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salute mentale

Disturbo da stress post-traumatico

di Monica Vaccaretti

Il disturbo da stress post-traumatico (PTSD), riconosciuto dall'Oms nella Classificazione Internazionale delle Malattie, è una patologia classificata nel Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali: può svilupparsi in persone che hanno subito un evento traumatico, catastrofico o violento o che vi hanno assistito oppure che sono venute a conoscenza di un'esperienza traumatica accaduta ad una persona cara. Il PTSD si sviluppa quindi come conseguenza di uno o più eventi traumatici fisici o psicologici. Maggiore è la gravità del trauma e l'entità della minaccia percepita maggiore è la possibilità di sviluppare questo disturbo. La presenza di fattori di rischio prima e dopo il trauma può aumentare la probabilità di soffrirne.

Epidemiologia del disturbo da stress post-traumatico

La vittima si ritrova a vivere ripetutamente il momento del trauma sotto forma di flashback

Secondo uno studio condotto nel 2014 dall'Oms in Europa, l'European Study of the Epidemiology of Mental Disorders (ESEMeD), risulta che il 56,1% della popolazione italiana è stata esposta ad almeno un evento traumatico con un rischio di sviluppare PTSD che va dallo 0,8% per la violenza sessuale al 12,2% per gli eventi legati alla guerra.

I tassi di esposizione e rischio di PTSD per eventi come incidenti e perdite personali sono più elevati ed in linea con gli equivalenti europei, perché come hanno dimostrato recenti ricerche un’esperienza traumatica è relativamente comune nella popolazione generale.

Negli Stati Uniti il Disturbo da stress post–traumatico viene diagnosticato ogni anno al 3,5% della popolazione ed interessa il 5% degli uomini e il 10% delle donne; colpisce ad ogni età anche se anziani e bambini risultano essere più vulnerabili.

Nel mondo il tasso di prevalenza varia tra il 10% e il 40% per le persone che vivono in zone di guerra e tra il 37% e il 44% negli adulti sopravvissuti ad abuso fisico e sessuale durante l'infanzia. Questi dati risultano essere allarmanti considerando che, secondo le stime dell'OMS, il 7-36% delle bambine e il 3-29% dei bambini sarebbe oggetto ad una violenza sessuale.

Diagnosi di PTSD

In assenza di altre cause eziologiche come l'abuso di sostanze stupefacenti o altra condizione medica, si fa diagnosi di PTSD se la sofferenza della vittima si prolunga per oltre un mese dall'esposizione al trauma e interferisce in modo significativo con la vita lavorativa, sociale o scolastica della persona. La valutazione della patologia si basa sui seguenti criteri:

  • l'esposizione ad un evento traumatico
  • la presenza di sintomi di risperimentazione, sintomi di evitamento, sintomi di alterazione negativa dei pensieri e delle emozioni, sintomi di iperattivazione

L'esposizione ad un evento traumatico, che può essere diretta ed indiretta, può coinvolgere chiunque, ma ci sono alcune categorie professionali particolarmente a rischio perché hanno maggiori probabilità di essere esposti ad episodi o dettagli particolarmente violenti, sconvolgenti e destabilizzanti per i quali può essere necessario, superato lo shock iniziale, ricorrere ad un supporto aggiuntivo.

Militari, membri delle forze dell'ordine, personale sanitario e vigili del fuoco potrebbero essere facilmente coinvolti nell'esercizio della loro professione ad eventi così traumatici da poter soffrire di questo disturbo. Per una diagnosi precoce è importante, quindi, riconoscere tempestivamente i sintomi e comprendere di soffrirne per farsi aiutare.

Come si manifesta il disturbo da stress post-traumatico

Solitamente la vittima si ritrova a vivere ripetutamente il momento del trauma sotto forma di flashback, percepisce cioè che sta risperimentando l'evento nel presente così intensamente da arrivare a perdere completamente la consapevolezza dell'ambiente circostante.

Compare improvvisamente una intensa paura con manifestazioni fisiologiche come battito cardiaco accelerato, sudorazione, tensione muscolare e nausea. La risperimentazione può avvenire anche sotto forma di incubi. Nel tentativo di evitare di rivivere il trauma, la vittima può cominciare ad evitare situazioni e persone che sono in qualche modo associate all'evento traumatico.

