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Terapia orale e frantumazione delle compresse

di Redazione

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Tra le forme farmaceutiche disponibili in commercio, la formulazione orale solida (compresse, capsule rigide, pillole) risulta essere la più diffusa nell’ambito della pratica clinica, perché non invasiva, di facile maneggevolezza, semplicità nei metodi di preparazione e di stabilità del prodotto finito. Circa il 64% della popolazione italiana di età superiore ai 65 anni assume una terapia orale e, fra questi, il 40% è a rischio di disfagia a seguito di alterazioni primarie della meccanica della deglutizione correlate all’invecchiamento, oppure secondarie a patologie croniche o ad altre patologie neurologiche.

Polverizzare, tritare e dividere le compresse. Cosa dice la letteratura

L’alterazione della forma farmaceutica quale la tritatura delle compresse o l’apertura delle capsule risulta essere la pratica clinica più utilizzata dai professionisti sanitari nella somministrazione della terapia orale in pazienti con difficoltà nella deglutizione, anche quando non raccomandabile e/o siano disponibili forme farmaceutiche orali alternative.

Dalla letteratura si evince come la difficoltà nell’assunzione della terapia orale conseguente a disfagia sia spesso un problema sottostimato rispetto alla sua reale diffusione, determinando di conseguenza una realtà in cui è frequente una prescrizione inappropriata della forma farmaceutica rispetto alle difficoltà dei pazienti, una ridotta aderenza al regime terapeutico e conseguente inefficacia, ridotta qualità di vita, aumento dei costi della spesa sanitaria.

Alla luce di tali considerazioni, un metodo a cui i professionisti sanitari possono ricorrere, in caso di difficoltà nella deglutizione e di non disponibilità di forme farmaceutiche alternative orali e non, riguarda l’alterazione della forma farmaceutica attraverso:

  • La triturazione delle compresse
  • La divisione delle compresse
  • L’apertura delle capsule, il cui contenuto spesso viene veicolato attraverso la somministrazione di cibi e/o bevande

La letteratura dimostra come tale fenomeno sia maggiormente diffuso nelle strutture residenziali a lungodegenza, spesso non consapevoli dei rischi correlati e non a conoscenza delle possibili forme alternative disponibili.

Tuttavia, ove non applicabile, l’alterazione farmacologica rappresenta un errore di terapia nonché un atto illecito, spesso non tracciabile, che comporta gravi conseguenze sia all’assistito - a seguito dell’alterazione della bio-disponibilità ed assorbimento, tossicità ed instabilità del farmaco - che al professionista stesso, a seguito della dispersione del farmaco alterato.

Preparazione del farmaco in compresse

Durante la somministrazione di una forma farmaceutica solida come per esempio le compresse, è buona norma utilizzare solo compresse a rilascio immediato.

Le compresse vanno polverizzate finemente in un mortaio e la polvere va disciolta in almeno 15-30 ml di acqua laddove l’assistito non fosse disfagico ai liquidi. Se il paziente è disfagico, l’acqua va somministrata solo se addensata o gelificata.

Se l’assistito è sottoposto a nutrizione enterale è necessario:

  • Interrompere la nutrizione
  • Lavare la sonda
  • Somministrare la sospensione con una siringa di volume elevato per evitare un’eccessiva pressione a livello del device
  • Lavare l’accesso nutrizionale dopo la somministrazione
  • Effettuare lavaggi tra una somministrazione e l’altra se si somministrano più farmaci

Preparazione del farmaco in capsule

Le capsule di gelatina rigida che contengono il farmaco sotto forma di polvere, possono essere aperte e ci si comporta come per le compresse a rilascio immediato.

Se le capsule sono di gelatina molle, devono essere perforate con un ago, il liquido aspirato e sospeso in acqua con un altro rischio di non aspirare tutto il contenuto ed avere dunque un sottodosaggio del farmaco.

Se all’interno delle capsule sono presenti granuli con rivestimento gastroresistente, questi non devono essere triturati. Se possibile, bisognerebbe far deglutire le compresse in un bolo semisolido o in acqua addensata.

Se non sono disponibili formulazioni orodispersibili, nella comune pratica clinica le polveri derivanti da compresse triturate o capsule aperte vengono disciolte in bevande gelificate.

Articolo a cura di Antonietta Capasso, Infermiera

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Commenti (1)

Massimo.Fabris

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1 commenti

Terapia orale

#1

Articolo veramente molto interessante, mi sono sempre domandato mentre distributivo la terapia orale, per quante e quante volte ho dovuto rompere e tritare pastiglie e mi sono chiesto se effettivamente stavo dando la giusta quantità di farmaco al paziente. Grazie per le delucidazioni.