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gravidanza

Infezione da Citomegalovirus in gravidanza

di Ilaria Campagna

L’infezione da Citomegalovirus in gravidanza è la più comune infezione congenita di tipo virale e insieme alla Toxoplasmosi, alla Rosolia e all’infezione da Herpes Simplex rappresenta anche la maggiore causa di gravi danni al feto. Secondo il Center for Disease Control and Prevention (CDC), a livello mondiale 1 bambino ogni 150 nuovi nati (circa) presenta un’infezione congenita da Citomegalovirus e di questi, circa il 30% va incontro a morte.

Citomegalovirus, come si trasmette dalla madre al feto

La trasmissione del Citomegalovirus durante la gravidanza avviene per via verticale, dalla madre al feto e si verifica nel 30-40% delle donne con infezione primaria (acquisita per la prima volta in gravidanza) e nello 0,5-2% di donne che manifestano una riattivazione di una precedente infezione. Nel caso di una riattivazione in gravidanza, però, il rischio per il feto è minore, poiché non è solo il virus ad essere trasmesso, ma anche gli anticorpi in grado di debellarlo.

Più grave è invece una seconda infezione acquisita ex novo in gravidanza, poiché in genere è causata da ceppi virali diversi da quello responsabile della prima infezione. Di conseguenza, il virus potrebbe essere trasmesso al feto come se fosse il primo episodio infettivo.

L’infezione da Citomegalovirus può essere trasmessa anche al momento del parto o nel periodo successivo, durante il puerperio e l’allattamento. In quest’ultimo caso non si ritiene però opportuno che una donna, anche se infetta, smetta di allattare. I benefici dell'allattamento materno superano infatti i rischi di trasmissione del virus al bambino.

Come si presenta il Citomegalovirus in gravidanza

L’entità dei possibili danni al feto dipende dall’epoca della gravidanza in cui il virus è stato contratto:

  • Molto gravi o gravi se il contagio avviene tra i due mesi prima del concepimento e i primi tre mesi di gravidanza
  • Meno gravi se il contagio avviene nel secondo o terzo trimestre di gravidanza

I neonati con infezione congenita da Citomegalovirus sono asintomatici nell’85-90% dei casi; di questi, il 10% presenta però conseguenze tardive (fino a 12 anni) che consistono per lo più in difetti uditivi. Il 10% dei neonati con sintomi alla nascita (temporanei o permanenti) invece, nel 70-90% dei casi va incontro a problematiche neurologiche.

Nello specifico le conseguenze di una trasmissione del Citomegalovirus al feto potrebbero essere:

  • Aborto spontaneo
  • Morte in utero
  • Morte neonatale
  • Prematurità
  • Basso peso alla nascita
  • Sanguinamento o anemia nel neonato
  • Epatomegalia
  • Splenomegalia
  • Ittero
  • Microcefalia
  • Meningoencefalite
  • Depositi di calcio nel cervello
  • Ipotono
  • Letargia
  • Difficoltà di suzione
  • Petecchie
  • Ritardo di crescita
  • Ritardo di apprendimento
  • Perdita dell’udito (1 bambino su 7 lo sviluppa come effetto tardivo)
  • Convulsioni ed epilessia
  • Deficit di coordinazione e movimento
  • Deficit visivi (corioretinite)

Diagnosi infezione da Citomegalovirus in gravidanza

La diagnosi nella donna in gravidanza avviene come per qualsiasi altro individuo, cioè con un test su sangue per valutare la presenza di anticorpi specifici (IgG e IgM) contro il Citomegalovirus. Il periodo più adeguato per effettuare questo esame è prima del concepimento, poiché se il dosaggio delle IgG risulta negativo vuol dire che la donna non è mai venuta a contatto con il virus.

In tal caso è fondamentale adottare delle misure preventive per evitare un’infezione primaria durante la gravidanza, così come effettuare dei controlli periodici (ogni mese, dai due prima del concepimento, fino alle 34 settimane di gravidanza) per valutare i livelli di IgM contro il virus. Un innalzamento di questa classe di anticorpi, infatti, indicherebbe che l’infezione è stata contratta proprio in gravidanza e quindi l’immediata necessità di valutare l’eventuale trasmissione del virus al feto mediante amniocentesi.

Non è stato invece ancora identificato nessun tipo di marker prognostico per determinare già in epoca prenatale se il neonato sarà sintomatico o meno. Per la diagnosi di Citomegalovirus congenito nel neonato è quindi fondamentale l'esecuzione - entro le prime due o tre settimane successive alla nascita - di un test colturale o di amplificazione genica del virus (PCR) su un campione di urina, saliva o sangue.

  • Emocromo completo con formula leucocitaria e test di funzionalità epatica
  • Valutazione oculistica: alla nascita e in seguito (con controlli periodici) per valutare lo stato della vista in funzione del rischio di cecità
  • Test uditivo: deve essere eseguito di routine alla nascita a tutti i neonati infetti e deve continuare con controlli periodici nel tempo, poiché la perdita dell’udito può essere progressiva e svilupparsi anche tardivamente
  • TC cerebrale: utile ad evidenziare eventuali calcificazioni nei ventricoli cerebrali

Come si cura l’infezione da Citomegalovirus in gravidanza

I farmaci antivirali normalmente utilizzati per le infezioni da Citomegalovirus non possono essere somministrati in gravidanza. L’unica possibilità in caso di positività al virus consiste nella somministrazione di immunoglobuline per via endovenosa, così da fornire alla mamma gli anticorpi necessari a contrastarne la diffusione e la trasmissione al feto.

Anche in caso di contagio avvenuto, la somministrazione di immunoglobuline anti-cmv è utile per evitare la comparsa di problemi gravi a carico del feto. Alla nascita, al contrario, i tradizionali farmaci antivirali come il ganciclovir e il valganciclovir possono essere utilizzati per curare il neonato.

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