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Emorragia feto-materna - EFM

di Sara Visconti

Il passaggio nella circolazione materna di eritrociti fetali è definito emorragia feto-materna (EFM). Ciò avviene più frequentemente al momento del parto (aumentato rischio in caso di taglio cesareo, gravidanza gemellare, distacco di placenta o manovre invasive intrauterine) oppure a seguito di particolari eventi in corso di gravidanza, ma può succedere anche durante il regolare decorso della gravidanza in 1-2% dei casi (emorragie silenti o misconosciute).

Cos’è l’emorragia feto-materna

L’emorragia feto-materna predispone alla produzione di alloanticorpi anti-eritrocitari rivolti contro gli eritrociti fetali portatori di antigeni diversi da quelli materni, in quantità sufficiente per sensibilizzarne il sistema immunitario.

Dunque si parla di alloimmunizzazione eritrocitaria materna quando il sistema immunitario della donna produce anticorpi contro antigeni eritrocitari estranei al suo organismo, dopo esserne venuto a contatto tramite EFM.

Nelle gravidanze complicate da alloimmunizzazione il passaggio transplacentare delle immunoglobuline di tipo G (IgG) materne rivolte verso antigeni presenti sulla superficie dei globuli rossi fetali può causarne la lisi e conseguente distruzione, provocando la malattia emolitica feto-neonatale, caratterizzata da anemia ingravescente, fino a sviluppo di versamenti, edema, idrope, morte endouterina, ittero o kernittero e morte neonatale dopo il parto. La gravità della malattia dipende dal tipo di anticorpi e correla con la concentrazione degli anticorpi materni.

La più frequente causa di malattia emolitica feto-neonatale (MEFN) è l'alloimmunizzazione anti-D, ovvero la produzione di anticorpi diretti verso l'antigene D del sistema Rhesus (Rh) di una donna gravida RhD negativa con feto RhD positivo.

Il sistema Rh è definito da tre geni che possono produrre 5 diversi tipi di antigeni esposti sulla superficie dei globuli rossi e identificati con le lettere C, c, D, E, e. Oltre alle varianti antigeniche del sistema Rh, sono state identificate più di 30 varianti antigeniche eritrocitarie verso cui possono essere diretti gli anticorpi materni.

Non tutti gli alloanticorpi eritrocitari sono causa di malattia emolitica fetale. Tra gli alloanticorpi atipici - cioè diversi dagli anticorpi anti-D, che sono causa di malattia - ci sono anticorpi diretti verso altri antigeni del sistema Rh (più frequentemente anti-c e anti-E) e anticorpi diretti verso antigeni non appartenenti al sistema Rh (più frequentemente anti-Kell). Esistono alcuni alloanticorpi che non sono mai causa di malattia fetale (es. anti-Le).

È stato dimostrato che l’antigene D è presente sulla superficie dei globuli rossi fetali a partire dalla 7° settimana di gestazione e che 0.1mL di globuli rossi fetali sono sufficienti per determinare un’immunizzazione materna.

Di solito durante la prima gravidanza avviene l’immunizzazione materna primaria, caratterizzata dalla produzione di una piccola quantità di anticorpi IgM, immunoglobuline che non attraversano la placenta. Nelle gravidanze successive, come risultato dell’immunizzazione secondaria, si producono anticorpi IgG che possono attraversare la placenta e provocare emolisi; perciò, la MEFN raramente si verifica durante la prima gravidanza, a meno che la madre non sia stata esposta in precedenza ad eventi sensibilizzanti determinati da trasfusioni o trapianti d’organo.

Oggi, grazie alla presenza di test immunoematologici da eseguire durante la gravidanza che hanno l’obiettivo di identificare le gravide potenzialmente esposte ad isoimmunizzazione, grazie alla presenza di immunoprofilassi anti-D antenatale e postnatale, la malattia emolitica del feto e del neonato causata da immunizzazione verso l’antigene D è una malattia prevenibile e nel tempo si è ottenuta una riduzione drastica della mortalità.

Valutazione dell’emorragia feto-materna

Le metodologie per valutare queste emorragie sono molteplici, dal più conosciuto test di Kleihauer-Betke, al test delle rosette fino alla citofluorimetria.

Test di Kleihauer-Betke

Il test di Kleihauer-Betke è il metodo standard per un’analisi quantitativa dell’emorragia feto-materna, mediante un test di eluizione acida.

Il principio su cui si basa è la diversa resistenza agli acidi del sangue fetale che rimane all’interno dei globuli rossi, rispetto all’emoglobina dell’adulto che viene rimossa.

Tuttavia la precisione del test è limitata a piccoli volumi di emorragia transplacentare. Pertanto il test di Kleihauer-Betke è indicato solo come test di screening e per EFM >2.5mL è preferibile utilizzare un metodo più accurato come la citofluorimetria a flusso.

Citofluorimetria a flusso

La citofluorimetria a flusso utilizza anticorpi monoclonali diretti contro le cellule Rh positive o contro l’emoglobina fetale o contro l’enzima carbonicoanidrasi, potendo discriminare le emazie fetali da quelle dell’adulto contenenti HbF emoglobina fetale (tale caratteristica risulta particolarmente utile nel caso di donne gravide affette da emoglobinopatie).

Tuttavia, sono pochi i laboratori muniti di tale tecnica. In paesi come l’Inghilterra, dove viene raccomandata una dose di IgG anti-D post-partum di 500-625 UI, il test per la valutazione dell’emorragia feto-materna viene eseguita di routine.

Invece in Italia e in altri paesi europei, dove la dose di IgG anti-D postpartum raccomandata è di 1500 UI, il test non è necessario. È consigliata la determinazione dell’emorragia feto-materna in situazioni di emorragia massiva >15 mL di eritrociti fetali.

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