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COVID-19

Rischio biologico nelle strutture sanitarie e socio-sanitarie

di Redazione

Per rischio biologico, si intende la possibilità di contrarre una malattia infettiva in seguito ad esposizione lavorativa ad agenti biologici. Rappresenta da sempre negli ambienti di lavoro sanitari e socio-sanitari una delle priorità per la prevenzione, la diagnosi e la cura degli infortuni e delle malattie ad esso correlate.

Piani aziendali di contenimento del contagio da Covid-19

Molteplici sono le possibili vie di trasmissione: ematica, aerea (Sars-Cov-2), contatto diretto. La trasmissione degli agenti biologici (AB) in operatori sanitari (OS) può avvenire o per una potenziale esposizione in corso di attività assistenziale (degenza) o per una esposizione deliberata (laboratorio).

La trasmissione occupazionale può avvenire:

  • Da paziente ad OS
  • Da ambiente o pubblico a OS
  • Da OS ad altro OS

ed è materia di stretto interesse per il Servizio di Prevenzione e Protezione.

L’infezione nosocomiale può invece essere trasmessa:

  • Da paziente a paziente
  • Da OS a paziente
  • Da ambiente a paziente

ed è materia di stretto interesse per il Risk Management.

Le infezioni occupazionali e le infezioni nosocomiali rappresentano entrambe problematiche emergenti e di grande rilievo per le strutture sanitarie e socio-sanitarie. In epoca Covid-19, le strutture sanitarie sono fortemente esposte ad entrambe le tipologie di infezioni con conseguenze significative sotto il profilo della responsabilità, sia relative alla sicurezza dei lavoratori, sia relative ai potenziali danni patiti dai pazienti ricoverati.

La valutazione dei rischi in ambito sanitario è un processo di importanza qualificante e strategica nel sistema della sicurezza aziendale, in quanto conduce all’identificazione di tutti i rischi e di pericoli connessi con l’attività lavorativa, a cui consegue la messa in atto di tutte le misure preventive di vario tipo:

  • Ergonomico
  • Tecnico
  • Organizzativo
  • Igienico-sanitario

Rispetto al rischio da esposizione a SarsCov-2 le strutture sanitarie e socio-sanitarie sono collocate in classe di rischio alto (sanità e assistenza sociale) e medio-alto (servizi di assistenza sociale residenziale, in virtù della matrice di rischio elaborata sulla base dei criteri di:

  • Esposizione (differenziata a seconda delle attività)
  • Prossimità
  • Aggregazione
  • Rischio elevato: aree di degenza di pazienti Covid accertati
  • Rischio medio: laboratorio addetto alla manipolazione di campioni respiratori
  • Rischio basso: aree di transito, aree amministrative

In epoca pandemica il rischio deve essere considerato potenzialmente elevato in assenza di una conferma della negatività virologica.

Misure organizzative per eliminare il rischio di esposizione a Sars-Cov-2

Le misure organizzative sono nella fattispecie estremamente importanti per il contributo alla prevenzione primaria del rischio volta alla eliminazione dello stesso. Esse riguardano:

  • La gestione degli spazi di lavoro
  • L’organizzazione e orario di lavoro
  • Protezione del lavoratore “fragile”

Vanno pertanto adottate misure di carattere generale e specifico commisurate al rischio di esposizione a Sars-Cov-2 negli ambienti di lavoro che elencate danno un’idea più chiara e convincente:

Dalle prime fasi della pandemia Covid-19, è risultato di fondamentale importanza che tutti gli operatori sanitari coinvolti in ambito assistenziale siano opportunamente formati e aggiornati in merito ai rischi di esposizione professionale, alle misure di prevenzione e protezione disponibili, nonché alle caratteristiche del quadro clinico di Covid-19 (Rapporto Istituto Superiore di Sanità COVID 19 n. 2/2020 aggiornato al 28 marzo 2020).

Di importanza fondamentale la sorveglianza sanitaria nelle due fasi della pandemia.

Sorveglianza sanitaria in Fase 1

Gli Operatori sanitari possono essere “contatti” di casi sospetti/probabili/confermati di casi di Covid-19 in virtù di una duplice condizione di rischio:

  • Potenziali contatti di pazienti affetti da Covid-19 nell’ambito familiare/sociale
  • Potenziali contatti di pazienti assistiti nell’ambito sanitario di appartenenza. È compito del Medico Competente la ricerca dei contatti nell’ambito della popolazione lavorativa delle strutture sanitarie e socio-sanitarie

Contatto stretto (esposizione ad alto rischio)

In ambito sanitario si definisce contatto stretto l’operatore che è entrato in contatto diretto o a meno di un metro, senza DPI, di un caso confermato. Il contatto stretto deve eseguire un tampone al 7° giorno dal contatto anche in assenza di sintomi. Se negativo può rientrare in servizio con DPI.

Si considera contatto stretto anche l’operatore che ha condiviso il turno di lavoro con un operatore risultato positivo al test.

Contatto casuale (esposizione a basso rischio)

È l’operatore che ha avuto modalità di contatto diverse dal contatto stretto. Effettua automonitoraggio quotidiano dei sintomi per 14 giorni dopo l’ultimo contatto. In caso di comparsa di sintomi esegue tampone:

  • Se negativo, rientra al lavoro con DPI sentito il medico competente
  • Se positivo, i suoi contatti stretti e gli operatori sanitari contatti stretti sono posti in isolamento domiciliare con esecuzione dei tamponi

Sorveglianza sanitaria in Fase 2

Sono confermate tutte le misure organizzative, igienico-sanitarie, di formazione e informazione adottate nella Fase 1. Si adottano strategie diagnostiche che prevedono l’utilizzo degli accertamenti diagnostici in ambiti di intervento ben precisi come l’idoneità al lavoro, studi di popolazione.I test utilizzati a supporto di tali strategie sono: tampone per diagnosi molecolare di infezione da Sars-Cov-2 e test sierologici.

