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area forense

I reati infermieristici depenalizzati dal governo Renzi

di Mauro Di Fresco

responsabilità infermieriLa legge 28 aprile 2014 n. 67 intitolata: “Deleghe al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio. Disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili”, promulgata dal Presidente della Repubblica, stabilisce che il Governo dovrà adottare almeno un D.Lgs. diretto a riformare il sistema delle pene (si badi bene, non dei reati che rimangono inalterati), attenendosi a determinati criteri e principi contenuti nella stessa legge delega.

A noi infermieri interessa in particolar modo il paragrafo “m” del comma 1 dell’art. 1 di questa legge che permette al Governo, attraverso il D.Lgs. all’uopo redatto, di eliminare la sanzione detentiva dei reati puniti, al massimo della pena a 5 anni, mantenendo però la sola pena pecuniaria già prevista per lo specifico reato oppure da creare ad hoc (cosa che nel decreto non è stata fatta) se il reato è punito con la sola reclusione.

La depenalizzazione, cioè l’eliminazione del carcere per alcuni reati punibili edittalmente fino a 5 anni, si potrà attuare solo se l’offesa che si arreca alla vittima risulterà particolarmente tenue (moderata, poco lesiva), se il reo non è abituato a tale condotta penale (poi vedremo cosa significa) e se non vi sarà pregiudizio per l’eventuale azione civile diretta al risarcimento del danno.

Sull’abitualità del reo alla condotta penale, soccorre l’art. 102 C.P. che definisce tale il condannato ad oltre 5 anni di carcere per aver commesso almeno 3 delitti non colposi (cioè dolosi) della stessa indole, commessi separatamente nel tempo ma in un arco di 10 anni, oltre colui che è stato condannato per un successivo delitto non colposo, sempre della stessa indole ma commesso entro 10 anni successivi dall’ultimo reato.

Oltre alla abitualità legislativa, si deve aggiungere l’abitualità giudiziaria, regolata dall’art. 103, comminata dal giudice quando il reo è condannato per 2 delitti non colposi oppure quando il giudice, valutando alcuni criteri stabiliti dall’art. 133 C.P., ritiene che il colpevole sia dedito al delitto.

A distanza di circa 8 mesi, il Governo ha attuato il paragrafo m del comma 1 dell’art. 1 succitato, emanando nel Consiglio dei Ministri n. 40, le Disposizioni in materia di non punibilità per particolare tenuità del fatto o

irrilevanza del fatto.

Diversamente dalla inoffensività del fatto (art. 49, comma 2 C.P.) che non realizza il reato per mancanza di un elemento essenziale, la tenuità del fatto, già in uso nel sistema penale minorile, è da ritenere non punibile in ragione dei principi generalissimi di proporzione e di economia processuale.

La disciplina della non punibilità per tenuità del fatto, sarà contenuta nel nuovo articolo 131bis, nel Titolo V del Libro I e del suo Capo I del Codice Penale.

L’intensità del dolo ovvero della volontà di nuocere e l’abitualità del reo, valutata come pericolosità sociale dell’agente, non permetteranno l’applicazione del nuovo 131bis.

Abitualità non significa occasionalità, quindi se il reo è dedito a condotte criminali reiterate nel tempo, non si potrà applicare la regola della non punibilità e dovrà essere punito come normalmente prevede il Codice.

In poche parole l’art. 131bis agisce come una scriminante che alleggerisce la pena di chi non ha causato lesioni o danni importanti e, nel contempo, non vive di criminalità, ma, si badi bene, il reato rimane invariato nella sua formulazione e nella sua pena edittale originaria.

Secondo il preambolo del Governo, la depenalizzazione di questi reati aiuterà il reo a non sopportare il peso anche psicologico del processo a suo carico e anche per tale motivo in fase di indagine il G.I.P. potrà archiviare il procedimento per cause di non punibilità ai sensi dell’art. 131bis.

