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Le mie esperienze come libero professionista, una ricchezza

di Serena Giannini

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L'occupazione in Italia oggi è una gabbia di leoni. Già è difficile capire la strada da percorrere, una volta che lo abbiamo capito ci si deve inoltrare nella giungla del mondo del lavoro.

Io, infermiera libera professionista, nella giungla del lavoro

auto infermiera lp

L'esperienza della libera professione, pro e contro

Prima di percepire quale fosse la mia strada (o almeno quella che credo che sia) ci ho messo del tempo. Ho studiato tanto anche altre discipline, ho lavorato facendo le mansioni più disparate, finché non ho intrapreso la carriera infermieristica. Non è stato tutto rosa e fiori, ma devo dire che niente è andato perso.

Gli studi precedenti e le esperienze vissute mi sono servite per avere la consapevolezza di oggi: sono tutte cose che nessuno può portarti via e che solo tu puoi riproporre quando la vita te lo permette, proprio come degli assi nella manica!

Sono infermiera da poco più di quattro anni, non è molto lo so e non mi reputo di certo un'infermiera esperta. Tuttavia mi sento di dover incoraggiare i colleghi che si trovano in una situazione precaria o che appena laureati non hanno idea di quello che sarà il proprio destino.

Da neolaureata non ho perso tempo ad iscrivermi al collegio Ipasvi di Rimini e dopo tre mesi ho aperto la partita iva. Quante ansie! Mi chiedevo continuamente se avessi fatto la cosa giusta, se ce l'avrei fatta a sostenere le spese di un lavoro in proprio. Ho comprato la prima macchina, una city car per potermi spostare ed essere autonoma e incoraggiata dai miei genitori l'ho acquistata a piccole rate in modo da essere sicura di riuscire a pagare il debito (credo che molti di voi possano riconoscersi in questo timore che per altri può sembrare una stupidaggine, ma quando cominci da zero, cominci veramente dal nulla).

La mia prima spesa da libero professionista furono i biglietti da visita che cominciai a distribuire nelle varie farmacie della zona. Non ne saltai nemmeno una, anche se si sa molte hanno già i loro “adepti”. Cominciarono le prime telefonate di persone che avevano bisogno di semplici medicazioni o cicli di iniezioni. È vero, la concorrenza di persone non qualificate che chiedono 3€ a iniezione è tanta, ma l'importante per me era andare dalla persona che mi aveva contattato e fargli capire che di fronte aveva una professionista. Il rilascio di una fattura che possono scaricare dalle spese mediche, la tutela di un'assicurazione professionale per cui se fosse successo qualcosa sia il professionista che il paziente potevano dormire sonni pressoché tranquilli. E soprattutto la vicinanza di una persona competente a colui che ti chiama non ha prezzo. Quando le persone capiscono tutto questo è normale che ti ricontattino qualora avessero nuovamente bisogno: questa è una delle soddisfazioni più grandi.

Certo, non potevo tirare fuori uno stipendio con questo tipo di chiamate private e cercai alternative tramite cooperative o aziende non pubbliche.

Due anni e mezzo di libera professione come soccorso in pista in autodromo a Misano, infermiera di camera iperbarica e presso il centro cura ferite difficile del centro iperbarico di Ravenna che mi è rimasto particolarmente nel cuore per le persone e la professionalità incontrate, emergenza territoriale in Veneto, Ravenna, Pesaro e Macerata. Ho fatto esperienza anche in casa di riposo, punto prelievi di un centro di analisi cliniche, terapia intensiva di una struttura privata e supporto in alcuni poliambulatori.

Ho lavorato tantissimo, un tempo relativamente breve di libera professione che è sembrato molto di più per quanto fosse intenso.

Attualmente lavoro nell'ambito pubblico, sono a tempo determinato e concorro come molti per il benedetto posto fisso.

