Nurse24.it

COVID-19

Caratteristiche psicologiche dei cospirazionisti

di Giacomo Sebastiano Canova

Vaccini, Covid-19, terapie farmacologiche e ricerca scientifica. Su questi temi nelle ultime settimane al bar, sui social, al supermercato e nei salotti televisivi si sta sentendo e leggendo di tutto, soprattutto da coloro che in realtà non conoscono affatto l’argomento. Eppure in questo senso la scienza ha le sue certezze: le persone che dichiarano di conoscere cose che in realtà non conoscono possiedono mediamente un quoziente intellettivo inferiore a quelle consce dei loro limiti. Inoltre, sono emersi dati molto interessanti anche su coloro che credono nelle teorie cospirative o che non rispettano le misure di distanziamento sociale.

Parlare di cose che non si conoscono

La ricerca ha dimostrato che credere nelle teorie del complotto si associ a risultati sociali, sanitari e civici negativi

In merito allo studio delle caratteristiche personali delle persone che parlano di cose che in realtà non conoscono, uno dei contributi fondamentali è quello apportato da uno dei più autorevoli ricercatori di psicometria, Delroy Paulhus.

In uno dei suoi studi più noti ha presentato la tecnica “over-claiming”, la quale persegue lo scopo di valutare l’eccesso di rivendicazioni basandosi sulle valutazioni degli intervistati rispetto alla loro conoscenza di varie persone, eventi, prodotti e molto altro.

Attraverso un questionario, denominato “Overclaiming Questionnaire” si possono ottenere due misure:

  • Accuratezza: quanto la persona dichiara di conoscere temi esistenti e riconoscere di non conoscere temi inesistenti
  • Bias: quanto le persone in media dichiarano di conoscere gli argomenti, compresi anche quelli inesistenti

I risultati di questo questionario sono interessanti e dimostrano la grande fragilità delle persone che parlano di cose che non conoscono: ammettere di non conoscere temi che non si padroneggiano si correla difatti con il quoziente intellettivo, in quanto le persone che non hanno alcun problema ad ammettere di non conoscere determinati argomenti hanno dimostrato avere un quoziente intellettivo più alto, mentre le persone con un quoziente intellettivo più basso dichiarano di conoscere anche cose che in realtà non conoscono (ed è certamente così, dal momento che si tratta di temi inventati).

Inoltre, dai risultati dello studio emerge anche che dichiarare di conoscere cose che non si conoscono si correla con il narcisismo e l’autoinganno. Parlare di temi che non si conoscono è dunque un chiaro fattore di vulnerabilità e di espressione delle proprie difficoltà intellettive.

Credere in teorie cospirative

Le teorie del complotto sono un sottoinsieme di false credenze e generalmente implicano che una forza malevola (ad esempio un ente governativo o una società segreta) sia coinvolta nell’orchestrazione di grandi eventi o nella diffusione a un pubblico inconsapevole di informazioni sbagliate rispetto ai dettagli degli eventi. Il tutto visto da chi crede a queste teorie come parte di un complotto per il raggiungimento di un obiettivo sinistro.

Sebbene alcune teorie del complotto possano essere considerate innocue, la ricerca ha dimostrato che credere nelle teorie del complotto si associ a risultati sociali, sanitari e civici negativi, inclusa una maggiore accettazione del comportamento violento e una diminuzione del comportamento pro-sociale.

Cercando di fornire un ritratto delle persone che credono alle teorie cospirative, alcuni ricercatori hanno cercato di individuare e ricostruire i loro tratti psicologici, al fine di comprendere meglio quali siano i fattori predittivi delle credenze complottiste.

I risultati sono stati sorprendenti: avere credenze stravaganti e ragionare attraverso il pensiero magico (entrambe caratteristiche del disturbo schizotipico di personalità) sono due comportamenti intellettivi che rappresentano un predittore significativo e positivo di credenza nelle teorie del complotto.

Inoltre, altri fattori significativi per credere in queste teorie sono il machiavellismo, il narcisismo grandioso, il narcisismo vulnerabile, la psicopatia primaria e la psicopatia secondaria.