 

In particolare, per la questione che a noi interessa, il P.M. che chiede l’archiviazione ai sensi dell’art. 131bis, deve darne comunicazione sia all’infermiere indagato che alla persona offesa (comunemente il paziente o i parenti) i quali potranno prendere visione degli atti e presentare opposizione al G.I.P. entro 10 giorni dalla comunicazione, censurando il merito della richiesta di archiviazione cioè la tenuità del fatto, ognuno per la propria tesi pro e contro.

La semplice presentazione dell’opposizione determina l’udienza in camera di consiglio all’esito della quale il giudice potrà pronunciare l’archiviazione dopo aver sentito l’indagato e l’offeso, eventualmente comparsi.

In mancanza dell’opposizione il giudice deciderà se archiviare o restituire gli atti al P.M. per una proroga di indagini o per l’imputazione.

La causa di non punibilità potrà essere dichiarata d’ufficio in ogni stato e grado del processo ed anche il G.I.P. potrà emettere sentenza predibattimentale di proscioglimento per tenuità del fatto, previa audizione della persona offesa, sempre autorizzata a contestare il merito delle condizioni di tenuità (facoltà già garantita anche davanti il G.U.P.).

La questione etica degli infermieri riguarda solo la procedura disciplinare che però, si ricorda, ai sensi dell’art. 55ter, D.Lgs. n. 165/2001, anche se indipendente dal penale, dovrà tenere conto della dichiarazione della sentenza penale e, quindi, anche della tenuità del fatto, per cui ipotizzo che non si potrà procedere all’irrogazione di alcuna delle sanzioni afflittive (sospensione e licenziamento) in caso di proscioglimento o assoluzione ma, al massimo, con una multa di 4 ore di retribuzione (riforma Brunetta, co. 1, art. 69, D.Lgs. 27.10.2009 n. 150). Se la mia previsione pro prestatoris risulterà giusta, tranne ovviamente casi di particolare gravità e malvagità con gravissimi danni, gli effetti disciplinari del proscioglimento o dell’assoluzione penale ai sensi dell’art. 131bis, benché non legiferati, indurranno il giudice del lavoro a produrre una casistica giurisprudenziale in tal senso. Attualmente la procedura disciplinare deve concludersi con una decisione che sia armonizzata ai risultati processuali penali soprattutto in caso di assoluzione perché il fatto addebitato al dipendente non sussiste o non costituisce illecito penale o che il dipendente medesimo non lo ha commesso.

Il D.Lgs. non elenca i reati a cui si applica l’art. 131bis, essendo possibile evincerli dal testo della norma penale.

Quindi i reati soggetti alla nuova disciplina che riguardano specificamente la professione infermieristica sono:

  • 318, 323 e 646 – Corruzione, abuso d’ufficio e appropriazione indebita.


La nuova norma di applica all’infermiere che anche per denaro, si dedica alla vendita dei posti letto oppure effettua analisi e prestazioni dietro pagamento, sfrutta la sua posizione in sala operatoria, in sala parto, in radiologia, alla TAC, alla risonanza magnetica, favorendo l’ingresso di amici, parenti o di terzi che gli offrono denaro. La norma si applica anche nel caso in cui tali preferenze e privilegi comportano il mancato pagamento del ticket, perché se il danno economico è lieve (si pensi al ticket di 13 euro) … altro che tenuità del fatto, il proscioglimento è garantito!

  • 326 e 328 - Rivelazione ed utilizzazione di segreti d’ufficio, rifiuto di atti d’ufficio, omissione.


All’infermiere che violando i doveri inerenti alle funzioni o al servizio oppure che abusando della sua qualità, rivela notizie riservate ovvero d’ufficio che devono rimanere segrete o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza, per esempio ai giornalisti, anche se dal fatto ne scaturisce un danno ingiusto (per esempio un danno di immagine all’azienda o alla vittima) oppure un vantaggio patrimoniale all’infermiere (per esempio il giornalista paga l’infermiere per la notizia), sarà possibile applicare il 131bis se non risulterà dedito al crimine (cosa fortunatamente frequente). Se l’infermiere rifiuta un atto del suo ufficio che, soprattutto per ragioni di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo, anche se non intende esporre le ragioni della sua omissione (cosa gravissima), non verrà punito se non commette lo stesso reato per più di 3 volte in 10 anni;

  • 331 - Interruzione di pubblico servizio.