Il tampone per la diagnosi virologica va riservato prioritariamente:

  • Ai casi clinici sintomatici/paucisintomatici
  • Ai contatti a rischio familiari e/o residenziali sintomatici

Nelle strutture sanitarie e socio-sanitarie il test deve essere assicurato agli OS e assimilati a maggior rischio, sulla base di una definizione operata dalle aziende sanitarie, in qualità di datori di lavoro, con l’ovvio supporto del Medico Competente.

I test sierologici non possono sostituire il test diagnostico molecolare su tampone, ma possono fornire dati epidemiologici riguardo la circolazione virale nella popolazione (OMS). Allo stato attuale non possono essere utilizzati per l’espressione del giudizio di idoneità. Devono essere impiegati test la cui accuratezza certificata da ISS non sia inferiore al 95% per specificità e sensibilità. In caso di positività, è obbligatoria l’esecuzione di tampone diagnostico.

Protocolli di sorveglianza sanitaria nella Fase 2

Protocollo Individuale

Riferito al singolo lavoratore con test e indagini validate a livello di singolo, finalizzato a valutare lo stato di salute ed eventualmente esprimere un giudizio di idoneità alla mansione specifica e alla esposizione professionale.

Protocollo collettivo

Riferito a gruppi omogeni con test e indagini validati a livello di gruppo, con finalità prettamente epidemiologiche i cui risultati devono servire per orientare le Direzioni, i Servizi di Prevenzione e Protezione, gli stessi Medici Competenti, nella individuazione di idonee misure di sicurezza per Covid-19.

Effettuazione del Protocollo individuale

  • Nuove assunzioni
  • Rientro da malattia anche comune
  • Contatti stretti (in 14^ giornata, prima di rientrare)
  • Contatti occasionali sospesi dal servizio con ferie forzate
  • Lavoratori che da reparti Covid rientrano in reparti non Covid (dopo sospensione da lavoro per 7 giorni e tampone al 7° giorno)
  • Lavoratori con pregressa diagnosi di malattia Covid-19, dichiarati negativi con 2 tamponi negativi a distanza di 48 ore, effettuano un ulteriore tampone se la riammissione avviene dopo 5 giorni dalla guarigione
  • In casi di sospetto clinico, a discrezione del MC

Effettuazione del Protocollo collettivo

Lavoratori dei reparti Covid o ad alto rischio di contagio. Può essere periodico, effettuato con modalità di campagna Per es. ogni 15 giorni con diverse finalità:

  • Valutazione efficacia misure di prevenzione adottate
  • Ricerca attiva dei lavoratori affetti da forma asintomatiche
  • Finalità del controllo dell’ansia derivante dal lavoro a condizioni di elevato rischio biologico

Lavoratori dei reparti non Covid che trattano principalmente pazienti gravi, immunodepressi, oncologici, anziani, fragili, per es. ogni 30 giorni con la finalità di:

  • Individuare precocemente portatori che possono essere ipotetica fonte di infezione per terzi

Quale modello di gestione della sicurezza in ambito sanitario?

La complessità del processo di valutazione dei rischi in ambito sanitario è insita:

  • Nella natura stessa del processo valutativo introdotto dalla normativa attuale
  • Nella variegata molteplicità di funzioni e attività svolte all’interno delle strutture sanitarie
  • Nella difficoltà di attuare azioni correttive senza interferire con la capacità di esercizio della struttura stessa

Un modello di gestione integrato nell’attuazione delle misure preventive coinvolge diversi livelli strutturali e organizzativi dell’Azienda Sanitaria e necessita di processi ben differenziati a seconda della natura delle misure e dei provvedimenti da attuare, indicati nel DVR come risposta alla fonte del rischio evidenziata dal processo valutativo.

La politica per la prevenzione del rischio clinico si basa, infatti:

  • Sull’adozione di linee guida e protocolli finalizzati a rendere obiettiva e tracciabile l’attività assistenziale
  • Sulla verifica ed il superamento di tutte le potenziali non conformità relative ai requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi delle strutture sanitarie che possono risultare causa di danno al paziente

Il valore della sicurezza dei lavoratori in ambito sanitario si colloca quindi sullo stesso piano del valore della sicurezza per i cittadini-utenti delle strutture sanitarie. Il perseguimento e la creazione di questo valore sono compiti precipui del management aziendale, a tutti i livelli e secondo la attribuzione delle specifiche deleghe e/o degli specifici obiettivi di budget assegnati.

È una primaria responsabilità dell’alta direzione aziendale (direzione generale, direzione strategica) affermare queste politiche, definirne gli obiettivi e attribuire le risorse necessarie al loro perseguimento, all’interno di un quadro di regole estremamente chiaro e generatore di responsabilità. Questo processo necessita del coinvolgimento dell’intera struttura aziendale e della partecipazione attiva degli operatori, chiamati a rispondere di persona a obblighi ben precisi in quanto lavoratori.

  • Articolo a cura di Erasmo Spinosa - Infermiere

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