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professioni sanitarie

Medicina di genere uno sguardo multidisciplinare

di Carlo Scovino

Nelle scienze socio-sanitarie quando si parla di genere si intendono sottolineare quelle differenze tra maschi e femmine che non possono essere attribuite solo a fattori biologici o psicologici, ma soprattutto a influenze legate al contesto culturale, sociale e storico.

Uomini e donne non differiscono solo nei pattern di malattia

Nell’ambito clinico il significato dei termini sesso e genere, pur avendo una valenza assolutamente precisa, vengono spesso identificati o confusi sia da coloro che si occupano di scienza ma anche da chi è è chiamato alle decisioni di governance della salute.

L’uso impreciso di questi due termini ha delle implicazioni nelle ricerche biomediche, nella pratica clinica, riabilitativa, assistenziale e nel trattamento farmacologico. È solo al partire dal 2001 che l’Institute of Medicine ha incominciato a sottolineare l’importanza di distinguere tra il termine genere e sesso. Nel saggio “Questo odio non ti somiglia” C. Scovino li declina così

Uomini e donne non differiscono solo nei pattern di malattia o nei fattori di rischio e la differenza sta anche nell’approccio degli operatori socio-sanitari: le diseguaglianze sia nella salute che nella clinica e nello sviluppo dei farmaci permangono. Appaiono ancora attuali, purtroppo, le parole con cui B. Healy nel 1991 definiva la Sindrome di Yentl (la protagonista femminile del racconto di Isaac Singer che nella Polonia degli inizi del ‘900 si doveva fingere maschio per poter studiare i testi sacri ebraici).

in una professione dominata dagli uomini i sintomi delle donne sono presi in minor considerazione ed i trattamenti sono inferiori per qualità e quantità

Qualcosa però si muove, se pur lentamente e solo in alcuni paesi, anche grazie alle periodiche conferenze internazionali sulla salute, le direttive dell’Unione Europea, l’impegno delle varie Società Scientifiche e non ultima una certa attenzione antropologica e culturale alla questione del gender.

L’8 marzo 2011 il Parlamento Europeo, nella sua Risoluzione sulla riduzione delle disuguaglianze sanitarie nell’Unione Europea ha invitato gli Stati membri ad applicare il gender budgeting alle politiche, ai programmi e alle ricerche attinenti alla salute.

Un segnale molto importante nella ricerca che ha favorito l'accelerazione di un nuovo approccio alla medicina è rappresentato dall’introduzione del concetto di gender bias, comparso per la prima volta nel rapporto dell’Istituto di Medicina degli Stati Uniti, il Women and Health Research, pubblicato nel 1994. In questo rapporto venivano descritte le potenziali distorsioni nella conduzione degli studi clinici che non tenevano nella dovuta considerazione gli effetti specifici di sesso e/o di genere, nonché le evidenti ripercussioni di tale distorsione sulla gestione della salute delle donne.

L’International Alliance for Mental Health (IAMH) ha denunciato come la non conoscenza dei determinanti sociali specifici per la salute crei diseguaglianze di salute.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nel 2002 ha riportato i seguenti dati:

  • i disturbi depressvi costituiscono il 41,9% della disabilità (YLDS - years lived with disability)
  • i principali problemi di salute mentale durante la vecchiaia, come sindromi organiche e demenze, colpiscono in maggioranza le donne
  • nell’adolescenza i tassi di depressione e ansia sono maggiori nelle ragazze e i disturbi del comportamento alimentare sono nel 95% dei casi appannaggio delle ragazze

Due delle quattro condizioni più disabilitanti nella popolazione generale sono più frequenti nelle donne: la depressione e la demenza. Per la depressione maggiore su una chiara predisposizione ad ammalarsi si innescano nella donna fattori favorenti di tipo socio-ambientali (stressor ambientali) come il carico di lavoro eccessivo o emotivamente molto coinvolgente, il reddito spesso inferiore, la condizione di coniugate, i maltrattamenti, la violenza sessuale e domestica e la discriminazione. È utile sottolineare che uomini e donne non cercano aiuto nello stesso modo e che per quanto riguarda la depressione le donne sono anche esposte alla depressione in gravidanza, a quella puerperale, a quella post-partum, a quella nel preclimaterio e alla maternity blues.

