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Management

Staffing per assistenza infermieristica nella vision SIDMI

di Redazione Roma

"Raccomandazioni per la determinazione dello staff per l’assistenza infermieristica” è il documento di posizionamento redatto dalla SIDMI. Stilato sulla base degli indirizzi internazionali ed europei in materia, contiene una serie di raccomandazioni sui livelli sicuri di “staff” per l’assistenza infermieristica e standard di risorse professionali da impiegare in relazione ai differenti contesti di cura ospedalieri, territoriali e di comunità. Un primo documento quadro che vedrà sviluppati ed approfonditi in futuro specifici ambiti: dall’emergenza territoriale all’organizzazione al domiciliare (soltanto per fare alcuni esempi) e raccomandazioni che possono risultare particolarmente utili nell’indirizzare una programmazione universitaria più rispondente alle concrete necessita del sistema e ad orientare l’area della contrattazione.

Raccomandazioni SIDMI per determinazione dello staff infermieristico

Aumentare la sicurezza nelle cure dei pazienti (riducendo gli esiti negativi rilevanti), ridurre il fenomeno delle cure infermieristiche mancate, incrementare la sicurezza dei professionisti infermieri e il benessere organizzativo. Sono gli obiettivi dichiarati delle raccomandazioni contenute all’interno del documento “Raccomandazioni per la determinazione dello staff per l’assistenza infermieristica” realizzato dalla SIDMI, Società Italiana per la Direzione e il Management delle professioni Infermieristiche.

L’intento è diffondere ai colleghi infermieri – ma anche ai decisori politici nonché ai manager – vari livelli di raccomandazioni (adottate sia sulla base delle evidenze scientifiche sia degli studi internazionali, europei e nazionali) sullo “staff” per ottenere un’assistenza infermieristica tanto sicura quanto di qualità. Puntando a prevenire (e/o limitare) gli esiti negativi sensibili all’assistenza infermieristica ai pazienti.

Occorre precisare che SIDMI considera la leadership infermieristica un elemento di grande importanza per la sicurezza dei pazienti, per il benessere degli infermieri e per la qualità delle cure, negli ospedali, nella comunità e in ogni contesto nel quale viene erogato un servizio di assistenza sanitaria.

Più infermieri salvano la vita

Perché è importante garantire il giusto rapporto infermiere/assistito? Il motto della SIDMI è che più infermieri salvano la vita. Quindi, le sue considerazioni pratiche:

  • Maggiore sicurezza dell’assistenza infermieristica: dunque, minore rischio di omissioni, errori di somministrazione della terapia farmacologica e di cadute accidentali dei pazienti
  • Migliori esiti dell’assistenza infermieristica: ovvero, minore rischio di infezione e di mortalità per gli assistiti. All’aumento di 1 infermiere full time/giorno si riduce, infatti, il rischio di polmonite post-chirurgica, di sepsi, di infezione urinaria e della ferita chirurgica. E ancora, la mortalità è ridotta del 20% se un infermiere assiste non più di 6 pazienti in ospedale (attualmente, in Italia, ad ogni infermiere sono affidati in media dagli 8 ai 17 pazienti)
  • Migliore assistenza agli assistiti: maggiore attenzione individuale riceve la persona assistita, migliore è la sua sicurezza e la qualità dell’assistenza ricevuta

Raccomandazioni che dovranno trovare applicazione concreta nell’articolato sistema organizzativo sociosanitario, della rete dell’offerta ospedaliera nonché dell’emergenza/urgenza come definite dal Decreto ministeriale 70/2015, ma anche dell’effettiva attività di produzione (ricoveri, day hospital, prestazioni ambulatoriali), delle Aziende ospedaliere e dei presidi ospedalieri desumibile dai flussi informativi. E ancora, della rete relativa all’offerta territoriale e dei programmi di prevenzione in termini proattivi, e in considerazione dei limiti orari del personale sanitario alla luce della Legge 161/2014 in termini di sicurezza dei lavoratori e benessere organizzativo.

L’importanza del giusto rapporto tra infermiere e assistito

Una considerazione è imprescindibile: le risorse umane rappresentano sia un valore sia un patrimonio per il Sistema sanitario ed è basilare svolgere una riflessione in termini di professionalità e specificità attraverso un indispensabile adeguamento alla richiesta, che si è modificata nel corso del tempo facendo emergere nuove necessità legate alla salute della popolazione (sempre più anziana, fragile e pluripatologica).