L’infermiere che interrompe l’assistenza in sala parto durante un parto, o in camera operatoria durante un intervento, o in pronto soccorso si rifiuta di lavorare, sospendendo il soccorso anche in ambulanza, ovvero turba la regolarità del servizio manifestando contrarietà, magari durante un litigio, non può essere punito, se non ha interrotto il servizio per più di tre volte in 10 anni. Se la sospensione o il turbamento è stato generato da una manifestazione di protesta, anche sindacale, solo i capi, i promotori o gli organizzatori potranno essere puniti con la reclusione da tre a sette anni e con la multa non inferiore a euro 3.098, ma i militanti del sindacato o gli aderenti non potranno essere puniti;

  • 348 - Abusivo esercizio di una professione.


Considerato che la multa per l’infermiere che svolge attività mediche non potrà superare, anche se il caso è gravissimo, 516 euro (ed anche per chi svolga senza titolo attività di infermiere o medico) e che in caso di non applicazione del 131bis la pena massima è di 6 mesi (già solo per questo si ottiene la condizionale) l’applicazione del 131bis è, per me, del tutto scontata;

  • 365 - Omissione di referto.


L’infermiere è chiamato a redigere il referto quando nell’esercizio della propria opera incontra pazienti che manifestano segni e sintomi che presentano i caratteri di un delitto per il quale si debba procedere d’ufficio (es. ferita da arma da fuoco). Nel caso in cui occulti tali manifestazioni cliniche omettendo di denunciare all’autorità giudiziaria il fatto, non potrà più essere punito nemmeno se commette tale reato decine o centinaia di volte all’anno in quanto la pena reclusiva non è prevista e al massimo dovrà pagare una multa di 516 euro per ogni reato commesso addirittura dopo la dichiarazione di delinquente abituale;

  • 392 e 393 - Esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza.


Durante un litigio scoppiato per far valere le proprie ragioni nei confronti di un altro, la violenza si può esercitare sulle cose (scagliare oggetti contro il muro) o sulle persone (schiaffo in faccia). L’infermiere potrà difendersi da utenti violenti e maleducati perché la riforma Renziana permette di non punire soprattutto chi risulterà aver ragione ed anche il colpevole se non è dedito alla violenza e agli alterchi. Anche la distinzione sanzionatoria tra la violenza sulle cose (multa 516 euro) e la violenza sulle persone (multa 206 euro e reclusione massimo di un anno) viene meno visto che l’art. 131bis annullerà ambedue le sanzioni;

  • ar 437 - Rimozione od omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro.


La riforma Renziana su questo articolo non produrrà una diminuzione delle cause penali, ma il loro totale abbattimento perché il datore che non installerà misure atte a prevenire gli infortuni, non potrà essere punito in alcun modo. In poche parole non è possibile ottenere né dal giudice penale né da quello civile l’applicazione delle regole antinfortunistiche (a meno che non siano precettive come alcune di quelle contenute nel D.Lgs. n. 81/2008) o l’installazione di apparecchi idonei alla prevenzione degli infortuni, perché sono nel caso in cui l’infortunio o addirittura il disastro si realizzeranno, si potrà ottenere la pena della reclusione fino a 10 anni, se il lavoratore muore la pena è al massimo di 7 anni. Nemmeno per coloro che rimuovono installazioni (per esempio un estintore o un sensore) o le danneggiano volutamente, si potrà ora applicare questa norma penale. L’unica tutela effettivamente possibile è il ricorso civile per violazione dell’art. 2087 C.C. che è finalizzato al solo risarcimento dei danni;

  • 443 - Somministrazione di medicinali guasti.