Allora la domanda sorge spontanea: perché hai chiuso la partita iva se ne hai parlato così bene? Ebbene sì, in ogni settore ci sono aspetti positivi e negativi. Quando fui chiamata dopo aver partecipato all'avviso pubblico vi garantisco che ci ho pensato davvero molto e non ero mica così sicura di fare la scelta giusta. Ho scelto l'Usl perché con la libera professione non avevo più una vita sociale e privata, non riuscivo a dedicare un minimo di tempo per me, la famiglia e gli amici. Devi lavorare tante ore al giorno se vuoi arrivare a uno stipendio rispettabile alla fine del mese, perché non è vero che è il professionista a fare il prezzo, ma è l'offerta che ti fa la sua proposta e se va bene si conclude altrimenti ci sono tanti altri infermieri liberi professionisti meglio disposti.

Oggi è vero che ci stiamo battendo per gli stipendi di lavoratori pubblici remunerati a dovere, ma sicuramente ho riacquistato del tempo da dedicare a hobby e persone a me vicine che in futuro non recuperi.

Devo essere sincera e parlare anche di aspetti positivi della libera professione. Ho imparato tantissimo: l'autogestione di un lavoro dove sei tu a decidere se farlo o meno, il reinventarsi ogni volta a seconda del settore in cui capiti quel giorno, a seconda delle collaborazioni in corso, vieni a conoscere tanti professionisti medici e infermieri di altre realtà che possono aprirti a nuove esperienze, perché se lavori bene poi le proposte arrivano. Ho dovuto rinunciare a delle collaborazioni per mancanza di tempo.

In conclusione non rinnego nulla e rifarei tutto proprio per la ricchezza personale e professionale che porterò sempre con me

Quindi per chi non è riuscito ancora a trovare un impiego e si chiede se intraprendere il percorso della libera professione dico di non mollare: cercate, proponetevi, impegnatevi e formatevi perché pian piano i semi germogliano e se si sa coltivare bene potranno crescere dei bei fiori.

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Commenti (1)

brusati

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10 commenti

concordo in pieno

#1

Anch'io ho scelto la strada della libera professione dopo anni di lavoro in ospedale pubblico prima e in strutture private poi.
La mia scelta è dipesa dal bornout, la mia intenzione era quella di cambiare settore. La speranza era quella di approfittare della libera professione per "saltare su un'altra barca", ma a tutt'oggi mi è mancato il coraggio di fare questo salto.
Ho sempre lavorato sul territorio, dassolo, tranne in un paio di occasioni ho fatto ricorso a colleghi che operano relativamente vicini a me per essere sostituito per cause di forza maggiore.
Quest'anno, improvvisamente, dal gestire 5 fleboclisi al giorno, sono passato a giornate intere senza lavoro (esempio, questo weekend...).
Tempo libero, zero. Inizio a lavorare al mattino alle 7 con i primi prelievi, qualche altro lavoro al loro termine e il mattino è andato. Pomeriggio a recuperare i referti e distribuirli, qualche altra piccola cosa, e il pomeriggio è andato. Magari qualche antibiotico la sera e la giornata è persa.
Week end: non c'è il medico di famiglia, il medico della continuità assistenziale non sa, sono a volte io che devo intervenire.
Risultato: 12 o anche 13 ore al giorno di impegno, per avere un fatturato annuo di 30.000 euro (per chi pensa che sia tanto, iniziamo a togliere le spese del carburante, le spese per l'acquisto di tutto il materiale occorrente, il commercialista, e non ultime le relative tasse. Potete capire cosa rimane in tasca).
Libero professionista: professionista affida il proprio tempo libero ai clienti.
Non trovo sensato che un libero professionista lavori presso altre strutture, sarebbe un lavoratore parasubordinato, un lavoratore dipendente dileggiato: non ha ferie, non ha malattia, non ha TFR. Tanto vale!
Ma a fine mese mancano i soldi.
Soprattutto a fine anno per pagare i saldi delle varie tasse.
Conclusione: sto tentando (a 56 anni di età) di fare un concorso e rientrare in ospedale pubblico....