Rispetto del distanziamento sociale e capacità cognitive

Entrando nel dettaglio dei comportamenti attuali, il mancato rispetto del distanziamento sociale durante l’attuale pandemia da Covid-19 rappresenta una grande sfida per il sistema sanitario. Questi comportamenti solitamente riflettono in parte le preoccupazioni delle persone per i costi derivanti dell’allontanamento sociale, escludendo però dall’analisi i suoi benefici per la salute pubblica.

Alcuni ricercatori hanno voluto verificare se il non rispetto delle norme di distanziamento durante l’attuale pandemia possa associarsi ad una limitazione nella capacità mentale di una persona, la quale dovrebbe invece garantire un processo decisionale razionale che porta al rispetto delle norme e alla compressione del loro perché.

La capacità mentale è stata valutata attraverso la valutazione della “working memory”, ovvero l’abilità dinamica di un individuo di rappresentare e manipolare le informazioni provenienti dall’ambiente o di recuperarle dalla memoria a lungo termine. Anche in questo caso i risultati sono interessanti, in quanto si è potuto osservare che la capacità mentale ha contribuito alla varianza unica delle differenze individuali nella conformità al rispetto delle norme di distanziamento. Questo fatto può essere parzialmente attribuito alla relazione che intercorre tra la capacità mentale e la capacità di valutare i veri meriti delle raccomandazioni.

Questa associazione è rimasta solida anche dopo aver preso in considerazione le differenze individuali di età, sesso, istruzione, stato socioeconomico, personalità, condizioni legate all’umore e intelligenza fluida.

In base a quanto evidenziato, si può dunque affermare che chi è più restio a rispettare le norme di distanziamento sociale presenta una maggiore probabilità di presentare capacità cognitive ridotte.

Commenti (1)

emok

Avatar de l'utilisateur

1 commenti

non c'è correlazione

#1

Spett.le Giacomo Sebastiano Canova, spero che questa mia non diventi solo sua, utile per un suo orientamento personale, ma che possa essere condivisa.
Le chiedo se per Lei anche la dott.sa Loretta Bolgan si possa associare ad un risultato sociale, sanitario e civile negativo, dal momento che è completamente non allineata alle posizioni monolaterali del mainstream, le stesse che Lei avvalla in questo suo articolo.
Parlare de "La scienza" in modo ingenuo non mi pare adeguato ai nostri tempi.
Lo era quando il placebo era fisiologica, non oggi che il "placebo" e il vaccino pneumococcico usato in doppio cieco per testare l'anticovid. In effetti era strano che quel 28enne del Brasile, morto per il placebo, non reggesse un po' di Na Cl intramuscolo, giusto? La scienza è oggi insondabile. La ripetibilità dell'esperimento è possibile per il CERN o per sofisticati laboratori. Di fatto per i normali scienziati e la gente è solo un atto di fede. Quindi subentra la Logica in difesa del libero cittadino. E al 60esimo caso di decesso post vaccinale italiano in cui "non c'è correlazione", cominciamo a domandarci perchè non invitare tutti gli amici europei, norvegesi, inglesi, francesi, tedesci, che non sono capaci a somministrare i vaccini e fanno centinaia di morti. Vengano in Italia, il Paese in cui NON C'è CORRELAZIONE tra vaccino e decesso.
Ma forse il problema è all'origine, poichè il prof. Galli dalla Gruber dice che il vaccino "funzionicchia", che i vaccinati ormai prendono il covid (varianti).
Ma i vaccini sono stati prodotti su base del virus di un anno fa, ovvio. e per ora sono a triangolino rovesciato, sorvegliati speciali dell'AIFA. L'astrazeneca ha il suo periodo di sperimentazione fino a dic. 2022 mentre il pfizer fino a dic. 2023.
Ma un conto è un farmaco sorvegliato speciale per curare un cancro, comprensibile.
Un altro è un vaccino da inoculare in persone sane, ad aclune OBBLIGATORIAMENTE,
ma con CONSENSO informato, un ossimero.
fine spazio a mia disposizione....