Come dicevo prima, non è più considerato grave somministrare medicinali guasti o imperfetti. La multa prevista, se non cagiona danni al paziente, è al massimo di 103 euro e il proscioglimento è garantito perché l’art. 131bis prevede proprio la tenuità del fatto del reato di pericolo. Ma nel caso in cui si cagionino dei danni anche gravi? In questo caso si applicano i già esaminati artt. 582 e 583 (nella parte considerata all’art. 571) ed anche in caso di morte, se all’infermiere sfugge la data di scadenza, si applicherà quanto vedremo in caso di omicidio colposo;

  • 477, 479, 480, 481, 484, 485, 487, 488, 489, 490 - Falsità materiale e ideologica in certificati e autorizzazioni amministrative - falsità in registri - falsità in foglio firmato in bianco - uso di atto falso - falsità in scrittura privata - soppressione, distruzione ed occultamento di atti veri.


Falsificare un certificato medico o una consegna o una ricetta in senso materiale e ideologico (cioè simulando la firma del medico o dichiarando fatti non veri) potrà essere impunibile se l’infermiere non è un criminale abituale. Ancora meglio se la certificazione è fatta a proprio nome senza cagionare pericolo ai terzi o incapace di produrre danni. Per quanto riguarda la professione infermiere, ogni atto pubblico o privato che viene formato o custodito per il lavoro, finanche il registro degli stupefacenti, non è più punibile de plano.

  • 571 – Abuso dei mezzi di correzione o di disciplina.


Benché sia annoverato tra i reati contro la famiglia, la riforma di Renzi lo sminuisce drasticamente.

Se un infermiere picchia un malato indifeso (psichiatrico, anziano) rischia di essere prosciolto o assolto per tenuità del fatto anche se dal fatto deriva il pericolo di una malattia nel corpo o nella mente (punita anche senza scriminante con la reclusione al massimo di 6 mesi). Se ne deriva la morte si applica la reclusione da tre a otto anni ma se si cagiona una lesione personale (art. 582) o grave (art. 583) ovvero perdita di un organo o un senso o la deformazione o lo sfregio sul viso, si potrà applicare la tenuità del fatto per il semplice motivo che questo reato prevede già la riduzione della pena di un terzo del massimo dell’art. 583 che è di 7 anni. Due terzi di 7 anni (che è la pena massima dell’art. 571) è pari a 56 mesi cioè per soli 4 mesi qui si applica la riforma di Renzi (la riforma opera fino a 60 mesi) e l’infermiere potrà andare prosciolto o assolto;

  • 581 - Percosse.


Tra l’infermiere e il paziente non sarà possibile applicare l’art. 581 perché prevale sempre l’art. 571 considerato il rapporto di garanzia esistente per l’infermiere nei confronti dei pazienti affidategli. Invece si potrebbe applicare tra colleghi e tra l’infermiere e i terzi (parenti del paziente). Salva la procedura disciplinare e sempre che sia un evento sporadico, anche se dalle lesioni inferte ne deriverà una malattia nel corpo o nella mente, sarà possibile restare impuniti;

  • 589 - Omicidio colposo.


La morte della persona cagionata per imprudenza (non si alzano le spondine ad un paziente agitato o confuso), per negligenza (si somministra un farmaco in bolo anziché diluito), per imperizia (si somministra un farmaco non prescritto), non è punibile se l’infermiere non ha ucciso almeno tre pazienti nel corso di 10 anni. Ma se i pazienti che muoiono sono contemporaneamente due o più, allora la pena potrà arrivare al massimo a 15 anni di reclusione;

  • 591 - Abbandono di persone minori o incapaci.


