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editoriale

Tumore: sei povero, muori

di Federica Cerbelli

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Chi vuole curarsi dovrà pagare più di mille euro a settimana: per la prima volta in Italia 2 farmaci oncologici in vendita solo a pagamento. E’ una palese violazione della Costituzione ma il governo fa finta di niente. Questo è quanto sta accadendo in Italia, sembra non essersene accorto nessuno ma presto i malati di cancro se ne accorgeranno. 

Per la prima volta nel nostro Paese, violando completamente quanto affermato nella Costituzione, le autorità sanitarie hanno deciso che ci sono malati di tumore ricchi che avranno accesso a due farmaci oncologici, e quelli poveri che dovranno fare senza. 

E' accaduto infatti che il Pertuzumab (Roche) e l'Afibercept (Sanofi-Aventis) siano stati autorizzati dall'Aifa (Agenzia italiana per il farmaco) il 27 maggio scorso e quindi ammessi in farmacia, ma a totale carico del malato. 
I costi? Per il farmaco Roche il malato dovrà pagare 6.000 euro per le prime due somministrazioni e poi 3.000 euro ogni 21 giorni; mentre per quello Sanofi Aventis 4.000 euro ogni tre settimane.

Perché i due farmaci sono sì registrati e ammessi alla vendita, ma non rimborsati dal Servizio Sanitario Nazionale.
Non era mai accaduto per gli anticancro, salvavita.
Perché se è vero che molti farmaci innovativi sono oggi disponibili in farmacia a pagamento (è la cosiddetta Fascia C), è anche vero che si è sempre trattato di prodotti non salvavita, per i quali, il più delle volte, esiste un'alternativa, ancorché meno potente o meno avanzata.

Il cancro, poi, è di una tale drammaticità che nessuno aveva mai osato nemmeno immaginare che si potessero registrare delle medicine e non metterle a disposizione di tutti i malati. 

Non c'è dubbio che l'Aifa ha agito secondo le norme. Anzi, la norma. Sciagurata e passata finora sotto silenzio: quella con la quale l'ex ministro Renato Balduzzi, oggi deputato montiano, ha deciso, nel novembre del 2012, che i farmaci non ancora ammessi al rimborso del Ssn ma verificati come efficaci dalle autorità sanitarie potessero essere venduti in farmacia a chi ha i soldi per comprarseli. "Nelle more", si dice in gergo. 

Ma queste more sono lunghissime: i farmaci innovativi arrivano nel nostro paese con grande ritardo: fino a due anni dall'approvazione europea. Diversi mesi trascorrono mentre l'Aifa rivede i dossier già esaminati e approvati dalle autorità europee e autorizza il farmaco anche nel nostro paese, ma altri mesi passano a definire prezzo e modalità di accesso al mercato. I tempi di questi iter si fanno sempre più lunghi anche perché si allungano i negoziati, con l'Aifa che offre prezzi che le aziende ritengono bassi. 

Ed è chiaro a tutti che non ci sono soldi per la sanità, e che, quindi, i negoziati non sono destinati ad accorciarsi. Anzi. Nelle "more": chi ha i soldi si comprerà il farmaco con gli evidenti benefici terapeutici, chi non li ha lascerà questa vita. E non serve raccontare come, negli Usa e nei paesi senza servizio sanitario universale, le persone si indebitino, vendano la casa, chiedano prestiti per potersi pagare anche solo qualche mese di vita.

E a guadagnarci sono le aziende che inizieranno a vendere il farmaco mesi e mesi prima del suo accesso agli ospedali pubblici.
Ma resta l'interrogativo: Balduzzi si è reso conto della drammaticità di quella firma? E non ci vengano dire che è solo "nelle more", perché una volta infranto il muro della decenza, non si torna più indietro.

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