Questa strategia, detta coping, diventa problematica perché la persona, al fine di non incorrere in dettagli che possono scatenare sintomi disturbanti, rischia di isolarsi dalle relazioni sociali evitando luoghi abituali ed abitudini di vita che prima del trauma davano benessere.

La strategia dell'evitamento, che può essere funzionale nel breve termine, può essere messa in atto anche sopprimendo ricordi spiacevoli ed emozioni intense e negative facendo ad esempio abuso di droghe ed alcool, gettandosi a capofitto nel lavoro, con gesti autolesionistici, con rischiosi comportamenti sessuali compulsivi. Se persiste nel lungo termine, questa strategia ostacola l'elaborazione delle esperienze traumatiche.

Sintomi di PTSD

La persona può manifestare un'alterata percezione di sé e della memoria con pensieri negativi e amnesia. Per cercare di proteggersi dal dolore psicologico la persona può cercare di distaccarsi dalle proprie emozioni e risultare insensibile e disinteressata rispetto agli altri e alle attività che prima procuravano gioia. La persona può inoltre sviluppare un’esagerata ipersensibilità a potenziali segnali di pericolo che la porta ad essere sempre in allerta e a vivere costantemente in uno stato di ipervigilanza e tensione emotiva.

Talvolta i sintomi del PTSD possono manifestarsi in forme particolari e più gravi. Alcuni presentano sintomi persistenti di dissociazione come la depersonalizzazione (sensazione di distacco dal proprio corpo e dai propri processi mentali oppure di essere un osservatore esterno di sé stesso) e la derealizzazione (sensazione di distacco dall'ambiente circostante che appare irreale, distorto o come in un sogno).

I sintomi possono essere precoci, ma di solito si manifestano pienamente dopo oltre sei mesi dall'esposizione all'evento traumatico. La durata del disturbo può variare da un mese alla cronicità. Nel PTSD ad espressione ritardata il quadro sintomatologico completo può addirittura comparire dopo diversi anni dall'evento, come capita alle vittime di abusi sessuali in età subiti in età infantile. Di PTSD possono soffrire anche i bambini, che esprimono la loro sofferenza attraverso il gioco, problemi di condotta, ridotta concentrazione ed attenzione in ambiente scolastico.

Secondo l'American Psychiatric Association (APA, 2013) i sintomi del PTSD – come risulta nell'80% dei pazienti che ne soffrono - possono non essere isolati ma accompagnarsi ad altri disturbi o problemi di salute mentale come ansia, depressione, disturbi del comportamento alimentare, problemi di sonno, somatizzazione, abuso di sostanze e altre dipendenze comportamentali. È molto frequente l'associazione con il Disturbo Dissociativo dell'Identità (DID), il Disturbo Borderline di Personalità (DBP), il Disturbo Evitante di Personalità (DEP) e il Disturbo Narcisistico di Personalità (DNP).

Trattamento del disturbo da stress post-traumatico

Secondo le Linee Guida internazionali sul trattamento delle condizioni correlate allo stress (WHO, 2013) gli interventi psicologici più efficaci basati sulle evidenze scientifiche per il trattamento del PTSD sono la Terapia Cognitivo Comportamentale focalizzata sul trauma e l'Eye Movement Desensitizasion and Reprocessing. Recenti studi scientifici hanno evidenziato che anche programmi di psicoterapia basata sulla Mindfulness risultano essere efficaci nella riduzione dei sintomi post traumatici.

Tra gli approcci emergenti si annoverano la Terapia sensomotoria e il Trauma Sensitive Yoga. Lo scopo della psicoterapia per risolvere questo grave quadro clinico è aiutare la persona ad identificare e controllare i pensieri e le convinzioni negative identificando gli errori logici contenuti nelle convinzioni, le alternative di pensiero e di comportamento più funzionali e vantaggiose in relazione all'evento traumatico vissuto. Ciò permette di assimilare il trauma fino alla scomparsa dei sintomi.

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