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Testimonianze

Ho scelto il velo, ma questo non mi impedirà di diventare Oss

di Paola Botte

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Ho scelto di indossare il velo, ma non per questo rinuncio alla mia passione. Pedoua ha solo 18 anni, eppure la sua determinazione per diventare OSS è forte. È arrivata in Italia nel 2007 dalla Tunisia insieme alla famiglia e da allora si è avvicinata molto alla cultura occidentale, senza dimenticare però le sue radici.

Pedoua e il sogno di diventare Operatore Socio Sanitario

Ho vaghi ricordi della mia vita a Tunisi, ero molto piccola quando ci siamo trasferiti in Italia. Non ricordo esattamente come si vive lì, però una cosa la so: alle donne non è permesso toccare gli uomini, neanche sfiorarli.

La cultura che c'è dietro il velo non fermerà il sogno di Pedoua di diventare Oss

Sebbene da dieci anni viviamo in provincia di Lodi, sia io che le mie sorelle siamo cresciute con questa mentalità, che non vogliamo rinnegare, ma che vivendo in occidente si è trasformata in un problema. Ogni tipo di lavoro infatti prevede un contatto più o meno diretto con l'altro sesso. Per esempio, diversi anni fa frequentavo la scuola di cucina, però lavoravo prevalentemente con uomini e quindi ho dovuto abbandonare, perché mi sentivo in colpa nei confronti di mio padre e della mia comunità.

Subito dopo ho iniziato un'esperienza al bar, dove il contatto con il sesso maschile era maggiore e quindi presto ho lasciato perdere anche lì. E così altri due, tre lavori. Finché mi sono detta che il fatto di indossare il velo, scelta che ho fatto volontariamente senza nessuna costrizione da parte della mia famiglia, non doveva precludermi la possibilità di lavorare, di imparare una professione che mi avrebbe reso felice e indipendente.

Nel frattempo, l'anziana vicina di casa di Pedoua, si ammala e chiede a sua madre se una delle sue sorelle o lei stessa avrebbero potuto darle una mano in casa. In pochi giorni, la ragazza parla con la sua famiglia e decide di offrirsi per questo lavoro.

Penso che la passione per l'assistenza alla persona sia nata da quell'esperienza. Curare qualcuno che sta male, fargli compagnia, rendere il suo ambiente più agevole alle nuove esigenze dettate dalla malattia, sono cose che adesso studio al corso di ASA, ma che ho imparato direttamente sul campo.

Se entro in un ospedale in Italia so che troverò qualcuno a sorridermi, se entro in un ospedale in Tunisia mi sento già un peso, senza aver chiesto nulla

In mancanza di un diploma di maturità, Pedoua ha dovuto prima frequentare il corso di ASA. A luglio, quando completerà questo percorso, inizierà la nuova formazione come OSS.

In questo momento sto facendo il tirocinio insieme a mia sorella più piccola che però studia come OSS. Quando ci hanno viste arrivare con il velo in testa, tutti ci hanno posto le stesse domande e cioè come avremmo fatto a fare l'igiene agli uomini, vista la nostra religione.

Mia sorella inizialmente preferiva uscire dalle camere e questo faceva infuriare qualche OSS, che non ammetteva che una studentessa potesse rifiutarsi di svolgere mansioni base come l'igiene. Io invece non mi sono mai posta dei limiti e da subito mi sono adattata. Ho iniziato facendo l'igiene a uomini e donne indistintamente, perché so che in futuro sarà quello il mio lavoro. Non nego che abbiamo parlato tanto in famiglia prima di arrivare a questa decisione. I miei genitori, che inizialmente non erano d'accordo - e forse anche per questo mia sorella ha reagito così alla sua prima giornata di tirocinio - si sono poi convinti che si tratta di un lavoro come un altro.

Non c'è nessuna malizia in quello che facciamo, anzi prestiamo la nostra professionalità per aiutare le persone malate e mi sento fortunata quando penso di avere una famiglia molto ragionevole che si è integrata così bene. Quando torniamo a Tunisi per le vacanze, mi rendo conto di quanti passi ancora debba fare il mio Paese verso l'emancipazione, ma prima di tutto verso un'assistenza alla persona più professionale e più sentita.

Se entro in un ospedale in Italia so già che troverò qualcuno pronto a sorridermi, se entro in un ospedale in Tunisia mi sento già un peso, senza neanche aver chiesto nulla. Ed è per questo che penso che ancora prima di lottare contro il fondamentalismo religioso, bisogna diffondere la "cultura del prossimo", cambiare atteggiamento verso le persone bisognose di cure.

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