Nella medicina si ritrovano alcuni pregiudizi quali il considerare l’osservazione scientifica del corpo maschile valida anche per quello femminile negando, di fatto, le differenze a tutti i livelli (cardiologico, metabolico, ecc.). Inoltre l’osservazione scientifica, per quanto riguarda le donne, è dedicata prevalentemente agli aspetti riproduttivi/ginecologici e scarsamente agli aspetti produttivi/lavorativi.

Nella sfera psichiatrica vi sono ancora pochi studi di valutazione circa l’effetto del ciclo mestruale e della menopausa sullo sviluppo dei disturbi psichiatrici e sul loro trattamento, con scarsa attenzione nei confronti di una possibile interazione tra terapia ormonale, antidepressiva, antipsicotica e stabilizzanti dell’umore.

La differenza di genere dimostra una sua evidente veridicità sopratutto in ambito psichiatrico dove l’accesso alle cure varia fortemente in relazione ai differenti contesti socioculturali e sanitari. Nei paesi più ricchi circa il 40% delle donne che presentano patologie psichiatriche riceve un adeguato trattamento a fronte di un 14% nei paesi più poveri. In tutti i paesi le donne che vivono in condizioni socioeconomiche più disagiate e discriminatorie riportano maggiore frequenza di patologie psichiatriche e una minore proporzione riceve cure adeguate.

Ancora in troppo paesi e culture la stigmatizzazione e il pregiudizio sulla malattia mentale, associata ad un’attitudine negativa e ad una minore disponibilità di servizi specifici, conduce anche ad una disparità di accesso alle cure

Molti studi hanno evidenziato una maggiore frequenza della depressione unipolare nella donna anche per quanto attiene alle forme con decorso protratto (distimia). L’Epidemiologic Catchment Area Study, la più ampia ricerca sui disturbi psichiatrici del nord America, ha evidenziato un rapporto femmine/maschi di 1,96:1, con una prevalenza lifetime di disturbi affettivi di 10,2% nella donna e di 5,2% nell’uomo.

L’OMS ha rilevato che la depressione è più frequente tra le donne coniugate a differenza degli uomini che risultano, invece, più vulnerabili nella condizione di single. È comunque riconosciuto che la povertà o l’assenza di relazioni sociali e interpersonali significative, da intendersi soprattutto come qualità della relazione, e le condizioni psicosociali svantaggiate che comportano una bassa stima di sé, sono fattori facilitanti e inducenti la reazione depressiva.

Il complesso rapporto tra fattori ambientali e suscettibilità allo sviluppo di una condizione depressiva è mediato da componenti genetiche che non intervengono direttamente nel regolare gli effetti psicologici di eventi di vita stressante (Stressful Life Events o SLE). I dati disponibili sulle differenze di genere, per quanto riguarda la farmacocinetica e la farmacodinamica, dimostrano alcune differenze su come l’assorbimento, la biodisponibilità, la distribuzione e il metabolismo dei farmaci siano influenzati dalle differenze di genere quali la ridotta secrezione di succhi gastrici, il tempo di svuotamento gastrico e il transito intestinale, ecc.

Le scienze mediche e la psichiatria si interrogano ancora troppo poco su quali strumenti di prevenzione e di controllo siano necessari da attivare per un’adeguata attenzione alle questioni di genere. Le donne vivono una condizione di doppio lavoro e di stress, hanno la propensione ad occuparsi prima delle necessità degli altri che delle proprie, hanno un minore potere sociale ed economico che agiscono sfavorevolmente sulla salute delle donne. Esse vivono più degli uomini, ma peggio, poiché alcune malattie hanno un’incidenza e una prevalenza maggiori nel sesso femminile e altre colpiscono esclusivamente le donne che vengono poi curate con farmaci non sempre specificatamente testati su di loro.

