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editoriale

Non sono semplicemente un infermiere. E tu?

di Rosario Scotto di Vetta

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NAPOLI. Dalla lettura del saggio tradotto e pubblicato “Non chiamatemi semplicemente infermiera” di Kateri Allard è nata una sorta di utile riflessione. Questo saggio viene scritto per la necessità da parte degl’infermieri di rimuovere dal vocabolario collettivo la solita esclamazione “Sono solo un infermiere”. Senza dubbio ha colpito una parte di me. Ho pensato a quante volte durante la mia carriera ho usato questa frase con me stesso. Ricordo che fin dai tempi dell’università ero solito dire “Sono solo un tirocinante”.

Rifletto su tutte quelle volte che ho usato questa terminologia per descrivere il mio ruolo e il mio contributo nella cura del paziente e quella frustrazione solita che sopraggiunge quando non si riesce ad influenzare il paziente nelle decisioni più importanti per il suo processo di cura. Mi chiedo: in che modo le persone ma soprattutto le nostre famiglie potrebbero conoscere e valorizzare il nostro ruolo?

 

“Io sono solo un infermiere” non basta per scoprire e rivelare la vera realtà di noi infermieri. Assistiamo dai più fragili pazienti, contribuiamo ampiamente nel progresso scientifico e sanitario, influenziamo le strategie delle aziende ospedaliere. Nonostante tutto a volte ho paura che gli amministratori sanitari e il governo stesso non capiscono il ruolo dell'infermiere e l'importanza di fornire assistenza sul territorio nazionale.

 

Nessun gruppo è nella posizione migliore di condividere il più accurato ritratto del nostro lavoro e delle nostre competenze: siamo noi stessi che dobbiamo parlare del nostro ruolo e dell'approccio usato nella cura dei pazienti. Gli infermieri sanno sempre valutare e adeguare i piani di cura e svolgono il proprio lavoro al fianco di un gruppo eterogeneo di colleghi sempre pronti a garantire i migliori risultati possibili per ogni singolo paziente.

 

Cominciamo dalle nostre famiglie. Assicuriamoci che capiscono quello che un infermiere fa, come fornisce assistenza ai bisogni dei pazienti, come riesce a far parte di un team di assistenza sanitaria in grado di fornire il supporto vitale quando i pazienti sono più gravi e più vulnerabili.



Articoliamo discorsi chiari sulla nostra professione e sull' impatto che abbiamo sui nostri pazienti e sulle loro famiglie. Per fortuna oggi sono diventato più consapevole sul valore che esprimiamo nel nostro lavoro quotidiano. Ho preso l'impegno di smettere di usare la frase "sono solo un infermiere". Oggi sono in grado di spiegare agl'altri il mio lavoro e su che base scientifica operiamo. Parliamo quindi con convinzione e spieghiamo alla nostra famiglia, ai nostri amici qual'è l'importanza del nostro ruolo.

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