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area psichiatrica

Relazioni umane nei processi di cura: quale cura per chi cura?

di Marco Alaimo

La nostra intervista a Laura Belloni, psichiatra e responsabile del Centro di Riferimento Regionale sulle Criticità Relazionali della Toscana.

laura belloni

Laura Belloni

Il Centro di Riferimento Regionale sulle Criticità Relazionali (CRRCR) istituito nel 2007 con delibera della Regione Toscana, si occupa di un settore strategico per ogni organizzazione, a maggior ragione se ci troviamo nell’area della salute. Caratteristica del centro è l'operatività di rete, secondo un modello sistemico che coinvolge, a diverso titolo, i vari attori sanitari che esperiscono criticità relazionali. L'aspetto multidisciplinare e multi professionale è il perno di tutta l'organizzazione.

Obiettivi ed aree di attività riguardano la valutazione dei rischi psicosociali presenti nell'ambito lavorativo, la valutazione dello Stress lavoro correlato, la formazione e la supervisione rivolte a gruppi di lavoro nelle organizzazioni e attività di consulenza e progettazione ad hoc.

Si parla spesso di relazioni e criticità relazionali, il centro si occupa in maniera scientifica e con l'aiuto di professionisti dedicati, di elaborare strategie nuove su questo tema. Avete molto lavoro? Di cosa vi occupate più precisamente?

Il lavoro è molto e noi siamo pochi, tra i nostri obiettivi c’è la costruzione continua di reti. Reti che coinvolgono persone che si occupano di salute e benessere organizzativo, ma anche appartenenti all’associazionismo ed al volontariato. Quindi, cerchiamo continuamente di sensibilizzare le nostre organizzazioni sul tema relazionale, le criticità che possono emergere e la salute organizzativa. Per noi organizzazione e persone (che vi lavorano e ruotano intorno) sono la stessa cosa, quindi il loro sviluppo da un punto di vista psicologico - relazionale ne risulta promosso. Il CRRCR è nato prima della sua ufficializzazione. In particolare, direi dal 2004, quando, dopo tante collaborazioni con la Regione Toscana, ho sentito il bisogno di creare un sistema che curasse le organizzazioni che curano. Tenendo conto che tutte le istituzioni come la scuola e come quelle che si occupano di salute nascono con l’obiettivo di curare e tutelare la nascita, la vita e la morte delle persone: temi fondamentale per gli esseri umani. Quindi, scuola, sanità e salute si trovano ad avere un tema comune, un tema esistenziale e le stesse istituzioni hanno bisogno a loro volta di essere curate per dare il massimo in termini di qualità e efficienza ai soggetti destinatari delle loro attenzioni. Le istituzioni si organizzano in organizzazioni, l’essere umano, per mettere ordine al proprio disordine, necessita di organizzare, ovunque abbiamo delle organizzazioni da ordinare. C’è anche da dire, però, che ogni tanto noi essere umani abbiamo bisogno di mettere un po’ in disordine le nostre cose, per poter poi riorganizzare, ma con dei processi evolutivi costruttivi e possibilmente creativi. La creatività è un qualcosa di centrale che possiamo sviluppare anche nel lavoro, ma se la creatività viene a mancare o se si spenge è possibile che nelle nostre organizzazioni si creino delle gabbie psichiche con ripercussioni non solo personali, ma anche sulla produttività, e se questo riguarda la Sanità allora è tutto più complesso. Nel nostro lavoro è come se trattassimo la salute mentale come confronto con la diversità e nell’incontro con l’Altro, ad esempio nell’incontro con il paziente per il sanitario oppure del bambino nella scuola. Noi facciamo consulenza in un’ottica individuo, gruppo e organizzazione. Abbiamo comunque sempre in mente l’organizzazione in cui si muove il singolo, lo sguardo all’insieme, alla totalità, sia nella micro che macro organizzazione con un concetto sistemico e dinamico. Questo non scotomizza e non separa l’operatore dal contesto, questo è stato un vero e proprio errore epistemologico che la medicina e la psicologia hanno fatto negli anni passati. Ogni progettualità che sviluppiamo si declina dal micro al macro e viceversa. Le consulenze si rivolgono anche ai professionisti che lavorano in Regione, ma siamo costantemente rivolti verso queste due parti inscindibili e che si completano a vicenda.

