei distretti sanitari, la forte presenza di medici di base e l’introduzione di figure come l’infermiere di famiglia ed il case manager.

A questi strumenti se ne aggiungono altri come i follow-up domiciliari e telefonici, che consentono di seguire il decorso del paziente in maniera puntuale e continuativa, evitando che i pazienti si sentano orfani del sistema salute.

In Toscana, dopo un parziale fallimento dovuto all’introduzione del modello in base alla patologia, la struttura del Chronic Care Model è cambiata introducendo il concetto di “Target”. Con questo termine si intendono quelle stratificazioni della popolazione effettuate in base al rischio, comorbilità e livelli assistenziali necessari che entrano a far parte del sistema CCM. A tal proposito sono stati identificati tre target:

Primo Target Secondo Target Terzo Target
  • Assistiti complessi, ad alto consumo di prestazioni sanitarie e ad alto rischio di eventi avversi e ricoveri
  • Qualunque patologia cronica complessa o già complicata
  • Gli assistiti con alto rischio cardiovascolare, la riduzione del carico di malattia attribuibile a queste condizioni rappresenta una grande priorità di sanità pubblica
  • Ciò può essere ottenuto attraverso attività di cura e prevenzione indirizzate all’intera popolazione o ai gruppi ad alto rischio
  • Gli assistiti con basso rischio cardiovascolare e/o basso rischio di evoluzione della condizione cronica attraverso un sistema di supporto all’autogestione.
  • Mentre per quanto riguarda la popolazione in generale (quella non malata), occorre sviluppare azioni che mirino a migliorare la qualità della vita (attività motoria, alimentazione, lotta al fumo) ovvero promuovere stili di vita salutari.

Passando da un modello concentrato sulla patologia, ad un percorso integrato che prende in esame la persona nella sua complessità di malattie intercorrenti, storia personale e situazione sociale, si è costruita una rete a più livelli di interventi di promozione della salute e dei suoi determinanti.

Non più attenzione alla sola patologia, ma un’assistenza olistica alla persona e al suo universo personale. Un sistema che sembra, almeno dai primi risultati, garantire un approccio universale al paziente e che dona nuovamente speranze a chi, ormai, pensava di aver perso qualsiasi forma di fiducia verso l’apparato istituzionale della salute.

Una riorganizzazione in pieno stile Lean, un elisir di lunga vita per il SSN, che oggi più di ieri si trova a dover garantire in isorisorse sempre più richieste e a fronteggiare attacchi mediatici spesso finalizzati a distogliere l’attenzione da ciò che di buono la sanità è in grado di proporre.

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