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Delibera OSS Veneto, Fnopi sollecita intervento del Governo

di Redazione Roma

Bloccare l’atto attraverso cui, con 400 ore, si apre all’opportunità di ricorrere agli operatori socio sanitari rispetto ad atti propri, dell’assistenza clinica del paziente, di competenza esclusiva di medici e infermieri. È la richiesta della Fnopi, che ha dato mandato ai propri legali di impugnare la delibera veneta.

Fnopi: stop alla delibera veneta sugli Oss anche nell’interesse dei malati

Fnopi su delibera OSS Veneto: dopo anni di mancati interventi strutturali alla carenza infermieristica non può e non deve essere questa la soluzione

Un atto che pone a rischio la salute dei cittadini e configura un abuso di professione, non essendo gli Oss personale sanitario, ma del ruolo tecnico – non laureato né iscritto agli albi – e che aggira i presupposti della legge n. 24 del 2017 in merito alla responsabilità degli operatori sanitari.

Evita qualsiasi giro di parole la Fnopi, rivolgendosi direttamente al ministro della Salute, Roberto Speranza, al ministro degli Affari regionali, Mariastella Gelmini e al presidente della Conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga.

La stessa Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (di cui alcune note, diramate attraverso il proprio sito, sono state riprese nell’interpellanza urgente presentata alla Camera dall’On. Maria Elena Boschi come prima firmataria) ha dato mandato ai suoi legali di impugnare la delibera, anche a sostegno dell’attività intrapresa dagli Ordini provinciali in merito.

L’obiettivo è scongiurare l’avverarsi di una situazione che configura – mediante questa norma regionale – lo scavalcamento di una legge statale gerarchicamente superiore, la n. 3 del 2018, nella quale si prevede per l’esercizio di professioni sanitarie l’obbligo di laurea e iscrizione all’albo.

A questo proposito, indirizzando il messaggio ai ministri Speranza e Gelmini e al presidente delle Regioni (nonché governatore del Friuli Venezia Giulia) Fedriga, la Fnopi rimarca: Un vostro intervento potrebbe essere utile per accelerare e risolvere la situazione che, oltre a trascendere dall’accordo Stato-Regioni esistente, secondo la legge 3/2018, rischia di configurare le previsioni contenute nell’articolo 12 – “Esercizio abusivo di una professione” – dove è previsto che venga punito “chiunque, non trovandosi in possesso della licenza prescritta dall’articolo 140 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265 o dell’attestato di abilitazione richiesto dalla normativa vigente (in questo caso la laurea in infermieristica o in medicina)” esercita una professione sanitaria.

Schiudendo all’opportunità di ricorrere agli Oss per atti propri dell’assistenza clinica del paziente di competenza esclusiva di medici e infermieri, la delibera del Veneto – secondo la Fnopi – danneggia anche gli interessi del paziente, che potrebbe sia non essere assistito nel migliore modo possibile sia non godere dei medesimi diritti e delle stesse specificità a dote dei cittadini di altre regioni. In questo modo, il rischio tangibile è tanto l’alterazione del significato dei livelli essenziali di assistenza quanto quello, più incisivo, del diritto alla salute sancito dall’articolo 32 della Costituzione.

Non è tutto. La Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche ritiene che la delibera della Regione Veneto sulle funzioni cliniche degli operatori sociosanitari rischia di ridisegnare – in modo del tutto autonomo – le attività previste dall’accordo Stato-Regioni sull’organizzazione e i compiti degli Oss del 2003, e che in base al protocollo del dicembre 2018 tra Fnopi e Conferenza delle Regioni si sta modificando con un iter, partecipato e condiviso, per approdare ad un accordo sul nuovo profilo dell’operatore socio sanitario.

Desta preoccupazione, poi, anche l’aspetto legato alla durata del percorso “Formazione complementare in assistenza sanitaria” (di totale 400 ore nelle differenti discipline e nei tirocini svolti presso le aziende sanitarie e ospedaliere del Veneto). Gli Oss infatti – incalza la Fnopi – sarebbero abilitati a compiti propri della professione medica e infermieristica esclusivamente con tale formazione prevista dalla Regione – di 150 ore di didattica e 250 ore di tirocinio – certamente non sufficiente per compiti come quelli che nella pandemia sono configurati anche per l’esclusiva vaccinazione.

E se come motivazione della delibera c’è la forte carenza di personale (l’accresciuta esigenza di personale da destinare all’assistenza sanitaria, imposta dalla pandemia nell’ambito della residenzialità e semiresidenzialità per anziani, non è risolvibile con solo personale infermieristico, ha spiegato l’assessore alla Sanità e ai Servizi sociali, Manuela Lanzarin, promotrice dell’iniziativa), anche qui la Fnopi gioca d’attacco: Dopo anni di mancati interventi strutturali alla carenza infermieristica non può, e non deve, essere questa la soluzione.

Giornalista
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