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editoriale

La narrazione tossica della Sanità

di Giordano Cotichelli

Nel contratto di governo giallo-verde si parla chiaramente di sostegno all’universalismo del welfare, ma c’è il rischio che questa rimanga una dichiarazione fine a se stessa, in quanto, fra tagli e privatizzazioni, fake news e autocura a pagamento, corporativismi di sorta (compreso anche quello piccolo e meschino di alcuni infermieri) e aumento della disoccupazione, dell’inquinamento, della precarietà, dell’ansia, della solitudine, della fragilità sociale in generale, mentre l’unica cosa che diminuirà è la tassazione per i redditi alti (così dicono), parlare di mantenere l’universalismo sanitario in questo paese sembra un po’ come quando si parla di sesso: più se ne parla…

Sulla questione vaccini è ancora battaglia

selfie di di maio con i ministri

Luigi Di Maio e la squadra dei Ministri 5 Stelle, tra i quali Giulia Grillo, ministro della Salute

Non sono passati molti giorni dall’insediamento del nuovo governo e della nuova Ministra della Sanità, che il Dott. Burioni ha lasciato a Facebook il compito di ricordare l’importanza dei vaccini nella prevenzione delle malattie, sottolineando le parole dette dalla neo-Ministra in relazione all’obbligo vaccinale.

In merito ha riportato alcuni dati significativi che mostrano il basso numero di casi di morbillo (ad esempio) in alcuni paesi con copertura vaccinale altissima (75 in Polonia, 19 in Olanda, 6 in Danimarca, 3 in Slovenia e zero in Croazia) o, al contrario, l’alta incidenza dove la copertura è bassa (4448 in Italia, 3243 in Romania, 2400 in Grecia).

Argomenti e cifre incontrovertibili, anche se verrebbe voglia di dire che sembra ancora di essere in campagna elettorale, fra dichiarazioni altisonanti e acide risposte, cui non manca, ogni tanto, l’intervento di qualche ieratico giornalista di turno, incorruttibile ed inamovibile, che con piglio severo ricorda di lasciar lavorare il governo entrante e che tutto questo accanimento, nei confronti degli altri governi, non è stato mostrato in passato. Probabilmente sarà vero.

Sanità, le priorità da affrontare

In relazione alla sanità in questi giorni i commenti - sia alle parole della neo-Ministra, sia in relazione al contratto di governo e alle priorità da affrontare - sono state molte. Personalmente in queste settimane ho cercato anche io di scrivere qualcosa in relazione al paragrafo sulla sanità dell’accordo giallo-verde (le tonalità di colore in realtà sono molto più scure), ma non ci sono riuscito.

Forse la colpa è del fatto che le argomentazioni sono inattaccabili. Forse. O più probabilmente perché nell’arco di pochi giorni si sono elaborate tre diverse e susseguenti versioni e l’ultima, quella di quasi sessanta pagine, sembra quasi un bel Piano Sanitario Nazionale in buona parte già visto tante altre volte.

Vabbè, non sarebbe neanche male, ma c’è qualcosa che rimane sospeso, che non convince. Sembra di trovarsi di fronte ad una narrazione tossica delle questioni legate alla salute pubblica dove alcuni argomenti principi spostano il dibattito da questioni vitali, strutturali e di sistema che dovrebbero, parimenti, essere denunciate con forza.

In questi anni si sono persi migliaia di posti letto, per gli utenti, e di posti di lavoro, per gli operatori. O meglio. I posti letto di degenza pubblica sono stati presi in carico dalla “cronicità privata” e i posti di lavoro sono diventati precari, figli di migliaia di partite IVA aperte per poter essere in realtà un lavoratore dipendente.

Gli ospedali sono stati spazzati via. Chiusi, riconvertiti, accorpati, abbandonati. Le ambulanze non portano più solo pazienti, ma provette di sangue da centri distanti decine di chilometri. Le infinite attese nei Pronto soccorso, ambulatori, studi vari. Si rischia di non finire più e di sciorinare unicamente una lunga lista di lamentele tanto vera quanto inutile e simile a quella che molti professionisti si prepareranno a presentare al nuovo dicastero della salute, pronti a far vedere come con loro le cose miglioreranno a patto che si assumano più infermieri, medici, oss e così via.

A patto che aumentino retribuzioni e riconoscimenti, differenziazioni, comparti specifici, campi di intervento. Tutto vero, tutto giusto, ma allo stesso tempo tutto funzionale ad ingigantire quella narrazione tossica di cui si è detto.

Un vero quadro di cambiamento

Se davvero si vuole presentare un quadro di cambiamento, di interventi validi, di nuove prospettive per la salute, forse basta partire dalle cose semplici, quelle esistenti da più di quaranta anni e che riguardano la legge 833 del ’78 (Servizio Sanitario Nazionale), la legge 180 (assistenza psichiatrica), la legge 194 (IVG).

Nel primo caso basta chiedersi quale prospettiva di ampio respiro dare al sistema senza cadere nelle scusanti facili dell’invecchiamento della popolazione che assorbe molte risorse (anche 40 anni fa si invecchiava, poco e male e si moriva giovani, tanto e malissimo, con costi di risorse sociali ed umani insostenibili), e come evitare parcellizzazioni e sovrapposizioni, o peggio privatizzazioni striscianti, come ad esempio la recente (mini) riforma sanitaria fatta in Lombardia.

Ed ancora. Se sono stati chiusi i manicomi 40 anni fa, ma si continua a contenere, fisicamente e chimicamente, mentre c’è chi vorrebbe il ritorno dell’ospedale psichiatrico, del TSO lungo sei mesi e dell’elettroshock come risposte ad un aumento del disagio psichico nella popolazione da essere proporzionale alla riduzione delle risorse a disposizione dei Dipartimenti di Salute Mentale.

Ed infine la 194, messa in mora continua da attacchi vergognosi che paragonano la libera volontà ad una maternità partecipata al femminicidio, in un paese dove il tasso di obiezione di coscienza troppo elevato sta di fatto cancellando un diritto che, alla fine (evviva!), è stato riconosciuto anche in Irlanda.

Universalismo sanitario, un'utopia?

Certo su questo piano ci sarà qualche problema con il collega neo-Ministro della Famiglia e della Disabilità, antiabortista convinto. Ah! A proposito, che succederà in merito? L’Umea e l’Umee verranno scorporate dalla sanità distrettuale? Alla fine, il rischio di trasformare l’approccio alla disabilità in qualcosa di esclusivo e non inclusivo, è alto.

Come a rischio è la trasformazione della “mission” della salute pubblica italiana sempre più sostenuta da interventi a pioggia, da progetti e prestazioni più che interventi strutturali e servizi.

Vero è che nel contratto di governo giallo-verde si parla chiaramente di sostegno all’universalismo del welfare, ma c’è il rischio che questa rimanga una dichiarazione fine a se stessa, in quanto, fra tagli e privatizzazioni, fake news e autocura a pagamento, corporativismi di sorta (compreso anche quello piccolo e meschino di alcuni infermieri) e aumento della disoccupazione, dell’inquinamento, della precarietà, dell’ansia, della solitudine, della fragilità sociale in generale, mentre l’unica cosa che diminuirà è la tassazione per i redditi alti (così dicono), parlare di mantenere l’universalismo sanitario in questo paese sembra un po’ come quando si parla di sesso: più se ne parla…

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