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Infermieri, gara all'ago più grosso: sospeso medico che denunciò

di Redazione

In chat gli infermieri si sfidavano a chi incannulava "più arancioni"

Nel vicentino, un gruppo di infermieri si sfidava su una chat a chi inserisse l'ago più grande nelle vene dei pazienti; "era solo un gioco", si sono difesi. Intanto Vincenzo Riboni, il primario che denunciò "lo scherzo", è l'unico a pagare: sospeso, senza stipendio, fino al 2 ottobre.

Vincenzo Riboni

Vincenzo Riboni

A quel punto, come si legge sul Corriere della Sera, i vertici dell’Ulss6 di Vicenza vorrebbero tanto accettasse il premuroso «consiglio» di smaltire le moltissime ferie arretrate accumulate, come ha ricordato difendendolo a spada tratta il sindaco berico Achille Variati («Non c’è sabato o domenica che non sia al suo posto in Pronto soccorso per seguire i malati») per poi «serenamente» avviarsi verso la pensione.

Il guaio è che lui non ci sta, a fare il becco, bastonato e contento. E con l’appoggio di mezza città si è rivolto infine alla magistratura per riproporre la domanda centrale: è «normale» che dei medici e degli infermieri, alle prese con un lavoro come quello del Pronto Soccorso, molto pesante anche per il «carico di lavoro» psicologico quotidiano, smaltiscano le tensioni dando vita via chat a una gara sugli strumenti usati in corsia?

I sospetti iniziano il 3 dicembre 2015, quando compaiono alcuni nuovi messaggi sui profili WhatsApp utilizzati da una sessantina tra medici e infermieri del San Bortolo. La chat, attiva da mesi, si chiama “Gli amici di Maria” e già da questo si intuisce la presa in giro: Maria è il secondo nome di Riboni. A gettare il sasso è un’infermiera: “Come va la sfida grigi contro arancioni?”. Si parla del diametro delle cannule per infusione venosa: grigio quella più sottile, arancio quella del diametro maggiore, potenzialmente più dolorosa per il paziente. Il resto è cosa nota. Un infermiere rivendica: “Due arancio, uno grigio”. Un medico rilancia: “Infilato un arancio or ora”. E così via. Con tanto di tabellone con il punteggio.

Informato dell’andazzo ai primi di gennaio del 2016, al ritorno dalla Sierra Leone dove aveva riaperto la sala operatoria dell’ospedale di Lunsar (151 posti letto per mezzo milione di persone) chiuso l’anno prima a causa dell’epidemia di Ebola che aveva ucciso in poco tempo tredici medici e infermieri, Riboni resta basito.

Nero su bianco, una lunga serie di dialoghi demenziali pubblicati poi dal Giornale di Vicenza. Scandalizzato, Riboni denuncia «il coinvolgimento dei soggetti convocati in un dialogo per iscritto durante l’attività di servizio che evidenzia una intollerabile e inaccettabile e riprovevole strumentalizzazione dei pazienti nell’esercizio della professione». Certe ammissioni imbarazzate finiscono a verbale. E così il giudizio finale: «Non c’è giustificazione che tolleri superficialità, scherzi, battute e quant’altro». Di più: «Gli eventi sono stati realizzati a seguito di una strategia che testimonia l’intenzionalità dei comportamenti a danno del paziente, come evidenziato dalle carte allegate alla presente».

Il Nursind, sindacato autonomo degli infermieri, dice la sua: la riunione è stata registrata, le cose dette non erano proprio quelle messe a verbale, piuttosto va denunciato il primario. Il quale da accusatore, guarda un po’, si ritrova accusato. E mentre scade il contratto del medico in prova che aveva rivelato la suddetta «gara degli aghi», i partecipanti alla chat incriminata vengono uno a uno trasferiti senza chiasso ad altri reparti e lo scandalo evapora.

In parallelo, crescono le polemiche sindacali contro il medico. Non troppo amato, si dice, perché «è uno che non le manda a dire e per difendere un principio, in un luogo nevralgico come il Pronto Soccorso, può litigare con tutti». Un uomo di carattere, diceva Jules Renard, «non ha un buon carattere». Meglio i mediatori. Tanto più se possono ridurre gli attriti sindacali.

Cosa saranno mai, delle battute sulle cannule… Fatto sta che alla fine di vari mesi di tira e molla, con il sindacato sempre più duro, l’unico a essere punito è il medico. Quello che aveva piantato un casino su quelle chat vergognose. Sospeso dal ruolo e dallo stipendio, come dicevamo, per dieci giorni. C’è chi dirà: una sanzione minore. No.

Infatti Andrea Bottega, il segretario di Nursind, si è precipitato a sentenziare: «La vicenda era inventata e la gara mai avvenuta, ora è dimostrato. I fatti si basavano su dichiarazioni false». E ancora: «Adesso chi pagherà i danni di immagine al Pronto soccorso, all’ospedale San Bortolo e all’intera città?».

Come se i «danni di immagine» non fossero stati fatti da chi, mentre i pazienti feriti, infartuati o fratturati si accalcavano dolenti nelle sale d’emergenza, stava lì a scherzare, ridere e scambiarsi faccine di emoticon. Sconcertante. Come sconcertanti sono le archiviazioni per i cinici «goliardi» e i richiami a due colpevoli solo d’aver chattato in servizio.

Dice tutto il procedimento disciplinare contro un infermiere, dove la gara smascherata viene liquidata come «uno sviamento dall’attività istituzionale e un uso improprio del telefono cellulare personale, che in costanza di servizio dovrebbe essere utilizzato solo per le emergenze e non per attività di svago, come lo scambio in una chat privata di messaggi e di immagini dal contenuto futile, di dubbio gusto e lesivo della dignità dei pazienti». Rileggiamo: «futile». Come se non fossero un’aggravante, i futili motivi.

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