Dall’altra parte il personale dedicato che – all’interno delle organizzazioni sanitarie – costituisce un elemento cardine di valore e produzione di benessere e salute; è basilare, dunque, riferirsi a quelle che ad oggi le evidenze scientifiche disponibili in letteratura evidenziano in modo inequivocabile: l’incrementata mole di lavoro infermieristico, la disponibilità qualitativa/quantitativa di risorse e le peculiarità dell’ambiente lavorativo hanno ricadute dirette tanto sulla sicurezza dei pazienti quanto sulla qualità assistenziale in termini di esiti negativi per i pazienti medesimi.

Migliorare l’assistenza agli assistiti

La qualità del personale infermieristico nonché la composizione dello skill mix – ovvero il mix di competenze – vanno ad incidere sugli esiti dell’assistenza; a questo proposito, è necessario richiamare il medesimo tema (“skill mix”) cumulativo della dotazione di personale delle professioni infermieristiche con un nuovo orientamento del sistema di sviluppo professionale nonché di carriera tra asse clinico/assistenziale e organizzativo (considerato che i ruoli gestionali sono già piuttosto consolidati ed articolati, l’attenzione maggiore si pone proprio sullo sviluppo di quest’ultimo).

Senza dimenticare che la quantità di personale dedicato all’assistenza infermieristica incide sugli esiti assistenziali. Punti chiave, questi, sui quali sono andati a convergere i risultati disponibili in letteratura, nati a seguito di una serie di interrogativi – formulati dai ricercatori – per tratteggiare un “cut off” di sicurezza che certamente consideri la complessità tecnico-assistenziale della persona ma che, in parallelo, non lasci da parte l’efficienza dell’intero sistema organizzativo. Non tralasciando, poi, l’importanza di soddisfazione non solo degli utenti, ma anche delle loro famiglie.

Studi italiani multicentrici sull’assistenza

I risultati di studi internazionali inerenti il personale di assistenza infermieristica – che pongono in relazione gli esiti (outcomes) delle persone assistite, il numero e la qualità dei professionisti (staffing) ad indicatori di sicurezza e qualità delle cure – rappresentano veri e propri macro indicatori. A seguire, 3 studi italiani multicentrici:

  • E.S.A.Med (“Esiti Sensibili dell’Assistenza in Medicina”), condotto da un gruppo di ricerca di tre università (Udine, Bologna, Verona) e 10 aziende sanitarie, lo studio ha voluto definire gli esiti assistenziali in relazione alla quantità di assistenza infermieristica erogata e allo skill mix assistenziale
  • NSO (“Nursing Sensitive Outcomes”) condotto dall’Osservatorio regionale Emilia Romagna, ha interessato alcuni esiti collegati all’assistenza infermieristica
  • RN4CAST (“Registered Nurse foreCASTing in Europe”), condotto dall’Università di Genova, lo studio ha sottolineato una serie di collegamenti e relazioni negli ambiti della competenza, prestazione e sicurezza dei pazienti, inserendo l’Italia tra i peggiori paesi europei nel rapporto infermiere/pazienti

Studi questi che – replicati in buona parte dei paesi del mondo ed in differenti setting – hanno confermato (anche grazie al numero dei pazienti coinvolti, tale da rendere consistenti le evidenze disponibili) i medesimi risultati in termini di correlazione tra esiti ed assistenza infermieristica. Fermo restando le basilari metodologie italiane sulla cosiddetta “complessità assistenziale”: dal metodo degli “Indici di Complessità Assistenziale” (I.C.A.) al “Sistema Informativo della Performance Infermieristica” (S.I.P.I.) al “Metodo Assistenziale Professionalizzante” (M.A.P.).

Più sicurezza e migliori esiti assistenziali

A livello nazionale, il numero di infermieri ospedalieri evidenziato da numerosi studi rispetto al livello europeo non risulta sufficiente a garantire un’assistenza sicura. In Italia, all’interno dei reparti di medicina e chirurgia generale il rapporto medio pazienti/infermiere e 9,5:1. La media europea è di 8:1, dato che comunque oltrepassa il rapporto ottimale di 6:1, definito (come anticipato) quale rapporto consono per garantire un’assistenza infermieristica sicura.