La ricerca sul genere è attualmente oggetto di studio e interesse da parte di molti centri di ricerca ed in particolare dal Consiglio Europeo che ha indicato il genere come un fattore determinante per la ricerca medico-scientifica e socioeconomica. Nel campo della diagnostica, della clinica e del trattamento delle patologie psichiatriche resta ancora molto da fare ma si assiste ad un crescente interesse nei confronti della psichiatria di genere affinché le terapie siano fortemente individualizzate e personalizzate anche in base al sesso e alle sue specificità. Inoltre nel campo della psichiatria si dovrebbe superare la tendenza ad avvalersi di impostazioni terapeutiche eccessivamente standardizzate e poco inclini a quella complessità e articolazione di fattori specifici: la soggettività del paziente permane un elemento dirimente.

Ritengo sia necessario raccogliere dati clinici e di trattamento specifici e promuovere la ricerca sui diversi effetti che i farmaci e le terapie in generale hanno su uomini e donne al fine di garantire parità e personalizzazione vera di trattamento e accesso alle cure. La promozione della salute necessita di dati sulla prevalenza di malattie e disturbi nei due generi ma anche di dati sulle condizioni di lavoro e di vita, sui ruoli sociali e famigliari, sulla natura e sulla qualità delle relazioni.

L’OMS ha dichiarato che ...i luoghi scelti, i metodi usati e le analisi dei dati riflettono una prospettiva maschile...il pregiudizio di genere è evidente non solo nei campi di ricerca ma anche nella formulazione di un largo numero di studi. Laddove le stesse patologie colpiscono sia gli uomini che le donne, molti ricercatori hanno ignorato le possibili differenze tra i sessi rispetto agli indicatori diagnostici, ai sintomi, alla prognosi e alla effettiva efficacia dei diversi trattamenti....

Una ricerca medico-scientifica e una pratica socio-assistenziale-riabilitativa che integri in modo appropriato il paradigma dinamico e relazionale del sistema sesso-genere permetterebbe di formulare ipotesi e di produrre evidenze con una modalità più profonda e analitica, spostando lo sguardo da una dimensione di oggettività e di generalizzazione ad una basata sulle peculiarità individuali e sulle differenze tra donne e uomini. La salute è un bene speciale perché permette agli individui di progredire (così come evidenziato nell’approccio delle capacità) come essere umani.

È quindi necessario misurare la salute e individuare quei fattori sociali ed economici che contribuiscono a spiegare le diseguaglianze di salute. Nel nostro paese oggi le risorse sanitarie sono distribuite per due terzi sulla base della quota capitaria secca e per un terzo per quota capitaria pesata per classi di età sulla base dei consumi ospedalieri e specialistici. La definizione di bisogno continua a fondarsi sulle preferenze di consumo e nessuna quota tiene conto di indicatori epidemiologici capaci di catturare le diseguaglianze di salute.

Le analisi del Rapporto di ricerca di Addabbo et al. del 2012 contribuiscono a rafforzare l’idea che per vivere in buona salute una corretta formula capitaria deve sì assicurare i trattamenti secondo equità ma deve anche promuovere il benessere riconoscendo le disuguaglianze e guardando ai differenti esiti sulla salute degli uomini e delle donne.

M. Foucault affermava

La clinica — costantemente esaltata per il suo empirismo, l'umiltà della sua attenzione e la dedizione con cui permette alle cose di emergere silenziosamente per offrirsi allo sguardo osservatore senza disturbarle con discorsi — deve la sua reale importanza al fatto che è una riorganizzazione in profondità, non solo del discorso medico, ma della mera possibilità di un discorso sulla malattia.

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