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Sentenza

Ivrea, tribunale dà ragione a infermiera no vax

di Redazione Roma

Una sentenza del giudice del lavoro dà ragione a un’infermiera 55enne contro l’Asl To4 che l’aveva lasciata a casa senza stipendio dal 4 settembre 2021, dopo che la donna aveva rifiutato di vaccinarsi perché non intendeva firmare il consenso informato. Secondo il giudice, l’Azienda – condannata al pagamento delle retribuzioni mancate e delle spese legali, ricorrerà in appello – non ha valutato di demansionare l’operatrice, magari impiegandola come centralinista.

Tribunale di Ivrea: sentenza a favore di una infermiera no vax

Tribunale di Ivrea

Una sentenza unica nel suo genere quella del Tribunale di Ivrea: lo scorso 15 marzo, dinanzi al giudice del lavoro Magda D’Amelio, l’Asl To4 è stata condannata al pagamento delle retribuzioni mancate e delle spese legali ad un’infermiera 55enne in servizio al presidio ospedaliero di Castellamonte (ora trasformato in poliambulatorio), nel torinese, sospesa dal servizio poiché non vaccinata contro il Coronavirus. La professionista sanitaria, infatti, era stata lasciata a casa senza stipendio dal 4 settembre 2021, a seguito del suo diniego a vaccinarsi (nonostante l’obbligo vaccinale per i sanitari) poiché rifiutava di firmare il consenso informato.

Secondo il giudice, l’azienda sanitaria non ha preso in considerazione di demansionare la donna (rappresentata in aula dagli avvocati Cinzia Persico e Marco Pinato), ad esempio trasferendola al centralino. Sfogliando a ritroso il calendario, la mattina di settembre in cui è stata sospesa – al pari di altri sanitari no vax, da nord a sud Italia – l’infermiera si era effettivamente presentata presso il centro vaccinale situato alla ex Manifattura di Cuorgnè, accompagnata dai suoi avvocati per sostenere che, poiché obbligata a vaccinarsi, non avrebbe sottoscritto il consenso cosicché eventuali danni fossero pagati dal pubblico. A quel punto, il medico vaccinatore si era rifiutato di somministrarle il vaccino e, di conseguenza, era scattata la sospensione dal lavoro senza stipendio. Nel ricorso presentato, l’operatrice ha anche scritto – appunto – della mancata ricollocazione ad un’altra mansione da parte dell’azienda sanitaria, possibilità prevista dal decreto-legge n. 44 del 2021 (Misure urgenti per il contenimento dell’epidemia da Covid-19, in materia di vaccinazioni anti SARS-CoV-2, di giustizia e di concorsi pubblici).

A distanza di sei mesi, l’Asl To4 è stata condannata a pagare all’infermiera le retribuzioni maturate e non percepite dalla data della sospensione a quella della effettiva riammissione in servizio, e a rifonderle le spese legali. Si tratta di una sentenza di primo grado nei confronti della quale la medesima azienda potrà presentare ricorso e che pertanto non passerà in giudicato. Quali i presupposti che potrebbero rappresentare un precedente? La possibilità di rifiutare il consenso informato per le categorie con obbligo vaccinale e l’obbligo di valutazione di altra collocazione per il datore di lavoro. Le motivazioni della sentenza pronunciata dalla giudice D’Amelio si conosceranno tra 60 giorni e in attesa di leggerle, l’avvocato Andrea Castelnuovo – che tutela l’Asl To4 – ha anticipato il ricorso in appello.

Giornalista

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