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editoriale

Infermieri, Semmelweis e la perseveranza

di Fabio Albano

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GENOVA. Ignazio Filippo Semmelweis nacque nel 1818 a Buda e morì nel 1865 a Vienna. Ma chi è Semmelweis? Bene, per chi non lo sapesse è quel Medico che per primo ha intuito che la causa per cui le  donne morivano di febbre puerperale, altro non era che la scarsa igiene delle mani. A quell'epoca una tremenda malattia caratterizzata da forti dolori e febbre alta decimava le puerpere ricoverate negli ospedali viennesi, così come quelle ricoverate negli ospedali di tutto il resto del mondo.

I Medici di allora pensavano a cause più disparate, ma senza alcun successo. Semmelweis intuì che la febbre puerperale è una malattia che si trasmette da un corpo a un altro a seguito del contatto. A quel tempo i giovani Medici praticavano le autopsie a mani nude! Dopo, magari, andavano a visitare le gravide, sempre a mani nude! Ora, si spera che non è che proprio non se le lavavano le mani, ma sicuramente, se lo facevano, lo facevano in modo assolutamente inadeguato! Per dimostrare la validità della sua teoria Semmelweis decise che tutti coloro che praticavano il reparto di "Ostetricia", prima del loro ingresso, dovevano lavarsi le mani con "CLORURO DI CALCE". Questa apparente banale regola, ma allora sconvolgente, bastò a dimezzare le morti puerperali! Era il 1846!

 

Dovettero passare 40 anni, prima che la teoria del Medico ungherese venisse accettata dal mondo medico-scientifico! Fu  Pasteur nel 1864 a dimostrare la validità della teoria di Semmelwies. In questi 40 anni Semmelweis fu screditato dai propri colleghi a tal punto che le sue teorie furono abbandonate, le morti puerperali ripresero ad aumentare con una incidenza pari a quella che ne aveva caratterizzato la discesa. Il medico ungherese fu preso per pazzo, venne allontanato dal reparto, tornò a Buda dove ripropose le stesse teorie, ottenendo i medesimi risultati conseguiti a Vienna. Nonostante ciò la comunità scientifica non gli credette, tanto che venne ricoverato in un manicomio dove, per le percosse subite, morì nel 1865.

 

Post mortem, grazie a Pasteur e Lister, gli vennero riconosciuti tutti i meriti negatigli da vivo! La città di Buda gli eresse un monumento, e dal 1969 l'UNIVERSITÀ UNGHERESE DI SCIENZE gli è stata dedicata prendendone il nome. Nel 2013 l'UNESCO ha deciso di inserire alcuni documenti relativi alla sua scoperta nel registro della "MEMORIA DEL MONDO".

 

Appare evidente che questo è un caso limite, seppur non unico; quale morale si può cogliere da tutto ciò? Alcune riflessioni sorgono spontanee. La prima è che a distanza di 170 anni, circa, l'importanza del lavarsi le mani non è ancora entrata pienamente nel nostro bagaglio culturale; nonostante alcune iniziative veramente lodevoli come quella, di alcuni anni fa, della Regione Toscana.

 

La seconda è che sicuramente a qualcuno, di noi Infermieri, è capitato di condurre delle battaglie, nel tentativo di migliorare un qualsiaisi servizio reso dal proprio reparto di appartenenza, con scarsissimi, per non dire nulli, risultati ottenuti. Spesso questi tentativi vengono percepiti dai nostri colleghi come un modo per mettersi in evidenza. Il tentativo di cambiamento viene vissuto come una rottura dello status quo determinatosi nel tempo e che, spesso, ha creato piccole sacche di privilegio e che nessuno vuole rischiare di perdere! Le resistenze al cambiamento cementano, in maniera negativa, il gruppo determinando l'esclusione dallo stesso del promotore dell'iniziativa. Certamente per qualcuno di noi sono sensazioni, molto brutte, già provate!

 

Allora che fare, immolarsi come Semmelweis nella certezza di essere assolutamente dalla parte giusta? O rinunciare a priori alla propria battaglia, negando, anche, parte della propria identità personale? È una delle decisoni più difficili che uno di noi si può trovare ad affrontare nel proprio percorso professionale! Chi crede che il cambiamento si possibile è sicuramente un Professionista che è riuscito a sviluppare un percorso professionale e personale di un certo spessore e che non tutti sono in grado di comprendere! La cosa giusta per tutti sarebbe quella che le nuove istanze proposte venissero almeno ascoltate e non scartate a prescindere!

 

Credo che chi di Noi, almeno per una volta, nel corso della propria carriera lavorativa, abbia provato la sensazione di sentirsi un poco Semmelweis, ha raggiunto l'obiettivo principe di ogni essere umano, quello di essere in grado di sviluppare e svolgere in maniera autonoma il proprio pensiero!

 

Pare un concetto banale, ma non lo è, specie in questo periodo storico in cui si torna a parlare per slogan, cercando l'omologazione delle idee, nel tentativo di creare massa e non individui.

 

Perseverare o mollare?

 

Ps. per chi fosse interessato a sviluppare conoscenze sulla vita di Semmelweis si consiglia la lettura del libro IL DOTTOR SEMMELWEIS,  che altro non è che la tesi di laurea in medicina di Louis-Ferdinand Celine.

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