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Infermiere con o senza divisa, questo è il problema

di Fabio Albano

Si chiama infermiere colui che tutti i giorni lavorativi indossa la divisa da infermiere. E gli altri?

Si chiama infermiere colui che …

divisa

Un punto fermo: infermiere è colui che indossa la divisa

Esiste una dicotomia tra gli infermieri che svolgono la loro professione in prima linea e chi, invece, ha scelto di allontanarsi dalla frontiera e svolgere la propria attività in altro modo? Magari scegliendo di decidere per tutta la categoria?

Ciò che la nostra professione esprime altro non è che lo specchio della condizione sociale che anche la campagna elettorale, in vista del 4 marzo prossimo, manifesta.

Così come questa campagna elettorale dimostra una totale disaffezione alla politica e uno scarso credo alle promesse elettorali, anche gli infermieri si stanno allontanando sempre più da quella dirigenza che, da tempo oramai, veleggia verso lidi non riconosciuti dai più.

Certo, così come alcuni politici asseriscono, si può sempre obiettare che il popolo non è in grado di comprendere al meglio talune dinamiche e quindi tende a rifarsi a giudizi populisti. Personalmente sono convinto dell’esatto contrario e cioè che chi si è erto a decisore, e da lì non si schioda, ha atteggiamenti demagoghi nei confronti della critica. Punti di vista.

Esiste, per altro, un importante conflitto di interessi riservato a un ristretto numero di infermieri che contemporaneamente si trova in un ufficio infermieristico aziendale, nell’ordine di appartenenza con importanti incarichi, nelle commissioni concorsuali e dietro una cattedra universitaria. Forse non solo Berlusconi aveva a che fare con il conflitto di interessi e forse non sono solo i nostri politici a essere ossessionati dalla poltrona, anzi dalle poltrone.

Per anni la nostra categoria ha combattuto un certo modello politico basato sull’arrivismo individuale e fine solo alla carriera del singolo. Tante battaglie sono state combattute per trovare un senso comune alla nostra categoria e alla nostra professione. Oggi tutto pare vano! Mortificato da un arrivismo che appartiene alla più becera classe politica che tanto ha nociuto al nostro paese. Abbiamo dileggiato le classi dirigenti per finire con lo scimmiottare i loro vizi peggiori. Che peccato.

Arroccati su una collina, alcuni dei nostri dirigenti difendono le posizioni così come le difesero le nostre armate durante la disfatta di Caporetto. Cari generali attenti a guardare sempre in alto, poi non ci si accorge che in basso si sta sbriciolando l’esercito.

Tronfi di alcuni successi, per altro legittimi, ma considerati tali perché rari e difficilmente replicabili: vedi i reparti a conduzione infermieristica, esempi di come alcune eccellenze abbiano il sopravvento sulle disastrose condizioni quotidiane cui la gran parte di noi è costretta a confrontarsi, i nostri dirigenti stanno perdendo il significato del loro ruolo.

Quanto sta accadendo di questi tempi circa il rinnovo del comitato centrale della Federazione nazionale ha veramente dell’incredibile: sistema elettorale cambiato in corso d’opera e che esclude alcune porzioni di territorio nazionale, una condizione che provoca ulteriore disaffezione verso i nostri organismi statutari. A tal proposito si sono creati raggruppamenti di infermieri che hanno creduto di poter surrogare il diritto di rappresentanza del sindacato. La realtà li ha visti manipolati verso una causa, elezioni direttivo nazionale, che poco ha a che fare con i principali diritti del lavoratore.

Ma il problema dei problemi è il significato che la nostra categoria vuole provare a darsi di questi tempi. Cosa vuol dire essere infermiere oggi e quale ruolo deve svolgere in ambito sanitario. Con ordine.

Cosa vuol dire essere infermiere oggi?

Ognuno da una interpretazione personale a questo termine. Chi pensa di poter esercitare la propria professione in prima linea, costruendo percorsi assistenziali da derogare ai sottoposti; chi pensa di compiere un veloce passaggio in frontiera e poi provare ad appropriarsi di una seggiola così da non sbattersi troppo, chi pensa che il significato del proprio ruolo sociale sia quello di assistere i pazienti; chi vuole lavorare in ambulatorio così faccio solo mattina e tutti i week end sono libero; chi si vuol far chiamare dottore perché io ho studiato; chi si vuol fare chiamare infermiere però ha un ruolo dirigenziale e per i colleghi non ha mai tempo; chi pensa che l’importante è il momento di timbrare l’uscita; chi si bea di dover rispondere a 100 mail al giorno e risponde a tutte tranne che alla tua; chi crede di essere in missione per conto di Dio; chi vuole salvare vite; chi odia gli oss; chi abbiamo fatto sempre così; chi io sono laureato e chi aspetta il 27 del mese.

Insomma siamo una categoria molto eterogenea, e se qualche collega lettore non si trova rappresentato in quelle righe sopra spero mi possa scusare.

Peccato, però, che queste condizioni non esercitino il diritto alla chiarezza. Anzi, questa è una strada percorsa sulle spalle dei soli noti, coloro che stanno in prima linea a sbattersi contro un sistema poco chiaro. Sì, perché hai un bel dire che siamo una professione intellettuale, condizione eventuale sulla quale sarebbe opportuna una riflessione. Vallo a spiegare a chi tutti i giorni si confronta con una realtà ben differente dalle attese create in ambito universitario, dove gran parte dei docenti sono gli stessi che troverai in collegio, ordine scusa, e magari sono i tuoi dirigenti delle professioni sanitarie.

Certo è la categoria che non sa interpretare il proprio ruolo, non il dirigente che ha una visione a dir poco edulcorata delle condizioni lavorative. Provato a lavorare in Ps in certe giornate?

Quindi chi si può arrogare il diritto a chiamarsi infermiere? Bella domanda, che esige però una risposta, si perché eventualmente possiamo pensare di sdoppiare l’ordine; uno in ordine dei dottori ex infermieri, l’altro in ordine degli infermieri. Situazione interessante. Per altro la risposta alla domanda è di una semplicità unica:

È infermiere chi tutti i giorni indossa la divisa da infermiere, gli altri si cerchino un’altra Dop

Cari dirigenti, sappiamo che noi siamo infermieri e voi avete da gestire i massimi sistemi, ma tra un’elezione e l’altra, tra una docenza e l’altra, tra una riunione e l’altra, tra un incontro con il politico di turno e un viaggio a Roma, riuscireste a trovare un po’ di tempo da dedicare a noi?

Qui si tratta di capire se siamo ancora colleghi o apparteniamo a due categorie professionali differenti.

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