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Un milione di euro per assistere gli infermieri in difficoltà

di Leila Ben Salah

Circa un milione di euro. Ecco quanto l’Enpapi potrebbe recuperare dalla tassa sulla spending review “ingiustamente” versata allo Stato. Tutti soldi che la cassa previdenziale vorrebbe utilizzare per l’assistenza agli iscritti più in difficoltà.

La sentenza della Corte Costituzionale che cambia le carte in tavola

Mario Schiavon presidente Enpapi

Mario Schiavon presidente Enpapi

Dal 2012 i soldi derivanti dalla riduzione dei costi degli enti di previdenza privati e privatizzati venivano tassati, prima del 5% e poi del 15%. In pratica, gli enti tagliavano e risparmiavano e poi sul gruzzolo accumulato nell’anno dovevano prelevare una bella somma che finiva in tasca allo Stato. Da quest’anno la Corte Costituzionale, con la sentenza 7/2017, ha detto basta. La Consulta si è espressa in difesa dell’autonomia delle casse e di fatto ha dato il via libera agli enti per poter riavere indietro i soldi.

Nel caso dell’Enpapi parliamo di circa 200mila euro l’anno versati dal 2012 ad oggi. In pratica, facendo un rapido calcolo, circa un milione di euro. Non so se recupereremo tutto - dice Mario Schiavon presidente dell’Enpapi -. Ci sarà un confronto con i ministeri e ci saranno delle disposizioni da seguire. Intanto però ribadiamo che noi siamo stati sempre contrari a pagare questa tassa. Siamo privati sotto il profilo gestionale e autonomi sotto il profilo finanziario. Questo perché i soldi che noi abbiamo li riceviamo dai nostri iscritti e con questi dobbiamo dare assistenza. Se siamo autonomi sotto tutti i profili è anche vero che dovremmo avere la possibilità di gestire al meglio le risorse a favore dei nostri iscritti. Forse i governi nel tempo sono andati un po’ oltre nei rapporti con le casse.

Ma adesso la musica cambia. E Schiavon ha già in mente che cosa fare con quei soldi, non appena torneranno a disposizione. Assistenza, assistenza, assistenza - dice -. Abbiamo un fondo assistenza che va a soddisfare le domande degli iscritti. Le priorità sono per le persone maggiormente in difficoltà economica, per le malattie e per gli orfani. Nel tempo i redditi dei professionisti della sanità sono calati e non di poco. Dai 30 mila euro l’anno di fatturato dichiarato nel 2008, ad oggi si arriva a malapena ai 25 mila euro. Senza considerare altre forme di lavoro autonomo, come i voucher, che spesso mascherano lavoro dipendente a tutti gli effetti. Su questo punto - dichiara Schiavon - siamo stati sempre chiari: i voucher non sono ammissibili. E poi ci sono i giovani neolaureati costretti ad andare a lavorare magari nelle case di riposo private a cinque euro l’ora e finire pure nella turnazione notturna.

Purtroppo - dice Schiavon - l’effetto della diminuzione dei redditi è dovuto proprio all’entrata di tanti giovani nel mondo del lavoro con un reddito davvero basso.

Insomma i redditi dei libero professionisti tendono ad andare sempre più giù, i giovani hanno sempre più difficoltà ad avere compensi dignitosi. E allora l’Enpapi può essere un’ancora di salvezza per molti. Negli ultimi anni - dice Schiavon - siamo passati dai 200 mila euro l’anno destinati all’assistenza a quasi tre milioni di euro l’anno. E parliamo di assistenza in termini di malattia dopo 30 giorni, interventi di stato di bisogno fino a 12 mila euro l’anno, mille euro al mese che diamo ai bambini orfani, 500 euro al mese a chi ha un portatore di handicap in casa. Tutti interventi che possiamo arricchire se avessimo la disponibilità finanziaria.

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