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Ortografia minimale

di Nunzio Santini

Una carrellata di errori ortografici più comuni che si incontrano leggendo testi. Non vuole essere un trattato di grammatica: solo una collezione grossolana degli errori di ortografia più comunemente incontrati leggendo il web.

legilo

Sempre più spesso nell’italiano scritto l’errore di ortografia si incontra più facilmente. Mentre se per Facebook e Twitter la scusa è la fretta nello scrivere, nei testi di articoli pubblicati online tale scusa pare campata in aria. Nel pc, qualsiasi programma di scrittura che si degni del nome di worprocessor ha la capacità di correggere o segnalare tali errori: usateli per le vostre bozze. Altri si difendono dicendo che la tastiera da cui scrivono non prevede le vocali accentate, ma anche questa o è una scusa o è poca conoscenza del mezzo. Nella tastiera virtuale dello smartphone o del tablet basta toccare il tasto una frazione di secondo in più per vedere apparire tutte le grafie disponibili per quel tasto; ad esempio toccando la a più a lungo verranno fuori tutti i possibili accenti, anche quello scandinavo å. Quindi niente scuse. Infine, non ho seguito un ordine strutturato nell’elencare gli errori, sono descritti alla rinfusa. Prima di cominciare voglio ricordarvi che la corretta scrittura dà dignità a ciò che scrivete,  l'errore sminuisce il messaggio. Cominciamo…

 

«Amore torna presto, ho voglia di tè»
«Amore torno domani; le bustine sono nel pensile a fianco allo scolapiatti, intanto preparatelo da solo»
Come un accento non dovuto può rovinare un momento romantico.
“Tè” e “te” sono due cose diverse; l’uno si sorseggia caldo accompagnato da un biscottino, l’altro è un pronome. E non lasciatevi prendere da esotismi vari che vi portino a scrivere “the”, non è italiano ed è un errore di ortografia.

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“Ne” e “né”
«se continuiamo così ne usciamo bene»
«non ha mangiato dormito» in questo caso ha funzione di “nemmeno”. La forma “nè” è un errore di ortografia

«Se fossi giunto in tempo l’avrei incontrata»
«prese un abito per » oppure «prese un abito per se stessa»
“se”, “sé” e “se stesso” il primo è una congiunzione, il secondo un pronome riflessivo che perde l’accento quando accompagnato da “stesso”. Mi è capitato di leggere anche «... quella dell'infermiere è una professione sanitaria assestante...» verbo assestare che è fuori luogo nella frase, è corretto  «... quella dell'infermiere è una professione sanitaria a sé stante...»

«Aldilà della foresta c’è una radura calma, quasi paradisiaca» E lo credo! Facendo i dovuti scongiuri è meglio scrivere «Al di là della foresta c’è una radura calma, quasi paradisiaca»

«Si capirono da uno sguardo» preposizione
«Vieni, da’ uno sguardo a queste carte» verbo dare, imperativo seconda persona, è il troncamento di dai
«Luigi uno sguardo alle carte e capisce… » verbo dare indicativo presente terza persona.

 

«Sempre più spesso si vuole viaggiare» pronome riflessivo
«Sì, vuole viaggiare» affermativo con l’accento e sempre seguito dalla virgola.
«Vieni stasera?» «Sì, sarò puntuale»

 

Esistono trattini differenti: l’uno è corto e unisce, associa: “zoo-safari”, “socio-economico”; un altro è più lungo (in editoria si chiama trattino N, cioè occupa lo spazio di una N maiuscola) e in genere è usato per immettere un inciso nella frase e può essere usato al posto delle parentesi tonde: «Giovanna – la cameriera della pizzeria – ha avuto una bambina» o anche come inizio riga per elenchi puntati; infine c’è il trattino M (che è ancora più lungo perché occupa lo spazio della M maiuscola) e generalmente viene usato a inizio riga nei dialoghi tra i personaggi di un romanzo al posto di « (virgolette all’italiana)
— Quando sei arrivato?
— Ieri, nel tardo pomeriggio

La d eufonica (ad, ed, od) andrebbe sempre omessa, ma lo dice lo stesso prefisso eu- che significa buono in questo caso “buon suono”. Il mio consiglio: evitatela e leggete la frase, se suona male aggiungete la d. «Leoni e elefanti» «vado a Ancona» «burro o olio» non suonano poi così male, potrebbero stare senza d. Da evitare quando le due vocali che si incontrano sono diverse «medici e infermieri», «partecipai a una festa». Conclusione: evitate la d, affidatevi alle vostre orecchie, se proprio stona, mettete la d. Mettere la d non è errore, ma un suo abuso diventa ridondante.

I nomi dei mesi e dei giorni della settimana vanno scritti sempre in minuscolo: «fu lo scorso aprile», «si sposerà il 23 giugno», «l’incontro è martedì».

I numeri vanno scritti in cifre solo se si sta scrivendo di materie tecniche per indicare misure o quantità di vario genere. Negli scritti di tipo letterario è preferibile scrivere i numeri a lettere. Questa regola vale per numeri piccoli o comunque brevi nella scrittura: due, otto, dieci, cento; cambia già se devo scrivere duecentoventicinque, è meglio 225; “concorso per tre infermieri” “Sette pazienti hanno avuto…” “3.800 pazienti su 5.000 hanno riportato…”

 

Un po’. Errato l’uso di “ un po ” e di “un pò”. Po’ è l’abbreviazione di poco.

E ancora: non si scrive “egli fà” ma “egli fa” terza persona indicativo presente; mentre “sbrigati, fa’ presto!” è corretto perché è l’elisione di fai, verbo fare imperativo.

Anche “io dò per scontato…” è errato, do non deve essere accentato.

Infine, non tutti sono bravi come voi, evitate vocaboli poco usati o usati solo in contesti specifici, chi legge deve capire subito, non deve ricorrere al vocabolario a ogni frase.

Gli errori di ortografia sono come i virus: si diffondono rapidamente. E se fai notare a qualcuno che ha fatto l'errore ti assale, ti offende; in qualche raro caso ti chiede di collaborare!

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