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editoriale

Il Veneto ci riprova

di Annalisa Silvestro

La regione Veneto con una specifica deliberazione riprende con volontà pragmatica la figura dell'Oss con formazione complementare in assistenza sanitaria, ridefinendone in parte le attività, con l'obiettivo dichiarato di contrastare la carenza di personale dovuta all’emergenza pandemica. Ma all’obiettivo formalmente dichiarato ritengo se ne associ un altro, ovviamente informale.

Quale riconoscimento economico e inquadramento per i futuri OSSS veneti?

È nelle corde della regione Veneto riprendere temi già delineati nel tempo per affrontare questioni e problematiche che incombono invece nel presente e che richiedono una risoluzione o perlomeno la dimostrazione che c’è la volontà di intervenire per superarne gli effetti sull’attualità.

In ambito sanitario il Veneto ha effettuato queste “riprese” più volte con particolare specificità nei confronti della professione infermieristica: rivedere il ruolo e le funzioni dell’infermiere così come declinate nel relativo profilo professionale; dare corso, con logica regionale, alla figura dell’infermiere esperto e specialista; affrontare la carenza oramai strutturale ed endemica di infermieri rivitalizzando la comatosa figura dell’Operatore socio sanitario con formazione complementare in assistenza sanitaria, spesso definito Oss specializzato.

Ed infatti la regione Veneto con una specifica deliberazione riprende con volontà pragmatica la figura della Oss con formazione complementare in assistenza sanitaria, ridefinendone in parte le attività. L’obiettivo è di inserire l’Oss con formazione complementare nelle strutture extra ospedaliere residenziali e semi residenziali pubbliche e private accreditate per anziani con il fine, formalmente dichiarato, di contrastare la carenza di personale dovuta all’emergenza pandemica, visto che nel settore della residenzialità e semiresidenzialità extraospedaliera, pubblica e privata si è verificato un ulteriore aggravio delle attività di tipo sanitario, difficilmente affrontabile dal solo personale infermieristico.

All’obiettivo formalmente dichiarato - e che richiederebbe la disamina di dati che evidenzino di quanto si discosti la situazione attuale da quella pre Covid - ritengo se ne associ un altro, ovviamente informale.

Risolvere, o perlomeno attenuare significativamente e per le vie brevi, la scarsa volontà pregressa di assumere infermieri, la difficoltà attuale a reclutarne di ulteriori per inserirli nelle strutture residenziali e semi residenziali, ridefinire in logica sistemica l’organizzazione, le risorse umane e competenze necessarie per una assistenza sicura, appropriata e professionalizzata.

E allora si attiva una definizione organizzativo-gestionale in cui si mette in conto che, per esempio, le attività necessarie per un assistito di per sé fragile e frequentemente pluripatologico con nutrizione enterale, con tracheotomia, enterostomia o la somministrazione delle prescrizioni terapeutiche per via naturale, intramuscolare, sottocutanea... sono attività a bassa complessità e alta standardizzazione e quindi effettuabili dall’Oss con formazione complementare.

Ovviamente su indicazione e sotto la supervisione degli infermieri che, a quanto si afferma nella stessa delibera, devono già fronteggiare un aggravio delle attività di tipo sanitario difficilmente affrontabile. Sorge spontaneo il dubbio che così si pensi forse anche perché tali attività sono già - e nel diffuso e generale silenzio - effettuate dagli Oss e/o figure similari anche senza che vi sia una reale presenza dell’infermiere o la sua possibilità di supervisione.

Ma tant’è. E allora la regione Veneto procede con una interessante e per certi versi validata metodologia. Attiva un corso specifico, che solo in parte richiama quello previsto nel lontano 2002, per far acquisire agli Oss, previa specifica formazione teorica a distanza e tirocinio dove già lavorano, le conoscenze e le manualità necessarie per svolgere le attività definite nelle tipologie assistenziali riportate nell’allegato alla deliberazione.

Che dire: se nulla si muove, se si continua a mantenere nel tempo e nell’intero sistema sanitario definizioni e perimetri professionali e organizzazioni lavorative vecchie, radicalizzate e immutate nel tempo in modo che nulla cambi ed evolva, perché così nessuno si inalbera o pone veti ritenuti insuperabili, è inevitabile che prima o poi qualcosa succeda in un qualche pezzetto del sistema. Magari, per iniziare, toccando i confini delle professioni ritenute più malleabili o maggiormente afone e mettendo in una condizione di svantaggio gli assistiti più deboli e senz’altro afoni

Sarà interessante vedere quale sarà il formale riconoscimento economico e l’inquadramento dei futuri Oss veneti con formazione complementare in assistenza sanitaria e quale sarà il fabbisogno formativo di infermieri che le Regioni, Veneto in testa, evidenzieranno per avere nel vicino futuro infermieri da inserire anche nelle strutture pubbliche e private accreditate extra ospedaliere residenziali e semi residenziali per anziani.

I nostri Anziani e le Persone in condizione di fragilità abbisognano di un’assistenza che risponda alle loro necessità con appropriatezza, efficacia, qualità e non a quelle dei diversi decisori statali e regionali senza scorciatoie sia in tempi di Covid che quando il Covid sarà superato.

Editorialista
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