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Opi Taranto su emergenza ospedali e pronto soccorso

di Redazione Roma

Emergenza ospedali e pronto soccorso in Puglia. Con l’estate che sta per concludersi, il presidente dell’Opi di Taranto, Pierpaolo Volpe, si interroga ad alta voce sull’importanza di iniziare a ragionare da subito – senza aspettare l’autunno – sulla modifica dei modelli organizzativi, considerando che nella regione l’organizzazione degli ospedali è ferma agli anni Trenta/Quaranta, ad un modello organizzativo per “compiti”, spiega. Si tratta di un modello “funzionale” che non assicura un’assistenza adeguata. La soluzione? Il presidente Volpe ritiene che non esistano le mezze misure. Piuttosto, l’unica strada per risolvere il “deficit assistenziale” dell’Italia è cominciare a programmare fin d’ora, senza perdere tempo, una riforma “epocale” dell’assistenza sanitaria. Auspicando, in primis, una vera e propria presa di coscienza da parte dei decisori politici regionali e locali.

Puglia, Volpe (Opi Taranto): riformare i modelli organizzativi

Tutto questo a partire dal ruolo, sempre più centrale, che occorre attribuire agli operatori sanitari. E non si tratta di una “semplice” presa di posizione per tutelare la categoria. Basti pensare che nell’ultima edizione della relazione “Health at a Glance: Europe” (“Uno sguardo alla sanità: Europa”), pubblicata nel novembre 2020, l’Ocse dichiara in modo cristallino: Gli infermieri svolgono un ruolo fondamentale nel fornire assistenza negli ospedali e negli istituti di assistenza a lungo termine in circostanze normali, e il loro ruolo è stato ancora più critico durante il Covid-19.

Quali sono le soluzioni, quindi, all’atto pratico? Incrementare fin da subito i posti al Corso di laurea in Infermieristica e porre in essere le basi per una modifica dei modelli organizzativi. E ancora, per quanto riguarda il pronto soccorso si potrebbe applicare il modello del “See and Treat”, in uso in Toscana, che rappresenta un modello di risposta assistenziale alle urgenze minori, mentre in merito all’assistenza ospedaliera si dovrebbe abbandonare il modello funzionale (per compiti) e applicare il Primary Nursing, già in uso in molte realtà nazionali.

Quindi, prosegue il presidente Volpe, l’assistenza di “prossimità”, colonna portante del nuovo Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), dovrebbe sdoganare il modello del Case Management, dove l’infermiere “responsabile del caso” si occuperà della presa in carico “globale” del paziente. Infine per la gestione delle cronicità, la sanità pugliese nonché tarantina non può prescindere dall’applicazione del Chronic Care Model (CCM), un modello assistenziale che non porta più il paziente verso l’ospedale, ma è il sistema salute ad andare verso il cittadino mediante una ramificazione dei servizi sul territorio.

Quindi il presidente dell’Opi Taranto valica i confini regionali, per tratteggiare – numeri alla mano – il quadro nazionale e non. Un focus sulla spesa sanitaria vede l’Italia sempre in coda in Europa – spiega – con una spesa sanitaria (pubblica e privata) pro-capite che, a parità di potere d’acquisto, si attesta nel 2019 a 2.473 euro (a fronte di una media dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico di 2.572 euro) con un gap vertiginoso rispetto ad alcuni paesi di riferimento come Francia e Germania che, rispettivamente, segnano valori di spesa sanitaria pro-capite di 3.644 euro e 4.504 euro. E ancora, gli ultimi dati pubblicati dal Ministero della Salute riportano un’ulteriore diminuzione dei posti letto dal 2017 ad oggi, sia per quanto riguarda gli “acuti” sia i “post acuti” (lungodegenza e riabilitazione), in palese violazione di legge, la quale impone un livello non superiore a 3,7 posti letto per mille abitanti, comprensivi di 0,7 posti letto per mille abitanti per la riabilitazione e la lungodegenza post-acuzie, prosegue. Il riferimento è al Decreto ministeriale n. 70 del 2 aprile 2015: “Regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera”. E i dati in Puglia destano non poca apprensione.

Nel 2017 nella nostra regione il numero dei posti letto per mille abitanti era al limite infermiere in quanto pari a 3,1 posti letto (2,76 per acuti + 0.31 post- acuzie). Oggi la situazione non è affatto migliorata, spiega il presidente Volpe. Quindi conclude, con non poca amarezza: L’Italia è il paese europeo con il più alto numero di medici e quello con il minor numero di infermieri. Oggi invece gli infermieri sono aumentati nell’Ocse, ma non in Italia dove sono sempre 5,7 per 1.000, abitanti contro una media di 8,2, con tutti gli stati del nord Europa al disopra di 10 infermieri ogni 1.000 abitanti e solo alcuni dell’est europeo al di sotto.

Giornalista
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