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Infermieri

È vero, ci fermiamo a bere il caffè

di Redazione

Al bar, assonnato davanti a cappuccino e brioche dopo aver smontato dal turno di notte, do un’occhiata distratta e stanca alla rassegna stampa per avere un’idea di che succede intorno a me: i soliti litigi di Governo, l’assurda vicenda dei bambini di Bibbiano, qualche colpo di calciomercato, insomma, ciò che quotidianamente ci capita di sentire su qualsiasi mezzo di comunicazione. Poi, all’improvviso, un sussulto: il Resto del Carlino decide di essere originale, e probabilmente non trovando come meglio riempire la sua prima pagina, tuona “Siamo il popolo della pausa caffè”.

Gli infermieri bevono il caffé

Un titolo già di per sé bizzarro come apertura di un quotidiano, in un momento storico simile dove le notizie non mancano certo, ma ciò che mi fa sobbalzare sulla sedia è il trafiletto subito sotto: “Non solo gli Infermieri. Tutti i “tempi morti” che paghiamo”.

Dopo gli infermieri killer, gli infermieri ladri, gli infermieri incompetenti che negli ultimi anni a turno hanno fatto la loro comparsa sui giornali e nei programmi tv facendo scorrere inchiostro e parole a fiumi (scoprendo poi, ad un’analisi attenta che gli stessi giornalisti dovrebbero fare prima di scrivere, che spesso e volentieri di altre figure professionali si trattava), ecco che entra prepotentemente nell’immaginario collettivo la figura dell’infermiere “perditempo” : una diffusa specie che, secondo un giornalista quantomeno superficiale, popola le corsie degli ospedali pubblici e, non lavorando, arreca un danno agli onesti cittadini che lo stipendiano con le proprie tasse.

Chissà se questa persona, che con tale nonchalance, sceglie di mettere proprio la nostra categoria in prima pagina come esempio di spreco di soldi pubblici, sia mai stato davvero in una corsia d’ospedale, dove i colleghi si trovano costantemente a fare i conti con organici risicati, risposi saltati e corsie infinite di pazienti a cui provano a dare, sempre e comunque, risposte personalizzate e di qualità.

Chissà se ha mai varcato le porte di una terapia intensiva o di una rianimazione, in cui si lavora “sospesi” in un mondo dove i singoli attimi si riempiono di significati, potendo fare la differenza tra la vita e la morte dei pazienti e dove si maneggiano le più moderne tecnologie mediche a disposizione.

Chissà se si è mai trovato in un’oncologia o in un hospice, dove la tecnologia sfuma per lasciare posto al dialogo, alla relazione e all’empatia: forse ancora più difficili da gestire che maneggiare un (pur estremamente complesso) ventilatore polmonare o una macchina per la dialisi, perché in questo caso non esiste nessun libretto di istruzioni.

Probabilmente non si sarà recato nemmeno in Pronto Soccorso, dove il trattamento tempestivo e competente dei casi più gravi non deve far sottovalutare e trascurare le decine di casi meno complessi che vi accedono, ma che hanno comunque il diritto di trovare risposte qualificate e complete riguardanti la propria situazione.

Certamente non è mai salito su un’ambulanza, venendo così catapultato nella vita degli utenti nel peggior momento della loro vita, con la necessità di dover mettere in pratica interventi rapidi e complessi senza il tempo di instaurare una relazione di fiducia con gli assistiti.

Per queste ragioni chiedo una cosa al giornalista: la prossima volta che si troverà in un ospedale e gli capiterà di vedere due colleghi (ma anche medici, oss, o qualsiasi altro professionista con cui condividiamo sudore ed emozioni) che si fermano alla macchinetta del reparto per bere un caffè, anziché prendere carta e penna per denunciare il terribile disservizio che stanno creando, si metta una mano in tasca e ci frughi dentro: un caffè offerto è il miglior modo per dirci grazie di quanto, al massimo delle nostre forze e con tutte le nostre competenze, proviamo a fare per ognuno dei nostri assistiti.

Giulio Palazzi - Infermiere

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Commenti (2)

Carlo118

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2 commenti

Pennivendoli

#2

Oramai Brunetta, ha segnato il passo...
I pennivendoli, quando non hanno argomenti su cui sciacallare x vendere la loro disinformazione, fanno i Brunetta e sbattono in prima pagina queste demnzialita’ per vendere giornali a distratti analfabeti funzionali.
I loro clienti migliori.
Disse bene uno: vorrei mangiarli per il gusto di vomitarli.

Erika Cuomo

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1 commenti

Riflettere

#1

...vergognoso... siamo trattati e additati peggio di uno zerbino da piedi.. questi sono commenti di chi non sta male veramente, di che giunge, come spesso capita, ad usufruire del servizio pubblico in maniera impropria arrecando di servizio a chi ne ha veramente bisogno. Lo spreco si trova proprio in questo in queste persone pretenziose e spesso maleducate con chi tutto il giorno è tutta la notte dedica le proprie energie il proprio tempo per dare il meglio di sé professionalmente parlando e umanamente parlando... dimenticando che anche noi siamo persone fatte di sentimenti di emozioni e non siamo macchina e meritiamo rispetto. Quel rispetto che spesso viene meno soprattutto in casi disperati quando la persona stanno veramente male o si trovano un bivio della loro vita veramente particolare... Questi sono i casi in cui noi non facciamo caso al rispetto perché capiamo grazie alla nostra empatia che è il momento di mettersi in gioco punto la maleducazione spesso emerge dalla non necessità assistenziale. Chi sta veramente male non ha voglia di polemizzare o di far caso a determinate cose oh, chi sta male cerca solo lo sguardo di qualcuno che lo possa aiutare nel più breve tempo possibile e un sorriso spesso associato ad una rassicurazione e già la migliore terapia.
Disgustata di come stanno andando le cose è rammaricata rispetto a come viene trattata la nostra categoria spero sempre che la gente capisca che l'unica fortuna è che il popolo infermieristico non è Unito perché se noi veramente lo fossimo e se veramente ci fermassimo tutti insieme sarebbe veramente un guaio di portata catastrofica.
Piccole riflessioni di chi crede ancora in questa professione che la fa col cuore e che invita ti sta bene ad andare al mare piuttosto che passare il suo tempo a fare commenti e critiche sterili creando veramente un disservizio è uno spreco pubblico.
Che le persone imparassero rivolgersi ai servizio opportuni.. i momenti di gruppo che si passano insieme, seppur pochi, servono per