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Rapporto tra PaO2 ed outcome nell’ipotermia terapeutica post arresto cardiaco

di Vladimir Guluta

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COTIGNOLA Studi recentemente pubblicati su Critical Care Medicine riportano interessanti dati raccolti su 170 pazienti post arresto cardiaco trattati con ipotermia terapeutica . Dopo il ritorno del circolo spontaneo, i pazienti sono stati raffreddati (con metodi esterni) e mantenuti per 24 ore ad una temperatura corporea di 32°C – 34°C ed in seguito gradatamente riscaldati alla velocità di 0,25°C /ora.

I 77 pazienti dimessi vivi (45%) erano tra i più giovani del gruppo. La causa del loro arresto cardiaco era dovuto ad aritmie ventricolari. Inoltre il tempo del tragico evento è stato minore rispetto ai pazienti che hanno presentato un peggiore decorso clinico.

Un’alta percentuale (9%) dei sopravvissuti ha presentato un quadro di danno neurologico (Cerebral Performance Category score ≥ 3). In media, il valore massimo della PaO2 nelle prime 24 ore post arresto è stato significativamente più basso nei sopravvissuti rispetto al gruppo di pazienti deceduti (198 mmHg vs 254 mmHg). Stessa cosa per quanto riguarda le complicanze neurologiche. QUelli con una PaO2 non hanno avuto danni neurologici (197 mmHg vs 247 mmHg).

Nelle prime 24 ore di ipotermia terapeutica post arresato cardiaco, un valore alto della PaO2 è stato associato in modo statisticamente significativo ad una più alta mortalità intraospedaliera e ad un peggiore outcome neurologico.

Cerebral Performance Category scale after cardiac resuscitation http://www.fda.gov/ohrms/dockets/ac/05/briefing/2005-4100b1_03_CPC%20Scale.pdf Janz DR et al. Crit Care Med 2012;40:3135-9. http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22971589

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