Il dato critico aumenta nelle Rsa, nelle quali si ha un rapporto infermiere/persone assistite di 1:60, 1:100. Dagli stessi studi emerge che il 41% delle cure infermieristiche nel nostro paese risulta incompleta, mancata o erogata solo parzialmente. Per quanto riguarda, invece, il tasso di mortalità dei pazienti chirurgici a trenta giorni dalla dimissione, questo appare correlabile a:

  • Staff assistenziale di reparto che rivela il rapporto infermiere/pazienti (ad ogni incremento di una unità paziente per infermiere – oltre al rapporto 6:1 – la probabilità di decesso del paziente rileva un aumento del 7%)
  • Livello di istruzione degli infermieri, se laureati oppure no (ad ogni incremento del 10% di personale infermieristico laureato corrisponde una diminuzione del 7% del tasso di mortalità)
  • Staff infermieristico che, inevitabilmente, va modulato in rapporto al livello qualitativo dei professionisti in relazione alle competenze e alla formazione acquisite

Livelli di staff: basilare ottenere lo standard minimo

In considerazione degli studi presenti in letteratura, è indispensabile raggiungere lo standard minimo di staff. L’obiettivo è chiaro: rispondere, tanto in sicurezza quanto in qualità, alla complessità dei bisogni di salute delle persone assistite a livello ospedaliero, assicurando – appunto – un rapporto infermiere/persona assistita minimo pari a 1:6 nelle aree di medicina e chirurgia generale, con parallela implementazione di modelli assistenziali (quali primary nursing e case management) volti a edificare piani personalizzati di assistenza, alla presa in carico della persona, della sua famiglia e alla continuità delle cure ospedale-territorio.

In parallelo, risulta imprescindibile sia completare la riorganizzazione della rete assistenziale in corso – a livello nazionale e regionale, attraverso il trasferimento di risorse necessarie per assicurare le cure territoriali – sia implementare le nuove Case della salute, gli ambulatori infermieristici di prossimità e, soprattutto, la figura degli Infermieri di famiglia e di comunità.

In questo senso, le finalità da perseguire sono:

  • Raggruppamento delle specialità ospedaliere per area assistenziale omogenea (intensità di cura, unità assistenziali di tipo multispecialistico), nonché degli ambiti di assistenza infermieristica all’interno dei contesti sociosanitari territoriali e residenziali: Rsa, case di riposo, domiciliare, famiglia e comunità
  • Identificazione di un indicatore rapporto infermiere/persona assistita in grado di definire un livello minimo di qualità e sicurezza delle cure infermieristiche sia a livello ospedaliero sia a livello territoriale e di prossimità
  • Definizione del numero di Oss (attività in supporto all’assistenza autonoma, su attribuzione oppure in collaborazione) che deve essere proporzionato al numero di infermieri e differenziato secondo i differenti livelli di cura

L’importanza di migliorare l’empowerment organizzativo degli infermieri? Gli stessi studi dimostrano che è significativo monitorare – in modo costante e con periodicità – l’ambiente lavorativo e il benessere organizzativo all’interno dei luoghi di lavoro con particolare riferimento al teamwork e alla leadership.

Focus sulla maggiore responsabilizzazione degli infermieri, sul minore rischio di omissioni (missed nursing care) e di stress lavorativo (burnout). Poiché, come è attestato, gli infermieri che lavorano con maggiore sicurezza, si sentono maggiormente motivati e meno stressati.

Standard appropriati nelle degenze: omogeneità per area

In merito alle raccomandazioni in termini di staff per l’assistenza infermieristica e standard delle professioni infermieristiche nonché di supporto all’assistenza – come da tabella di sintesi – occorre sottolineare che non devono essere previsti meno di 8 infermieri ogni 1000 abitanti.

AMBITO TERRITORIALE* STANDARD INF. / CITTADINO-UTENTE
AREA FAMIGLIA e COMUNITÀ 1 INF. ogni 1500 assistiti a livello di medicina di base
DEGENZE TERRITORIALI 1 INF. ogni 12 assistiti
RSA , CASE DI RIPOSO, LD, CARCERI, SCUOLE*
*In questi contesti si esplica attività infermieristica integrata con l’assistenza socio-sanitaria. Al momento esistono diversi modelli di accreditamento regionale, che prevedono una dotazione organica ancora basata sulla logica di calcolo di minuti di assistenza non rapportati a strumenti oggettivi di definizione di attività connesse alla complessità assistenziale. Si rende necessario superare queste logiche di minutaggio non oggettivabile rispetto alle reali esigenze assistenziali, con indicatori di definizione del rapporto infermiere/persone assistite, sia in termini quantitativi che qualitativi, e di composizione del team complessivo (infermieri, professionalità della riabilitazione, OSS, educatori, assistenti sociali). Sarà importante approfondire tale aspetto in ulteriori studi mirati, abbiamo scarsi riferimenti di esperienze e ricerche. Importante garantire come standard di riferimento che in tutti i contesti di erogazione di servizi socio-assistenziali sia garantito il governo del processo assistenziale da parte degli infermieri.