Il vostro lavoro non è solo per una specifica azienda ospedaliera, o struttura particolare ma avete un mandato Regionale. Quali progetti avete messo in campo e quali i futuri?

Innanzitutto, alcune dinamiche che osserviamo. In questo momento assistiamo ad un’importante volontà dei professionisti infermieri di mettersi in discussione e una forte aggregazione di intenti nella crescita professionale.Vedo, ad esempio, che nella formazione la classe infermieristica è quella sempre più presente, un po’ meno i medici che forse stanno vivendo una situazione di depressione professionale, a volte manca quello spirito di avventura e di rischio nell’affrontare le nuove complessità organizzative che abbiamo di fronte. Il medico più facilmente si chiude nell’ottica del proprio lavoro specialistico, nel suo ramo specifico. Florence Nightingale Non è un periodo storico semplice e le responsabilità non mancano e quindi servono molte risorse per avere un’apertura in questo senso. Volgendo lo sguardo al tipo di strutture aziendali in cui ci muoviamo, dobbiamo ricordare come le organizzazioni di tipo piramidale, per definizione, lasciano poco spazio alla circolarità della comunicazione e delle relazioni. Dobbiamo essere consapevoli di questo e delle possibili conseguenze, in modo da evitare che si realizzi un gap dalla dirigenza verso il comparto che può creare delle conflittualità di non facile soluzione. Ci sono delle informazioni che chiunque lavori in un’Azienda ha necessità di conoscere per capire fino in fondo la mission della propria organizzazione ed il senso del proprio lavoro, non limitantesi alla mera prestazione. Il CRRCR ha la sua casa presso l’Azienda Ospedaliero Universitaria di Careggi, in particolare nella SOD Clinica delle Organizzazioni. Questa localizzazione, ovviamente, non è casuale, né ininfluente sulla prassi quotidiana dei professionisti del Centro. Come dicevamo, però, il CRRCR ha mandato regionale e, dunque, offre consulenza e progettazione anche per tutte le altre Aziende della Toscana. Per le progettualità portate avanti in questi anni, sono state davvero tante. Possiamo, però, richiamarne alcune a titolo esemplificativo. Abbiamo iniziato, ad esempio nell’area dei traumi, con delle consulenze fatte ai pazienti e contemporaneamente ai professionisti e da queste consulenze, articolate in un ottica che va dal micro al macro, abbiamo sviluppato un progetto che ha dato vita ad una rete con il 118, polizia municipale, comune di Firenze, Regione Toscana e tutto l’associazionismo legato al grande trauma e le associazioni dei familiari.

Da questo progetto, iniziato nel 2007, siamo arrivati ad un osservatorio interdisciplinare e interdipartimentale sulla sicurezza stradale a livello Regionale (in cui lavorano tecnici, ingegneri, sanitari etc). Ecco, un esempio che è partito dal micro (paziente in rianimazione per incidente) fino ad arrivare al macro con progettualità Regionali. Inoltre, abbiamo creato insieme alle Aziende Sanitarie degli osservatori proprio sulle criticità relazionali, in cui almeno due professionisti per azienda cercano di osservare, analizzare e elaborare dei progetti sulle dinamiche che si creano nelle nostre aziende, sono dei veri e propri sensibilizzatori sull’argomento. I contenziosi sono per l’85% di tipo relazionale e non tecnico, dobbiamo quindi interrogarci e approfondire certi argomenti che spesso negli anni sono stati considerati secondari e scissi dalla parte professionale e tecnico scientifica. In collaborazione e in parternship con l’università di Yale lavoriamo con dei gruppi di lavoro in cui cerchiamo di sviluppare l’intelligenza emotiva, visto le sue ricadute su molti aspetti comportamentali; questo sia in ambito sanitario che nelle scuole. Un discorso molto importante, ma che ci chiederebbe un lungo dibattito è sul fattore tempo che noi dedichiamo a noi stessi e agli altri in termini di qualità del tempo dedicato e su come viene usato il tempo nella relazione, ad esempio, con i nostri assistiti; oggi giorno ci viene richiesto di essere veloci ed efficaci nello stesso tempo spesso a discapito della qualità dei risultati ottenuti.

