Nurse24.it

Salute

Sanità, tre le regioni italiane più virtuose

di Giordano Cotichelli

La Conferenza delle Regioni ha evidenziato che, in tema di sanità pubblica, Veneto, Umbria e Marche figurano quali regioni benchmark, di riferimento per la qualità, mantenendo così gli elementi di stabilità rispetto al finanziamento del fondo nazionale.

Differenze territoriali e solidarietà della Lombardia

corridoio ospedale

Veneto, Umbria e Marche sono le regioni benchmark in sanità

Il governatore delle Marche, Ceriscioli, sottolinea che pertanto i prossimi obiettivi saranno rappresentati dalle liste di attesa, così come la stessa ministra della Sanità ha tenuto a ricordare. I dati non sono ancora disponibili, ma si rivelano ancora una volta le differenze territoriali presenti nel paese, da Nord a Sud (il Pil della Regione più povera è un terzo rispetto a quello della regione più ricca), fra centro e periferia, fra classi sociali. Non è un caso che, pur guadagnando due posizioni, rispetto al 2016, l’Italia si colloca al 20° posto nella valutazione dei sistemi sanitari operata dall’Ehci (European Health Consumer Index), su un totale di 35 paesi. Fra i primi dieci si ricordano: Paesi Bassi, Svizzera, Danimarca, Norvegia, Lussemburgo – ex-aequo al quarto posto - Finlandia, Germania, Belgio, Islanda, Francia, Austria. La valutazione operata dall’agenzia prende in considerazione sei aree di riferimento (accesso alle cure, risultato dei trattamenti, prevenzione e uso dei farmaci, offerta dei servizi, diritti dei pazienti ed informazione) per un totale di 46 indicatori.

Uno degli indicatori dove l’Italia, al pari della Grecia, mostra delle forti criticità è il livello di corruzione presente all’interno del mondo sanitario. Un fatto grave nonostante, come sottolinea lo stesso rapporto, il nostro paese, assieme alla Spagna, abbia servizi sanitari di eccellenza reperibili in molte località. Il rapporto sottolinea la prevalenza fra i primi posti dei paesi a sistema Bismarck, caratterizzato da un connubio fra assicurazioni private ed enti mutualistici, separati nell’erogazione dell’assistenza dagli ospedali stessi, a differenza dei sistemi Beveridge – UK ed Italia, ad esempio – quelli di stampo universalistico, finanziati dalla tassazione. Un passaggio nel documento dell’Ehci sembra sottolineare, in merito, come questo fatto possa contenere i rischi di sprechi, corruzione, cattiva gestione, ecc... cui ovviare, veicolando ulteriormente un cambiamento. verso quel secondo pilastro che ormai da anni sta diventando un mantra ripetitivo ogni qualvolta si parli di sanità pubblica. Per intenderci il secondo pilastro è rappresentato dalla sanità integrativa, dalle assicurazioni, dai fondi di vario tipo che, a fronte di un servizio sanitario sofferente, dovrebbero compensare perdite e tagli che non riescono più a garantire le risorse economiche sufficienti.

Probabilmente sono valutazioni non del tutto sbagliate anche se, è necessario capire come mai il Ssn in Italia, e quello universalistico in generale, soffra di così pessima salute. Forse la continua erosione di personale, il taglio di servizi e posti letto, le esternalizzazioni e le privatizzazioni lo hanno ridotto in uno stato tale che a questo punto, saranno proprio gli ultimi – malati cronici, immigrati, poveri, pensionati, Rom, lavoratori a basso reddito, ecc… - a chiedere il colpo di grazia della sanità universalista, sperando, o meglio illudendosi, che quella finanziaria e del mercato possa far meglio. C’è ben poco da sperare positivamente. Intanto, per tornare alle Regioni meritevoli di fungere da benchmarking sanitario, forse sarebbe il caso di verificare quanti posti letto siano stati tagliati in questi ultimi anni, il livello di carenza numerica del personale sanitario, l’accesso e l’equità di servizi e prestazioni. Ma questo è già stato più volte detto. Allora forse ci si potrebbe spostare un po’ più in là delle regioni prese in considerazione.

NurseReporter

Commento (0)