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Infermiera libero professionista e senza futuro

di Redazione

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Lavoro in libera professione, come tanti altri giovani infermieri. E voglio raccontarvi la mia storia, perché moltissimi sono nella mia situazione e nessuno ne parla mai. Siamo inseriti in un sistema che non funziona e non ci mette nelle condizioni di lavorare dignitosamente né serenamente. Veronica lavora in media dieci ore al giorno, con picchi di 14, ma – assicura - so che c’è chi ne fa anche di più. Ci pagano a prestazione – spiega – ma chiedono la presa in carico completa del paziente.

La giornata di Veronica, correndo da un paziente all’altro, a sue spese

ragazza triste

La mia giornata inizia sempre con la sveglia alle 6.15. Come tutti, mi tiro faticosamente fuori dal letto e per le 6.50 esco di casa. Mi reco al domicilio di qualche persona anziana a effettuare un prelievo del sangue, e poi vado al mio primo lavoro: il centro prelievi di cui sono l’unica prelevatrice. Fino alle 9.30/10 (il sabato anche fino alle 11), sono impegnata lì. Poi mi metto in macchina e inizio il mio secondo lavoro: l’Assistenza domiciliare integrata. Come funziona? Beh, ho in carico un numero indefinito di pazienti e vengo pagata a “prestazione”. Che la prestazione duri 20 minuti o un’ora l’importo è ovviamente lo stesso: non esistono gli straordinari in questo lavoro. Lo faccio da tre anni ormai, e ho visto variare degli importi da 8 euro a 18 euro lordi a seconda della cooperativa/onlus con cui si lavora. Nessuna spesa è compresa e ti puoi ritenere fortunato se hai i pazienti entro 20 km da casa.

Io sono fortunata, e faccio solo un pieno di benzina a settimana. Per arrivare a questo, mi ci sono voluti tutti i tre anni di lavoro. Sono stata addirittura in una cooperativa che ha cercato di darmi un paziente a Cinisello Balsamo, uno a San Donato, uno a Lambrate e uno a Certosa. Chi è di Milano può capire facilmente che, con l’importo dell’accesso, non avrei coperto neanche le spese della benzina.

Ci pagano a prestazione, ma chiedono la presa in carico completa del paziente. Il che è anche logico, perché il territorio italiano è completamente sguarnito a livello sanitario. I miei pazienti sono tutti invalidi al 100%, hanno delle piaghe spesso molto difficili da guarire e situazioni cliniche decisamente complesse. Il medico di base tipicamente è poco presente - del resto hanno moltissimi pazienti e certe volte dovrebbero avere il dono dell’ubiquità per seguirli tutti - e le situazioni più difficili da gestire sono affidate alle badanti. Così la maggior parte di noi salta da un paziente all’altro, cercando di risparmiare il materiale che manca sempre, di far contenti i parenti arrabbiati o preoccupati, e di andar d’accordo con le badanti in modo che facciano quello che chiediamo.

Ci prepara a questo l’università? No. Nel modo più assoluto, nonostante sia il lavoro più semplice da trovare per i giovani

Spazio in ospedale ce n’è poco, ognuno si arrangia come può per guadagnare quei quattro soldi che gli servono a tirare avanti. Quattro soldi che oltretutto non arrivano mai puntuali. Il record del ritardo per me è stato di quattro mesi. Sì, quattro mesi senza stipendio, ma so che qualcuno se la passa anche peggio.

La domanda a cui non riesco a rispondere e che vorrei porre a tutti voi è:

Se questa è la gavetta che dobbiamo fare, qual è la confortante prospettiva futura a cui dovremmo guardare?

Veronica, infermiera libero professionista

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Commenti (1)

brusati

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10 commenti

Come lavoro a domicilio

#1

Come Veronica anche io lavoro "al domicilio" dei pazienti.
Con qualche differenza.
Io non sono neo laureato, ho quasi 54 anni. Ho intrapreso la libera professione a seguito di bornout che nemmeno l'aiuto dello psicologo ha potuto risolvermi.
Dopo alcuni anni lavorati di fatto come dipendente, nel 2013 la struttura ha pensato bene di sciogliere il contratto unilateralmente due mesi dopo il rinnovo automatico annuale. Per assumere colleghi più giovani e retribuirli con una paga inferiore rispetto alla mia di un euro ora (io 18, i nuovi 17, anche se ho sentito che gli ultimi ultimi prendono solo 16!). Lordi.

Anche per me la giornata è sovente intensa. Inizio sempre tra le 6:30 e le 7:00 con prelievi domiciliari. A cui seguono le altre attività presso i pazienti passatimi dai medici di famiglia: iniezioni, flebo, qualche medicazione. Le LDP cerco di passarle all'ADI: il motivo principale è che non faccio spendere soldi alle famiglie, ma soprattutto evito lo spreco di materiale.; infatti, come ben sapete anche meglio di me, le LDP hanno la pessima abitudine di cambiare repentinamente ed il materiale utilizzabile ieri non è più adatto oggi, quello di oggi non andrà più bene domani. In questo modo, mi tolgo una preoccupazione anche legale, mi evito perdite di tempo a seconda della complessità.

io non lavoro (e piuttosto vado a lavare piatti in ristorante o a fare le pulizie) e non lavorerò MAI per una cooperativa. Sarei guidato da persone che non capiscono niente di sanità, loro girano col Porshe Cayenna ed io non riesco ad arrivare a fine mese.

Per arrivare ad avere i clienti che ho oggi, ho impiegato quasi tre anni. Vero che a collaborare attivamente è praticamente un medico e mezzo (uno mi fa lavorare quasi ogni giorno, l'altro occasionalmente) mentre tutti gli altri medici del distretto in pratica mi ignorano. Anche le farmacie non mi sono di molto aiuto. Le due farmacie dove acquisto materiale passano clienti, ma le altre 5...