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COVID-19

Perché l’idrossiclorochina non funziona

di Daniela Berardinelli

L’idrossiclorochina è un farmaco antimalarico, noto anche in campo reumatologico, per il quale si è ipotizzato in questi mesi un utilizzo nel trattamento dell’infezione da SARS-CoV-2. L’Idrossiclorochina ha dimostrato in vitro o in modelli animali di possedere un effetto antivirale attraverso l’aumento del pH endosomiale, che è determinante per la diffusione del virus nelle cellule. Tale farmaco inoltre interferisce sulla glicosilazione dei recettori cellulari e dopo la sua somministrazione, l’assorbimento è molto rapido. La Food and Drug Administration (FDA) ha sospeso l’autorizzazione all’uso d’emergenza del farmaco il 15 giugno 2020.

Idrossiclorochina nel trattamento di Covid-19, cosa dicono gli studi

Covid-19, l'idrossiclorochina non è raccomandata né a scopo preventivo né a scopo curativo

Il RECOVERY trial, studio randomizzato controllato (RCT), pubblicato recentemente sul New England Journal of Medicine, ha coinvolto 176 ospedali inglesi e 4716 pazienti di cui 1561 sottoposti a trattamento con idrossiclorochina (800 mg come dosaggio iniziale e a 6 ore, seguito da 400 mg dopo 12 ore e poi ogni 12 per i successivi 9 giorni o fino alla dimissione in caso questa avvenisse prima) e 3155 a cure standard.

Questo trial non ha evidenziato differenze significative nella mortalità dei partecipanti a 28 giorni dall’inizio dello studio. La raccolta dei dati è iniziata il 25 marzo 2020 ma il 5 giugno 2020 lo studio è stato interrotto per una mancanza di efficacia del farmaco.

Dei pazienti arruolati il 17% era in ventilazione meccanica invasiva e circolazione extracorporea, il 60% riceveva ossigeno con o senza ventilazione non invasiva e il 24% non riceveva alcun supporto respiratorio.

Rispettivamente sono morti il 27% dei pazienti trattati con idrossiclorochina e il 25% con cure standard. I pazienti a cui era stata somministrata l’idrossiclorochina sono inoltre stati ricoverati più a lungo e hanno necessitato maggiormente, nel corso dello studio, del supporto di una ventilazione meccanica invasiva, rispetto al gruppo che aveva ricevuto un placebo.

Lo studio ORCHID, RCT pubblicato su JAMA, condotto dal 2 aprile al 19 giugno 2020, ha coinvolto 479 pazienti ospedalizzati di cui 242 trattati con idrossiclorochina (400 mg due volte al giorno per il primo giorno poi 200 mg due volte al giorno per i successivi 4, per un totale di 10 dosi in 5 giorni) e 237 con un placebo.

Questo studio non ha evidenziato né un miglioramento né un peggioramento dello stato clinico (sulla base della COVID Outcomes Scale raccomandata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità) dei pazienti a 14 giorni dal suo inizio. Anche questo trial è stato interrotto prematuramente data la non efficacia mostrata nell’analisi dei dati ad interim.

L’idrossiclorochina non serve neanche come prevenzione

A dimostrarlo è un altro RCT effettuato su personale sanitario di due ospedali universitari della Pennsylvania, pubblicato su JAMA, che ha monitorato per 8 settimane 125 tra medici, infermieri, ausiliari, tecnici e terapisti con tamponi nasofaringei.

L’assunzione giornaliera di idrossiclorochina 600 mg (3 complesse da 200 mg al giorno), per 8 settimane, non ha ridotto la positivizzazione degli operatori coinvolti all’infezione da SARS-CoV-2, rispetto a coloro che assumevano un placebo.

Nei due gruppi, trattamento e placebo, la percentuale di positivizzazione è stata pressoché la medesima con 4 casi positivi su 64 (6,3%) negli operatori che assumevano idrossiclorochina e 4 su 61 (6,6%) in coloro che venivano trattati con un placebo. Di questi 8 operatori positivi, 6 hanno sviluppato una sintomatologia ma nessuno ha richiesto un’ospedalizzazione e sono tutti clinicamente guariti.

L’utilizzo dell’idrossiclorochina non può quindi essere raccomandato né a scopo preventivo né a scopo curativo.

NurseReporter

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