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Accanto a chi soffre, oltre i giochi di potere. Infermieri

di Giordano Cotichelli

Sono di ritorno dalla convention redazionale tenutasi a Rimini. C’erano un po’ tutti della Redazione di Nurse24.it: Leila, Sara, Pietro, Ferdinando, Marco ed altri ancora. Io purtroppo sono arrivato in ritardo, puntuale però per la cena e un po’ di resoconto mi viene fatto fra una portata e l’altra: i problemi della professione, quelli di sempre, fra riconoscimento e impegni istituzionali, ambiti di intervento e restringimento del welfare universalistico. E poi ci sono le elezioni per il rinnovo del Comitato Centrale, anticipate a fine gennaio e con la probabile esclusione di alcuni collegi. Come e perché ciò possa verificarsi e in base a quali scelte o priorità non è del tutto chiaro, ma il rischio è che, al di la di ogni buona intenzione, si prospetti un quadro professionale futuro a tinte meno nitide di quanto si possa credere.

In compagnia si chiacchiera bene e, sulla strada del ritorno, da solo con i propri pensieri, si ha modo ancor più di ripensare alle battute e agli scambi di opinione. La notte non è particolarmente brutta, fredda sì; del resto è gennaio, ma sembra più dolce di quanto la stagione possa far credere.

Non devo fare molta strada da Rimini a casa. Mi accompagna la radio, che passa una canzone dei Cranberries – Zombie - a ricordo di Dolores O’Riordan, la cantante scomparsa proprio in questa giornata che sta per finire. I pensieri si accavallano.

Penso a L. una collega appena laureata, a pieni voti, che lavora in una piccola fabbrichetta dell’entroterra marchigiano, in attesa di una chiamata, di un avviso che le permetta di fare qualche mese da qualche parte come infermiera. Intanto però lavora, e non è poco, anche se prende poco e lavora troppo.

Penso a G. che la prossima estate tornerà in Italia dopo un lungo esilio lavorativo nel Regno Unito. Come infermiera ha arricchito il suo curriculum e il suo inglese, ma ha dovuto rinunciare a un po’ di cose per poter mettere in fila due soldi guadagnati e un po’ di punteggio di stato di servizio.

Penso a P, a F e a V., e a tanti altri che corrono da un Master all’altro per accumulare saperi e punteggio, per avere qualche opportunità in più di lavoro, per avere qualche chance di fare l’infermiere.

Con un po’ di determinazione in più. Anche se, di fronte ad un sistema sanitario che sembra scivolare verso il basso, la testa sembra esplodere, urlare, perdersi nella disperazione di attacchi d’ansia professionale.

In your head, in your head, they are fighting, ripete la radio in questo inizio anno infermieristico. Finalmente siamo Ordine professionale, riconosciuto e con un po’ di confusione sotto il cielo.

A marzo ci sarà il XVIII° Congresso nazionale dell’Ipasvi e già a fine gennaio verrà eletto il Comitato Centrale, nonostante la probabile assenza di alcuni Collegi importanti: Milano, Torino, Perugia, Trento e forse Venezia.

Non è poca cosa. Torino è il quarto collegio d’Italia e ha un numero di iscritti pari alla Calabria o alla Liguria da sole o agli Abruzzi e alla Basilicata insieme.

Milano è il secondo collegio dopo Roma e si prepara, come capoluogo di regione, ad una svolta epocale che vedrà una mini-riforma sanitaria prendere il via sul suo territorio regionale dove i malati cronici - circa 3 milioni - potranno scegliere di farsi seguire nella loro patologia da un gestore specifico, pubblico o privato, associazione o ente, professionista o altro, lungo una prospettiva esclusivista e segmentaria della cura che sembra quasi più funzionale agli interessi finanziari che non a quelli sanitari.

Alla fine i Collegi che saranno esclusi dalla votazione in pratica rappresentano poco meno di un 15% del corpo professionale, con la forza numerica però quasi di un partito che si prepara ad entrare in una maggioranza di governo. E con la forza socio-economica di territori ricchi di contraddizioni e problematiche che sembrano però venire esclusi sul piano del gioco democratico professionale.

Come e perché ciò possa verificarsi e in base a quali scelte o priorità non è del tutto chiaro, ma il rischio è che, al di la di ogni buona intenzione, si prospetti un quadro professionale futuro a tinte meno nitide di quanto si possa credere.

In your head, in your head, Zombie, zombie, zombie-ie-ie, O’Riordan continua a gridare dalla radio. La strada scivola via bene, le luci della post-industriale Vallata dell’Esino si intravedono dietro il curvone e la via del ritorno è quasi conclusa.

Il prossimo Congresso Ipasvi inizierà il giorno dopo le politiche. Un caso probabilmente, ma di certo viene da pensare rispetto ad una classe politica, che in tema di salute si accapiglia sui vaccini confondendo prevenzione e diritti, libertà e sicurezza, educazione sanitaria e accesso alle cure, in un paese con alti livelli di analfabetismo di ritorno e di povertà assoluta in crescita.

In your head, in your head, they are crying, i Cranberries urlano tutta la loro disperazione. L. troverà presto il suo lavoro in corsia, G. tornerà a casa e ci aiuterà con il suo inglese, e P, F e V finiranno il loro master, forti di essere e di rappresentare un valore aggiunto per la professione.

Tutte e tutti saranno ancor più una risorsa per un sistema sanitario e sociale sotto attacco, forza di rinnovamento di un’utopia altra fuori dai giochi di potere, dalle logiche di mercato e prossime ai bisogni, alla solidarietà, al sentirsi vicini, ad-sistere, seduti accanto a chi soffre, ma non per questo inattivi.

Anzi.

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