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Case della Salute, uno sguardo d’insieme

di Giordano Cotichelli

Nelle scorse settimane è stato pubblicato uno studio del Crea–FP CGIL (Centro Ricerca Economica Applicata in Sanità) che ha avuto per oggetto le Case della Salute attivate negli ultimi anni. Le strutture esaminate sono state quelle relative a otto raggruppamenti regionali: Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Marche, Lazio, Puglia e l’accorpamento – in fase di analisi dei dati – dell’Abruzzo con il Molise, e della Basilicata con la Calabria, per un totale di 121 strutture considerate. Lo studio ha preso in considerazione le variabili maggiormente rappresentative dell’offerta correlata al territorio: le prestazioni offerte (tipologia e caratteristiche), le professionalità presenti in rapporto alla risposta tecnica o sanitaria fornita, l’utenza di riferimento, i tempi di attesa ed i costi, le criticità da risolvere e le prospettive di miglioramento. La dimensione regionale in questo ha mostrato allo stesso tempo elementi presenti in tutte le realtà territoriali e, sul versante opposto, difformità di organizzazione e offerta dei servizi.

Come stanno le Case della Salute: lo studio Crea–FP CGIL

In comune nelle leggi regionali in materia di Case della Salute, come riportato nel documento, si evidenzia: il paradigma interpretativo della medicina di iniziativa, l’attenzione sui cardini delle cure primarie quali prevenzione e promozione della salute, lunga una prospettiva di integrazione socio-sanitaria e personalizzazione delle cure, nella presa in carico della cronicità, nello sviluppo dell’empowerment dell’utenza e della continuità assistenziale. Una visione di insieme valutata in alcune regioni in termini strutturali ed organizzativa, considerando la Casa della Salute come un punto di riferimento propriamente fisico cui rivolgersi.

È la visione paradigmatica che caratterizza l’organizzazione in particolare nelle regioni quali: Emilia-Romagna, Lazio, Toscana e Marche. Mentre in altre situazioni, considerando sempre l’approccio legislativo regionale, prevale la prospettiva di risposta funzionale, simile al caso della Lombardia e del suo modello organizzativo – attualmente in fase di importante ridefinizione – suddiviso fra soggetti gestori e soggetti erogatori delle prestazioni sanitarie. Al Sud, come in Puglia (ed anche in Sicilia) le strutture diventano Presidi Territoriali di Assistenza in cui vengono unite integrazione funzionale e offerta sanitaria.

L’offerta mostra un quadro con due livelli (basso e medio-alto) di complessità delle strutture analizzate ripartite in maniera diversificata come mostrano le tabelle seguenti, in cui viene evidenziata anche la presenza percentuale degli ambulatori infermieristici e la copertura sanitaria, in termini di ore settimanali disponibili, presenti in maniera difforme sul territorio nazionale.

Livello Basso Medio/alto Amb. Inf.co Strutture
Veneto 60% 40% 20% 5
Emilia Romagna 38,7% 61,3% 93,5% 31
Toscana 50% 50% 100% 28
Marche 50% 50% 91,7% 12
Lazio 64,3% 35,7% 92,9% 14
Abruzzo e Molise 71,4% 28,6% 85,7% 7
Puglia 30% 70% 100% 20
Basilicata e Calabria 25% 75% 100% 4
Media 46,3% 53,7% 95% 121

*Tab. 1: Complessità assistenziale e presenza Ambulatori Inf.ci (Indagine CREA Sanità – 2019)

Copertura ore Fino a 12 13 - 24 25 - 48 49 e oltre Strutture
Veneto --- --- 50% 50% 4
Emilia Romagna 29,7% 11,6% 29,7% 29,7% 27
Toscana 17,9% 39,3% 32,1% 10,7% 28
Marche 45,4% --- 36,4% 18,2% 11
Lazio 7,7% 61,5% 30,8% --- 13
Abruzzo e Molise 50% 16,7% --- 33,3% 6
Puglia 11,8% 52,9% 35,3% --- 7
Basilicata e Calabria --- --- 66,7% 33,3% 3
Media 22% 29,4% 32,1% 16,5% 109

*Tab. 2: Ore settimanali di apertura degli Ambulatori Inf.ci (Indagine CREA Sanità – 2019)

La variabilità mostrata dalle tabelle conferma la frammentazione del sistema. La difformità degli orari di apertura – solo nelle Marche di tipo h 24 – condiziona strutturalmente la costruzione stessa della risposta e della presa in carico (specie nei festivi e prefestivi), della copertura territoriale e della dotazione al tempo stesso del personale strutturato.

Dotazione organica e bacino d’utenza delle Case della Salute

Appena il 40% degli ambulatori infermieristici (presenti nel 95% delle strutture) hanno un organico superiore alle 15 unità, mentre circa un 33% non supera i 3-4 professionisti. Dati da considerare anche in relazione al bacino d’utenza di riferimento che mostra come in larga parte le Case della Salute rispondano ad una totalità di persone comprese fra le 10 mila e le 50 mila, ad eccezione del Lazio in cui nel 64% dei casi la quota supera i 50 mila assistiti e, al contrario, il raggruppamento di Abruzzo e Molise in cui si scende sotto i 10 mila.

Lungo questa prospettiva il documento della CGIL mette ulteriormente in evidenza la dimensione qualitativa dei servizi offerti dalle Case della Salute, in termini di Medicina Specialistica e di diagnostica strumentale. Tra le specialità mediche ambulatoriali si possono trovare in diversa misura percentuale: Ostetricia (38,8%), Pneumologia (43,8%), Dermatologia (66,1%), Cardiologia (77%), Oculistica (69,4%) e Diabetologia /Endocrinologia (50,4%).

Queste due ultime specialità sono presenti in maniera differente – rispetto agli altri territori – in Veneto, con quote inferiori rispettivamente del 40% e del 20%. Al Sud aumenta la presenza di servizi specialistici.

Situazione simile per la diagnostica. Il punto prelievi è presente nel 90,9% delle strutture, mentre gli ambulatori per lo screening nel 43% e quello per le vaccinazioni nel 38,8%. Nelle Case della salute differente la presenza di servizi diagnostici: Radiologia (49,6%), Ecocardiografia (35,5%), Ecografia (55,4%), ECG (56,7%), Spirometria (34,7%). L’assistenza alle fragilità trova anch’essa poco spazio: assistenza domiciliare (52,9%), ambulatorio per la salute mentale (38,8%), centro diurno per la disabilità (14%), assistenza riabilitativa (45,5%), protesica (28,1%), per la dialisi (19,8%), centro di assistenza per le donne (20,6%) e consultorio familiare (57,9%); punto di risposta di emergenza/urgenza (53,7%) e chirurgia ambulatoriale (45,5).

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