Stress lavoro correlato e rischi psicosociali, quale attività preventiva dobbiamo mettere in atto a livello organizzativo e personale?

Il tema della valorizzazione lavorativa è essenziale, non solo in termini economici. Il lavoro in Sanità è uno dei più difficili che ci siano, in quanto trattiamo tematiche che parlano di vita e di morte, e spesso la nostra società se ne è dimenticata. Svolgiamo delle professioni così particolari che non tutti possono svolgere. Servirebbe un accompagnamento anche psicologico e non solo tecnico e professionale per i nostri professionisti, non possiamo scindere queste cose, e invece è stato fatto. Quando incontriamo gli operatori che lavorano in Sanità raramente il loro discorso si muove solo sul piano economico, ma elaborano tutta una serie di problematiche molto più profonde. Pensiamo, ad esempio, al tempo che molti mettono a disposizione del proprio lavoro, alla dedizione completa che spesso toglie spazio ai propri interessi familiari e affettivi; c’è una dedizione di cui non si parla mai. Questo è un aspetto che viene trascurato e non capito fino in fondo, anzi è spesso sconosciuto. I professionisti, però, ne soffrono e le nostre aziende, su questo sensibilizzate, stanno acquisendo consapevolezza di queste criticità, che possono essere trasformate in forme di evoluzione e perfezionamento professionale e umano di coloro che lavorano in Sanità. Il riconoscimento, comunicato e premiato in termini di valorizzazione anche morale della classe professionale, può essere un buono strumento di incentivazione.

Rispondendo alla domanda possiamo dire: cura delle organizzazioni e formazione delle classi dirigenziale alla creazione dei gruppi di lavoro, che poi sono anche équipe e team di lavoro, che spesso diamo per scontati e già formati. Ma la squadra di lavoro non è precostituita, va elaborata insieme, va costruita e questo non è facile. Sono importanti le riunioni non solo organizzative, ma anche conoscitive e di discussione delle problematiche. Non siamo preparati a tutto questo. Guardiamo l’équipe dei tecnici della Ferrari: lavorano tutti all’unisono, tutti con lo stesso scopo e i soliti obiettivi, ma non sono stati messi lì a caso; sono stati preparati, si sono incontrati e formati per lavorare insieme in modo quasi perfetto. Sono stati messi insieme non per diventare la stessa cosa, ma per lavorare con le proprie differenze al bene comune. Quanto sono formati questi tecnici? Le nostre organizzazioni come ci preparano a questo? Dal 2004 la Regione Toscana, con delle piccole progettualità, ci ha permesso di iniziare questo viaggio che riteniamo fondamentale proprio per creare gli spazi necessari per affrontare queste tematiche. Siamo stati anticipatori rispetto alle altre Regioni Italiane che poi hanno iniziato ad occuparsi a questi aspetti in maniera più dedicata. Inizialmente abbiamo visto l’interesse e la conseguente collaborazione con l’Emilia Romagna, che ha cominciato ad interessarsi al nostro modello, però applicandolo dalla Regione fino ad arrivare all’azienda sanitaria, creando un percorso inverso, ma con le medesime finalità. Poi si sono sviluppate strette collaborazioni con la Regione Marche ed altre Regioni interessate a sviluppare una Rete, nell’ottica di arrivare alla costruzione di un Osservatorio nazionale su queste tematiche.

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