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COVID-19

Trento, infermieri no vax possono mettere a rischio le Rsa

di Redazione Roma

Se da un lato il ruolo degli infermieri risulta sempre più rilevante, dall’altro nelle Rsa gli operatori sanitari sono sempre di meno, e ciascuno porta avanti carichi insostenibili. Il presidente dell’Opi Trento, Pedrotti: «Non si può parlare di fuga dalle Rsa bensì di attrattività. Occorrono sicurezza e valorizzazione».

Sempre di meno gli operatori sanitari all'interno delle Rsa

Lo scorso mese di giugno si è svolto un incontro che ha condotto alla nascita di un tavolo di lavoro che vede al centro gli infermieri, coinvolgendo l’Opi Trento, i rappresentanti della Provincia, dell’Azienda provinciale per i servizi sanitari (Apss), dell’Unione provinciale istituzioni per l’assistenza (Upipa) e di Consolida, il Consorzio della cooperazione sociale trentina. L’intento? Guardare al futuro tentando di affrontare in maniera reale (e in modo condiviso) le problematiche attuali, cercando di prevenirne di nuove. Quali sono le questioni da affrontare con urgenza è presto detto, come riporta il quotidiano “Il Dolomiti”: mentre il ruolo degli operatori sanitari diviene sempre più rilevante, in parallelo – all’interno delle Rsa – il numero dei professionisti è ridotto al minimo, e per ciascuno il lavoro quotidiano è sfiancante.

Certo, in Trentino il rapporto degli infermieri sulla popolazione è di 7,8 su mille abitanti, al di sopra della media nazionale ma inferiore a quella europea. E allo stato attuale gli iscritti all’Ordine delle professioni infermieristiche della provincia autonoma di Trento sono 4.570. Di questi circa 900 operano nell’area delle residenze sanitarie assistenziali, in 3 mila all’interno dell’azienda sanitaria nei differenti ambiti, circa 250 in strutture private e 168 svolgono la libera professione. Ma sono proprio gli infermieri nelle Rsa a rappresentare un nodo cruciale, difficile da sbrogliare, considerando l’ormai cronica carenza di operatori sanitari (nella prossima decade saranno oltre mille quelli che andranno in pensione). Spiega il presidente dell’Opi Trento, Daniel Pedrotti: «Il nostro è un lavoro complesso. Nel corso degli anni abbiamo osservato un crescendo di criticità, che oggi si stanno riscontrando in particolare nelle Rsa». Ma in questo caso non si può parlare di fuga degli infermieri dalle Rsa – come avviene in altre regioni – bensì, ritiene Pedrotti, «di attrattività», considerando che ad oggi il rapporto all’interno delle residenze sanitarie assistenziali degli operatori sanitari con gli utenti è di 1 a 60. Dunque, una complessità e un carico di lavoro tutt’altro che irrisorio. Spiega Pedrotti: «Per rendere attrattive le Rsa è necessario assicurare al professionista di poter lavorare in sicurezza, all’interno di clima sereno e con prospettive di crescita e di valorizzazione delle competenze».

E in questo panorama gli infermieri no vax possono mettere in crisi le Rsa, causando un’ulteriore riduzione degli organici infermieristici in determinati contesti di cura già in sofferenza? Senza voler fungere da cassandre, con ogni probabilità la risposta è affermativa, anche se allo stato attuale il problema è in qualche modo “posticipato”, considerato che l’Opi Trento non ha ancora ricevuto da parte dell’azienda sanitaria le comunicazioni di accertamento di inosservanza dell’obbligo vaccinale di infermieri no vax iscritti (ad ogni modo dovrebbe giungere a stretto giro). A questo proposito, Pedrotti tiene a puntualizzare: «Come Ordine ribadiamo fortemente che la professione infermieristica riconosce il valore delle evidenze scientifiche quale base dell’agire professionale. Vaccinarsi per un infermiere un dovere deontologico, una vera e propria responsabilità di tutela della salute individuale e collettiva, sopratutto delle persone più fragili che assistiamo ogni giorno. Non ci sono “se” o “ma”».

Giornalista

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