Se si fa riferimento all’ambito territoriale, l’area della famiglia e della comunità deve prevedere 1 infermiere ogni 1500 assistiti a livello di medicina di base; per quanto concerne le degenze territoriali, invece, il rapporto è di 1 infermiere ogni 12 assistiti. Spostandosi nell’ambito ospedaliero, all’interno delle differenti aree omogenee assistenziali, a fare la differenza sono le specialità mediche differenti che le caratterizzano.

Qualche esempio specifico? L’area medica – medicine generali e specialistiche – deve appunto prevedere 1 infermiere ogni 6 persone assistite (mentre il rapporto tra infermiere e Oss è di 1 a 0,80); medesimo rapporto nell’area chirurgica (chirurgie generali e specialistiche), dove però il rapporto tra infermiere e Oss scende di 1 a 0,70.

AMBITO OSPEDALIERO STANDARD INF/PERSONA ASSISTITA RAPPORTO INF/OSS
AREA OMOGENEA ASSISTENZIALE Specialità mediche afferenti 1 INF. / 6 P. A1 INF. / 0,80 OSS
AREA MEDICA (medicine generali e specialistiche Allergologia - week hospital - cardiologia - malattie endocrine, del ricambio e della nutrizione - immunologia- malattie infettive e tropicali - medicina generale - unità spinale - nefrologia - neurologia - MECAU - dermatologia - gastroenterologia - medicina nucleare - oncologia – oncoematologia - pensionanti- pneumologia - radiologia - radioterapia reumatologia - neuroriabilitazione - detenuti - geriatria - medicina lavoro - lungodegenti
AREA CHIRURGICA (chirurgie generali e specialistiche) Chirurgia generale - chirurgia maxillo facciale - chirurgia plastica - chirurgia toracica- chirurgia vascolare - neurochirurgia - oculistica odontoiatria e stomatologia - ortopedia e traumatologia - ginecologia - otorinolaringoiatria - urologia 1 INF. / 6 P. A. 1 INF. / 0,70 OSS
AREA ELEVATA INTENSITÀ (high care e sub-intensive) Cardiochirurgia – ematologia con trapianti – strokeunit - nefrologia con trapianto rene 1 INF. / 4 P. A. 1 INF. / 0,50 OSS
AREA CRITICA (terapie intensive generali, pediatriche e neonatali) Unità coronarica - grandi ustionati terapia intensiva 49 terapia intensiva con trapianti 1 INF. / 2 P. A.
1 INF./1 P. A.
1 INF. / 0,30 OSS
AREA SALUTE MENTALE Psichiatria - SPDC 1 INF. / 4 P. A. 1 INF. / 1 OSS
AREA PEDIATRICA E NEONATOLOGICA Chirurgia pediatrica - urologia pediatrica - pediatria - nefrologia pediatrica cardiochirurgia infantile - neurochirurgia pediatrica grandi ustioni pediatriche nido - neonatologia neuropsichiatria infantile 1INF PED-INF. / 3 P. A.
1 INF. PED-INF. / 6 P. A. (nido)
1 INF. PED-INF. / 0,70 OSS
DAY HOSPITAL e DAY SERVICE Tutte le specialità mediche e chirurgiche 1 INF. / 6 P. A. 1 INF. / 0,30 OSS
PRONTO SOCCORSO 1 INF. h. 24 per funzione triage ogni 20.000 accessi con incremento ponderato in relazione alla progressione degli accessi
+ 1 INF. h.24 ogni 1500 accessi OBI 1 INF. / 4 P. A.
1 INF. / 0,50 OSS
DIALISI 1 INF. / 3 P. A. 1 INF. / 0,30 OSS
SALE OPERATORIE ED INTERVENTISTICA Équipe 3 INF per medio alta complessità
Équipe di 2 infermieri per bassa complessità ed interventistica
1 OSS a supporto esterno
1 OSS integrato in équipe

In merito alle aree ambulatoriali bisogna distinguere tra ambulatori infermieristici (il numero di personale infermieristico va proporzionato in rapporto alla tipologia di attività, all’orario di apertura del servizio e al numero di persone che accedono) e ambulatori specialisti (il numero di personale infermieristico va proporzionato in rapporto al livello di complessità dell’attività e delle prestazioni, per cui può essere prevista o meno la presenza del/degli infermieri).

