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Editoriale

I soldi per gli infermieri

di Giordano Cotichelli

Un grande sciopero di infermieri si annuncia per le prossime settimane nel Regno Unito. La piattaforma di lotta riguarda le retribuzioni che continuano ad essere basse. Gli ultimi irrisori aumenti recentemente concessi non riescono neanche a lenire la morsa inflazionistica sui salari. Nulla di nuovo. Chi fa i lavori più faticosi prende da sempre meno di quello che sarebbe necessario per permettergli una vita oltremodo dignitosa al pari di chi fa lavori per niente faticosi, per niente usuranti, ma pagati come lo stipendio di 1000 manuali. Facile abbandonarsi alla retorica quando si parla di salario e di lavoro, ma di questi tempi non basta più neanche quella.

Ancora una volta da oltremanica arrivano importanti lezioni per noi

Le retribuzioni degli infermieri inglesi continuano ad essere troppo basse e non riescono a contrastare l'inflazione sui salari.

Gli infermieri del Regno Unito sono decisi a far valere le loro ragioni ed in tal senso, un segnale forte viene dalla preparazione stessa di questo sciopero annunciato: sono in corso votazioni in tutta l’Inghilterra e il Galles – in Scozia già si è votato, con esito positivo – per decidere se scioperare o meno.

Un dato interessante in quanto uno sciopero non è un obbiettivo, ma uno strumento. Uno strumento di pressione sociale e sindacale per poter ottenere sicurezze lavorative e civili, riprendersi diritti rubati, allargare garanzie negate. La lotta sindacale è uno strumento e come tale viene condizionata dall’uso che se ne fa.

Gli infermieri del Regno Unito ne stanno facendo un uso di democrazia diretta. Partono dalla consultazione generale, dal coinvolgimento dal basso, dalla partecipazione. Non potrebbe essere altrimenti in un paese che ha grandi tradizioni di lotta e di conquiste sociali; ed anche brutte storie di sconfitte sindacali. Basti pensare allo sciopero dei minatori degli inizi degli anni ’80 che si prolungò per oltre un anno (marzo 1984-marzo 1985) contro la chiusura di venti giacimenti carboniferi voluta da Margareth Thatcher.

La premier (o il premier, non so) non concesse nulla, forte del consenso popolare conquistato con l’obiettivo patriottico della vittoriosa – e vergognosa – Guerra delle Falkland appena due anni prima. Eh la patria! Ogni volta che viene chiamata in causa le classi più povere ci rimettono sempre.

Sarà dura per gli infermieri inglesi riuscire ad ottenere quanto richiesto, che del resto non riguarda unicamente la parte monetaria, ma mette in luce le difficoltà decennali di un agonizzante NHS, il servizio sanitario pubblico d’oltremanica. Sarà dura anche perché, come riconosce Sharon Graham – segretaria generale del sindacato Unite, la forte componente di genere influenza il peso delle trattative dove la professione infermieristica, declinata al femminile appunto, viene vista in grado di sopportare – e di dover accettare – ogni tipo di sacrificio, dalla componente di genere, maschile, in cui ogni potere è solito declinarsi (anche quando c’è una donna al comando).

Sarà dura per le colleghe. Molto dura. Ma hanno delle buone carte da giocare: la solidarietà di classe, l’identità professionale, la giustizia sociale che chiama in causa una lotta che non deve certo coinvolgere i pazienti, cui saranno garantiti i servizi necessari. Si lotta anche per loro perché sono i primi che stanno pagando il peggioramento del servizio sanitario.

E compare così una dimensione etica in cui la rivendicazione e la protesta, la pressione e il cambiamento non possono costruirsi sulla pelle degli altri. A differenza di chi, come nel Bel Paese, fa la voce grossa, con la pancia piena e al caldo, sulla pelle di un pugno di diseredati in balia delle onde presentati come una minaccia, come un esercito invasore. Il Grande fratello di Orwell non è solo in tivù e quest’uso disonesto della narrazione distorta della realtà va molto oltre la menzogna, è la neolingua del Palazzo.

Insomma, ancora una volta da oltremanica arrivano importanti lezioni per noi, un paese in cui le rivendicazioni sindacali ormai da tempo non passano per la legittimazione dei lavoratori. Dove la costruzione delle piattaforme di lotta e gli obiettivi da conquistare non sono definiti a partire dai bisogni espressi dal basso, ma filtrati dalle segreterie sindacali, di partito e di mercato.

Intendiamoci. Non si vuole sparare a zero, in maniera fine a sé stessa e qualunquistica sui sindacati. Per carità, per quello ci sono già fior fiori di imbonitori televisivi che lo fanno, voltando lo sguardo da un’altra parte quando una sede sindacale viene devastata dall’azione impunita di qualche squadrista. No, niente di tutto questo. Si vuole proprio puntare il dito verso una politica concertativa fallimentare che ha portato ad una perdita progressiva del potere contrattuale della classe lavoratrice.

Se siamo uno dei paesi d’Europa in cui i salari sono tra i più bassi, la colpa è solo dei soliti cattivi padroni? Qualificare come importanti e significativi aumenti delle pensioni degli italiani, recentemente approvati, che vedono un aumento netto di 39 € per le pensioni da 525 e 722 € al mese, mentre per chi ne percepisce 2.838 l’aumento sarà di 171 €, proporzionalmente più basso rispetto all’aumento citato per le pensioni più basse: il 6,02% contro il 7,42%, ma se si valuta il quadro economico sotto un’altra luce si scopre che l’aumento operato per i redditi già alti rappresenta in realtà il 32% delle entrate mensili dei redditi più bassi. Una grande conquista, non c’è che dire!

Ed allora non resta che guardare a ciò che avviene al di là dei confini patri per capire cosa necessita agli infermieri italiani. Lotte forse? Diritti certamente! Da esigere con metodi democratici e partecipativi per cogliere obiettivi ampi che vadano oltre l’elemosina di qualche spicciolo in busta paga.

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