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COVID-19

Lezione in presenza ai figli dei sanitari, il no del Ministero

di Redazione

Marcia indietro del Ministero dell’Istruzione su medici, infermieri, oss, ostetriche e tutti i lavoratori della sanità: i loro figli non potranno fare didattica in presenza nelle zone rosse. A precisarlo è una nota che il Ministero ha inviato alle scuole nella serata di domenica 7 marzo.

Zona rossa, niente didattica in presenza per i figli dei sanitari

Didattica in presenza per figli di medici e infermieri, retromarcia del Ministero

Sfuma, almeno per ora, la possibilità per i figli dei lavoratori del settore sanità di usufruire della didattica in presenza nelle regioni che sono zona rossa. Resta invece confermata la possibilità di svolgere attività in presenza per i ragazzi con bisogni educativi speciali e con disabilità, garantendo comunque il collegamento on line con gli alunni della classe che sono in didattica digitale integrata.

A precisarlo è la nota che il Ministero dell'istruzione ha inviato alle scuole nella serata di domenica 7 marzo. Comunicazione che, dopo appena 72 ore, inverte la marcia rispetto alla circolare datata 4 marzo 2021, con la quale l’ormai ex capo dipartimento dell’Istruzione, Max Bruschi, garantiva la frequenza scolastica in presenza degli alunni e studenti figli di personale sanitario o di altre categorie di lavoratori le cui prestazioni siano ritenute indispensabili per la garanzia dei bisogni essenziali della popolazione, nell’ambito di specifiche, espresse e motivate richieste e anche in ragione dell’età anagrafica.

Questo sulla scia di quanto già precisato nella nota 1990 del 5 novembre: Nell’ambito di specifiche, espresse e motivate richieste, attenzione dovrà essere posta agli alunni figli di personale sanitario (medici, infermieri, OSS, OSA…), direttamente impegnato nel contenimento della pandemia in termini di cura e assistenza ai malati e del personale impiegato presso altri servizi pubblici essenziali, in modo che anche per loro possano essere attivate, anche in ragione dell’età anagrafica, tutte le misure finalizzate alla frequenza della scuola in presenza.

Nel mezzo, il caos: mancando chiarezza su chi siano effettivamente i lavoratori essenziali, molti dirigenti scolastici si sono organizzati stabilendo dei criteri propri, con il rischio di generare disparità di trattamento tra una scuola e l’altra. In Lombardia, entrata in zona arancione rafforzata lo scorso 5 marzo, la dirigente dell'Ufficio scolastico regionale Augusta Celada ha inviato una nota a tutti i presidi per concordare una linea di condotta comune, che apriva agli alunni figli di personale sanitario (medici, infermieri, OSS, OSA…) la didattica in presenza.

In Emilia-Romagna, invece, nonostante il no della regione alla nota Bruschi perché non ha un fondamento giuridico chiaro, la preside dell’Istituto comprensivo 19 di Bologna, Giovanna Facilla, non fa dietrofront sulla sua decisione di aprire le aule anche ai figli dei sanitari: Io applico l’articolo 43 dove si ribadisce l’effettiva inclusione scolastica di alunni disabili o Bes, ma come realizzo tutto ciò se ho un solo studente disabile o Bes?, apostrofa Facilla. La risposta la preside l’ha trovata nel Piano Scuola che appunto spalanca i portoni ai figli dei sanitari. Accogliendo loro - spiega a Il Resto del Carlino - posso creare dei piccoli gruppi, di tre o quattro studenti massimo, che includono lo studente disabile o Bes.

Con il chiarimento del ministero dell’Istruzione si mette fine alla querelle di interpretazione sul chi siano i lavoratori essenziali. Ora per tutti vale la regola: in zona rossa didattica in presenza solo per bambini disabili e con bisogni educativi speciali.

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