AREE AMBULATORIALI
AMBULATORI INFERMIERISTICI Il numero di personale infermieristico va proporzionato in relazione alla tipologia di attività, all’orario di apertura del servizio e al numero di persone che accedono/die
AMBULATORI SPECIALISTICI Il numero di personale infermieristico va proporzionato in relazione al livello di complessità dell’attività e delle prestazioni, per cui può essere prevista o meno la presenza del/degli infermieri

Come è stato appurato, lo standard consigliato nelle degenze – omogeneo per area – permette di poter differenziare una serie di modelli verticali all’interno delle varie aree (a seconda delle dimensioni dell’unita assistenziale e della tipologia di persone assistite presenti). Si tratta di uno standard minimo, fortemente consigliato, che può essere incrementato in rapporto a variabili come la tipologia di struttura (hub and spoke) o la complessità delle persone assistite, il livello di tecnologia e di informatizzazione presente, solo per formulare alcuni esempi di variabili di contesto.

Ciononostante – per assicurare la continuità assistenziale e la sicurezza nelle aree di degenza ordinaria – si raccomanda sempre la presenza minima di 2 infermieri per turno. Altresì, è auspicabile ed indicata – sempre alla luce dei risultati degli studi – una distribuzione equilibrata del personale tra quelli che sono i turni diurni e notturni.

Il numero degli Oss permane rapportato agli infermieri e tiene conto dei dati di letteratura che indicano – come tempo massimo attribuibile al personale di supporto, in termini di sicurezza delle cure – non oltre il 40% del tempo assistenziale complessivo.

Evoluzione delle competenze dei professionisti sanitari

Nel 2021, la Federazione Nazionale delle Professioni Infermieristiche (Fnopi), mediante i componenti dell’Advisory Bord, ha elaborato un documento che delimita nuovi orizzonti del personale infermieristico definendo tanto criticità quanto le proposte per la valorizzazione della professione.

Il documento rimarca il mancato riconoscimento della flessibilità del personale in termini di ruolo e competenze e, in parallelo, osserva in merito alla necessità di sviluppare e ampliare le competenze del personale infermieristico per adeguarle alle esigenze attuali, identificando meglio il proprio compito all’interno dei differenti setting assistenziali.

Tuttavia, le azioni previste nel documento della SIDMI indicano l’opportunità di ampliare, in maniera formale, le competenze dell’infermiere con rimando sia alla dimensione orizzontale (in termini di numeri e grado di autonomie e responsabilità già affidatogli) sia a quella verticale (capacità di programmazione, regolazione e autocontrollo sulle attività di propria competenza) nei diversi, strutturati ambiti.

L’iter indicato prevede la riforma dei percorsi di formazione, contestualmente ad un graduale ampliamento dei numeri programmati per le lauree in infermieristica – con particolare riferimento all’accesso alle lauree magistrali – per assicurare flussi costanti di infermieri in rapporto alle esigenze dei servizi negli anni a seguire.

La riforma definisce – come risultato minimo da realizzarsi nell’arco di un decennio la disponibilità di un 20% dei professionisti ad elevata specializzazione nelle differenti aree assistenziali. Ne consegue che, in termini di skill mix della complessiva dotazione di personale delle professioni infermieristiche, è rilevante l’orientamento ad una diversificazione delle posizioni per assicurare un approfondimento disciplinare.

A questo proposito viene consigliata una ripartizione secondo le seguenti percentuali indicative in rapporto al numero complessivo degli infermieri (rapporti che sono da intendersi anche per l’infermiere pediatrico):

  • Infermieri generalisti: 70-65%
  • Infermieri esperti: 10%
  • Infermieri specialisti oppure incarichi funzionali professionali: 12-15%
  • Infermieri con incarichi funzionali organizzativi o dirigenziali: 8-10%

Il contesto (territorio, ospedale, comunità, prossimità), l’offerta universitaria e il bisogno di una valutazione complessiva dello “staff” multiprofessionale ed interdisciplinare sono tutti aspetti fondanti che – tutto quanto sopra esposto in materia di “staff” per l’assistenza infermieristica – non possono non essere tenuti in esame.

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