Salva la contestazione disciplinare, anche grave, l’infermiere che abbandona una ricoverato o un paziente minore di anni quattordici affidato anche temporaneamente alle sue cure, ovvero una persona incapace cioè psichiatrica o anziana e cachettica, affetta da ictus, paralizzata anche in parte ma non autosufficiente, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni, ma se alla vittima dell’abbandono si cagionano danni lievi e l’infermiere non ha già commesso due delitti simili negli ultimi 10 anni, dovrà solo risarcire il danno se verrà provato dai parenti o dal tutore (se verrà dimostrato che il danno è stato cagionato da quello specifico abbandono, perché se il danno si sarebbe comunque realizzato, nessun risarcimento potrà richiedersi). Se dall’abbandono deriva la morte dell’abbandonato, per nesso causale diretto, allora l’art. 131bis non si applica (ma solo per questo reato perché se la morte è cagionata per negligenza, imprudenza o imperizia e non per l’abbandono, la scriminante dell’art. 131bis si applica). Sembra assurdo ma è meno grave cagionare la morte per somministrazione di farmaci guasti che per abbandono;

  • 593 - Omissione di soccorso.


L’infermiere che non rianima un bambino in arresto cardiaco, non presta soccorso in caso di incidente stradale o per altri fatti gravi in cui ci sia una persona bisognosa di cure immediate perché in pericolo di morte, non potrà essere punito anche se la vittima muore. Anche in questo caso si applica l’art. 131bis;

  • 594, 595 - Ingiuria e diffamazione.


Le parolacce sono ammesse. Anche se si applica la scriminante Renziana, attenzione: dopo 3 condotte diffamatorie perpetrate entro 10 anni, il giudice valuta l’abitualità del reo e procede al giudizio pieno. La diffamazione verrà valutata secondo il suo grado di diffusione e lesività nonché secondo l’entità del dolo del reo cioè l’intenzione di nuocere alla vittima. Anche in questo caso l’impunibilità è alle porte;

  • 612 - Minaccia.


La riforma cancella di fatto questo reato. Se però il reo reitera almeno 3 minacce gravi in 10 anni, potrà essere condannato ad una multa di 1.032 euro.

  • 624 e 640 - Furto e truffa.


L’infermiere che sottrae un bene al paziente o ai colleghi (es. denaro) o con artifizi o raggiri induce il paziente o il collega in errore, al fine di procurarsi denaro o altri profitti, non potrà essere punito se il giudice applicherà l’art. 131bis. Non è punibile neppure se induce il paziente o il collega al timore di un pericolo immaginario o l’erroneo convincimento di dovere eseguire un ordine disposto dal primario o da altre autorità.

In conclusione, la tenuità del fatto è un’arma a doppio taglio, da un lato concede una nuova chance di vita a chi non è un criminale incallito permettendogli di cancellare un errore magari neppure voluto, dall’altro lato attenua la punizione che il reo meriterebbe aumentando la criminalità sociale, il timore del prossimo, la difesa preventiva e, soprattutto, in senso e l’effettiva impunibilità di Stato.

I reati, soprattutto quelli più comuni e sentiti dai cittadini, non vengono più avvertiti come antisociali.

La categoria infermieristica deve reagire al sistema antinomico che il Governo sta delineando. Abbiamo bisogno di un codice di autocondotta che anche l’IPASVI sembrerebbe ignorare.

I cittadini devono sapere che l’infermiere non sfrutta la politica della tolleranza e che come professionisti vogliamo mantenere un livello deontologico elevato, non permettendo che talune condotte benchè condonate dalla giustizia umana, possano corrompere l’etica dell’infermiere.

L’A.A.D.I. non è d’accordo con questa riforma che risponde più ad esigenze elettorali che umane.

Le forze di polizia dovranno lasciare a piede libero chi turba la tranquillità collettiva, o addirittura neppure risponderanno alle chiamate dei cittadini.

La criminalità aumenterà senz’altro ma almeno sui fogli delle casistiche giudiziarie, la società apparirà più civile.

Dentro gli ospedali, invece, vogliamo garantire un alto livello di sicurezza e di garanzia; quello che succede nelle strade ci interessa marginalmente.

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