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Ribaltata la sentenza che dava ragione all'infermiera no-vax

di Redazione

Ribaltata la sentenza del Giudice del lavoro di Ivrea che dava ragione a un’infermiera 55enne contro l’Asl TO4 che l’aveva lasciata a casa senza stipendio dal 4 settembre 2021, dopo che la donna aveva rifiutato la vaccinazione Covid-19. In data 10 novembre 2022, infatti, la Corte d’appello di Torino ha accolto l’appello presentato dall'Azienda, che ha impugnato quella sentenza ritenendola errata e fondamentalmente ingiusta. Ora alla donna resta la strada del ricorso in Cassazione per ottenere quanto richiesto (in particolare l'erogazione degli stipendi non pagati).

Infermiera no vax, accolto il ricorso dell'Asl TO4: sospensione giusta

La Corte, sovvertendo la decisione del Tribunale di Ivrea, ha dato ragione alla Azienda

La Corte d’appello di Torino ha accolto l’appello presentato dall’avvocato Andrea Castelnuovo del foro di Torino per conto della Asl TO4 contro la sentenza con cui il tribunale di Ivrea, qualche mese fa, aveva accolto il ricorso di un'infermiera che aveva rifiutato di vaccinarsi senza motivo.

Lo scorso 15 marzo, dinanzi al giudice del lavoro Magda D’Amelio, l’Asl TO4 è stata condannata al pagamento delle retribuzioni mancate e delle spese legali ad un’infermiera 55enne in servizio al presidio ospedaliero di Castellamonte (ora trasformato in poliambulatorio), nel torinese, sospesa dal servizio poiché non vaccinata contro il Coronavirus.

La professionista sanitaria, infatti, era stata lasciata a casa senza stipendio dal 4 settembre 2021, a seguito del suo diniego a vaccinarsi (nonostante l’obbligo vaccinale per i sanitari) poiché rifiutava di firmare il consenso informato (l'infermiera si era presentata in sede vaccinale accompagnata dai suoi avvocati per sostenere che, poiché obbligata a vaccinarsi, non avrebbe sottoscritto il consenso cosicché eventuali danni fossero pagati dal pubblico).

Secondo il giudice, l’azienda sanitaria non avrebbe preso in considerazione di demansionare la donna e per questo aveva condannato in primo grado l'Azienda a pagare all’infermiera le retribuzioni maturate e non percepite dalla data della sospensione a quella della effettiva riammissione in servizio, e a rifonderle le spese legali.

Sentenza, però, ritenuta errata e fondamentalmente ingiusta, tanto da spingere la Asl ad impugnarla: La Asl ha impugnato la sentenza spiegando in un ricorso molto complesso le ragioni che rendevano insensato il rifiuto dell’infermiera di vaccinarsi - spiega Castelnuovo -: liberissimo chiunque di non vaccinarsi, ma non è giusto accampare pretese nei confronti del datore di lavoro pubblico, pretendendo retribuzioni senza prestare attività lavorativa. Soprattutto abbiamo spiegato le ragioni per cui è illegittimo pretendere che un’azienda si metta, ogni qualvolta un dipendente decida di non vaccinarsi, alla ricerca col lanternino di un posto di comodo, lontano da tutti, completamente isolato, dove non essere pericoloso per sé e per gli altri.

L’Asl - spiega ancora il legale dell'Azienda - ha approvato una delibera con la quale ha disciplinato la situazione riservando i pochissimi posti disponibili ai soggetti fragili, a quelli che per ragioni oggettive e cliniche non possono vaccinarsi, e questo non può andare a loro detrimento in favore di chi, per ragioni il più delle volte antiscientifiche, decida di non vaccinarsi ma pretenda comunque una retribuzione pubblica.

La Corte, sovvertendo la decisione del Tribunale di Ivrea, ha dato ragione alla Azienda. Si attendono le motivazioni della sentenza, per ora c’è il dispositivo.

Commenti (2)

cogi1967

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Per i diritti di tutti

#2

Le devono risarcire i danni materiali e psicologici a lei e a tutti i sanitari sospesi

cogi1967

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Soluzione

#1

Una bella commissione d'inchiesta e castigare i responsabili.