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Sta per diventare papà, ma gli negano il nullaosta

di Leila Ben Salah

Un nullaosta negato, un figlio in arrivo dall’altra parte dell’Italia, un lavoro fisso sì, ma che imprigiona al nord e separa una famiglia sul nascere. È la storia di Vittorio Appeso, infermiere, che dice di sentirsi frustrato, umiliato, incompreso e trattato come un prigioniero.

Vittorio: Quel nullaosta negato, mi imprigiona al nord

burnout

L'infermiere si sente intrappolato in un lavoro lontano dalla famiglia

La storia di Vittorio Appeso inizia alcuni anni fa quando vince un concorso come infermiere. Finalmente il posto fisso, quello tanto sognato. Dovrà però lasciare il suo paese, emigrare al nord. Ma Vittorio non ci pensa due volte. Qualcuno dirà: "Ok, ma sei voluto andare tu via al nord” – dice l’infermiere -, ma qui non si parla di volontà, ma di costrizione. Costrizione per via di un Paese in cui nel 2018 c’è ancora differenza tra nord e sud. Un Paese dove se nasci a sud sei meno fortunato di chi nasce a nord. Ho voluto fortemente un futuro stabile per me e la mia famiglia, ma mai mi sarei aspettato che questo comportasse poter rinunciare alla famiglia stessa e a passare una vita solo di rinunce, sacrifici e delusioni.

Non c’è solo la nostalgia di casa nelle parole del giovane infermiere, ma anche la delusione profonda di chi sa che dovrà passare i prossimi mesi lontano dal figlio, senza vederlo crescere. Vittorio infatti sta per diventare padre e anche per questo ha richiesto il nullaosta per un trasferimento in comando e finalmente tornare a sud.

La mia azienda mi ha negato il nullaosta che mi avrebbe dato la possibilità di tornare a casa – racconta -, ma soprattutto di tornare dalla mia compagna, che è in attesa di un meraviglioso bambino, mio figlio. Vivo una situazione devastante. Sicuramente come me tanti colleghi, chi con la stessa, chi con problematiche similari. Capisco che le aziende debbano pensare al budget, alle risorse e quant’altro, ma dietro ai numeri di matricola ci sono degli operatori qualificati, e dietro questi operatori ci sono uomini e donne che hanno una vita, una famiglia e vorrebbero gioire anche al di fuori del lavoro. La legge 114 del 2014 non è stata solo un ostacolo alla mobilità, ma un vero e proprio ostacolo alla tutela della vita di un dipendente. Quindi quando l’azienda di appartenenza ti nega qualcosa, deve prima pensare ai danni collaterali che il diniego provoca sul dipendente, una persona che oltre a garantire un servizio per la stessa azienda nel miglior modo possibile, è anche il protagonista di una vita che nessuno può rovinare.

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