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Induzione del travaglio di parto

di Sara Visconti

L’induzione del parto è una procedura che viene messa in atto per provocare l’insorgenza del travaglio a seguito di specifiche indicazioni. In Europa la percentuale media di induzioni varia tra il 15% e il 25%. Spesso sono comuni alcune credenze che illudono le future mamme di poter dare avvio al travaglio con metodi naturali. Ad oggi non ci sono studi e quindi evidenze scientifiche che supportino particolari metodi naturali per indurre il parto.

Quando si mette in atto l’induzione del parto

Esiste consenso sull’offerta dell’induzione del travaglio di parto in 3 circostanze specifiche:

  • la gravidanza post-termine e la prevenzione del post-termine
  • la rottura intempestiva delle membrane a termine
  • la morte endouterina fetale

Vi sono, inoltre altre complicanze della gravidanza, che nonostante la carenza di evidenze di alta qualità, nella pratica costituiscono indicazione relativa all’induzione:

  • Disordini ipertensivi
  • La Restrizione della crescita fetale/SGA
  • La colestasi gravidica
  • L’oligoamnios/Polidramnios
  • Diabete
  • L’eccessiva crescita fetale (LGA)
  • La gravidanza gemellare
  • Altre come la richiesta materna, motivi logistici o sociali, patologie fetali che richiedono un parto programmato per un eventuale intervento.

Sorveglianza materno fetale durante l’induzione

Madre e neonato vengono monitorizzati in ogni fase dell’induzione, dal momento dell’applicazione del presidio scelto all’inizio del travaglio attivo e per tutta la sua durata fino al parto.

Per valutare il benessere fetale lo strumento migliore a disposizione è la cardiotocografia, ovvero la rilevazione del battito cardiaco fetale associata alla registrazione dell’attività contrattile uterina.

Il controllo dell’andamento corretto del processo di induzione viene fatto mediante valutazione clinica della donna ovvero rivalutazione del bishop score tramite visita vaginale.

Infine la valutazione del benessere materno viene eseguita mediante rilevazione dei parametri vitali (pressione arteriosa, temperatura e frequenza cardiaca), valutazione delle perdite vaginali, del tono uterino, dell’insorgenza di effetti collaterali dei farmaci.

Quando un’induzione può definirsi fallita

L'induzione può essere definita fallita solo quando la sequenza di metodologie utilizzate, scelta dai ginecologi in maniera personalizzata, non dà una risposta positiva per l'espletamento del parto.

In questo caso si farà una valutazione che tenga conto delle indicazioni, delle condizioni della gestante e del feto.

Secondo le ultime raccomandazioni scientifiche si ritiene ragionevole definire l’induzione fallita qualora non si riesca a raggiungere una fase attiva del travaglio dopo almeno 12 ore di infusione ossitocica e membrane rotte (spontaneamente o Amniorexi).

Al fallimento dell’induzione seguirà l'espletamento del parto attraverso il taglio cesareo.

Controindicazioni e rischi dell’induzione del parto

Controindicazioni Rischi
Le controindicazioni all’induzione in parte coincidono con quelle generiche per il parto vaginale spontaneo
e quindi solitamente in caso di:
- Pregresso cesareo con incisione longitudinale o altra isterotomia ad alto rischio
- Precedente rottura uterina
- Infezione da herpes genitale attiva
- Placenta previa o vasa previa
- Carcinoma invasivo della cervice
- Situazione trasversa del feto
- Qualsiasi situazione di grave compromissione delle condizioni fetali
- Presentazione podalica
- Travaglio in atto
- Tachisistolia o ipertono uterino
- Anomalie dell’attività contrattile: ipertono o tachisistolia
- Alterazione del battito cardiaco fetale
- Febbre e vomito
- Nausea e diarrea
- Emorragia post partum

Induzione del travaglio e falsi miti

Spesso sono comuni alcune credenze che illudono le future mamme di poter dare avvio al travaglio con metodi naturali. Ad oggi non ci sono studi e quindi evidenze scientifiche che supportino particolari metodi naturali per indurre il parto.

In passato veniva consigliato a termine di gravidanza di svolgere tutti quei lavori che all’inizio venivano evitati al fine di salvaguardare la stessa, come ad esempio pesanti lavori di casa, passeggiate di chilometri, rampe di scale, insomma sottoporsi a notevoli sforzi fisici.

Tutto ciò non è mai stato confermato dalle evidenze scientifiche; sottoporsi ad una corretta e moderata attività fisica in gravidanza è salutare e consigliato, ma affaticarsi eccessivamente e in modo scorretto potrebbe sottrarre ossigeno alla placenta e non garantire una corretta ossigenazione fetale.

Anche avere spesso rapporti sessuali, benché consigliato in gravidanza, non ha una grande efficacia: è vero che nel liquido seminale sono contenute prostaglandine, che ammorbidiscono il collo dell’utero e favoriscono le contrazioni, ma non sono presenti in quantità tale da sollecitare il travaglio.

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