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Presidente Annalisa Silvestro, l'Intervista

di Pietro Caputo

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ROMA. "Libertà d'Informazione Infermieristica", Nurse24 è per un confronto libero e costruttivo capace di produrre la tempesta di idee necessaria a far crescere la nostra professione.

Rappresenta più di 410.000 professionisti, Senatrice della Repubblica Italiana, membro della 12° Commissione permanente (igiene e sanità), Presidente della F.N.C. IPASVI, risponde alle domande del Primo Quotidiano Infermieristico Online, Annalisa Silvestro.

 

Presidente ci racconta tre grandi passi che la professione ha fatto da quando Lei ricopre questa carica.

 

Prima di indicare quali, secondo me, sono i "tre grandi passi" fatti dalla professione durante la mia presidenza, vorrei sottolineare un aspetto legato alla funzione che esercito pro tempore.  Ogni strategia, ogni attività, ogni decisione, ogni "posizionamento" della Federazione nazionale Collegi Ipasvi (Fnc) è il frutto di un pensiero elaborato nell'ambito del Comitato centrale, ossia nell'ambito del Direttivo nazionale, i cui componenti sono eletti ogni tre anni dai neo eletti Presidenti provinciali dei Collegi Ipasvi. 

 

Il Presidente della Fnc è, secondo me, un primus inter pares,  che presiede le riunioni del Comitato centrale e ne supporta e coordina i lavori. I risultati raggiunti sono, quindi, il frutto di un lavoro di insieme che non prescinde da quanto indicato o suggerito dai Presidenti provinciali Ipasvi durante le riunioni del Consiglio nazionale, che sono, mediamente, 4 all'anno.

 

Ancora una riflessione: ogni situazione, ogni evento, ogni fase storica della  professione è legata a quello che è stato definito e seminato prima, ed è un tassello di quello che si verificherà dopo.

 

Riportandomi alla domanda, indico quali sono, secondo me, i tre importanti passi compiuti in questi ultimi anni dalla nostra compagine professionale e li disegno dentro specifici riferimenti giuridici, che hanno significativamente accolto buona parte delle istanze della rappresentanza professionale.

 

Penso di esprimere un pensiero condiviso affermando che le leggi non sono di per sé sufficienti a produrre il cambiamento culturale oppure organizzativo che le ha ispirate, oppure a migliorare l'auto e l'etero percezione. In un Paese di antica tradizione giuridica come il nostro, però, senza l'aggancio normativo è ancora più difficile dare forza al cambiamento, all'evoluzione professionale e alla ridefinizione dei perimetri professionali.

 

Dopo aver raggiunto l'obiettivo di una legge che, finalmente, prendesse atto dell'avvenuta trasformazione dei contenuti professionali e, conseguentemente, della figura dell'infermiere (legge 42/99 che definisce l'assistenza infermieristica "professione sanitaria" e abroga il Dpr 225/74 "mansionario"), c'era la stringente necessità di delineare non solo il campo di azione dell'infermiere stesso, ma anche le macro tipicità funzionali dell'esercizio professionale.

 

Ed allora il primo passo, sostenuto da un grande, forte e corale impegno: l'ottenimento della legge n. 251 del 2000 che, tra le altre norme, indica qual è l’oggetto della professione infermieristica: le attività dirette alla prevenzione, alla cura e salvaguardia della salute individuale e collettiva (art. 1, comma 1).

 

I disposti normativi della legge 251/00 sono stati fondamentali per il riposizionamento giuridico degli infermieri e dell'assistenza infermieristica e, conseguentemente, più che utili nell’elaborazione di numerose memorie giuridiche di tipo difensivo. Tra le ultime ricordo, con particola soddisfazione, quella messa a disposizione dei Collegi Ipasvi della Regione Toscana per contrastare l'esposto (che ha esitato nell'archiviazione dell'esposto stesso) presentato dal Presidente dell'Ordine dei medici di Bologna nei confronti degli infermieri "triagisti" e soprattutto degli infermieri che sperimentavano (in primis in Toscana) la metodica del "see & treat".

 

Le disposizioni normative ottenute, contenute nella legge 42/99 e nella legge 251/00, rendevano però necessario affrontare una condizione che poteva divenire particolarmente critica per il gruppo professionale: se il campo di azione e responsabilità dell'infermiere  era correlato al profilo professionale (completato con la definizione del campo di attività ex legge 251/00 della professione), al Codice deontologico e agli "ordinamenti didattici dei rispettivi corsi di diploma universitario e di formazione post base poteva crearsi una situazione di oggettiva diversificazione operativa (diversi livelli di autonomia/responsabilità) per gli infermieri che non avessero potuto accedere alla formazione post titolo professionale in ambito accademico. Bisognava superare il rischio di una diversificazione divisiva del corpus infermieristico.

 

Ecco quindi il secondo passo: con l'ottenimento della legge n. 1 del 2002 è stata sventata tale ipotesi (art. 1,comma 10: "I diplomi conseguiti in base alla normativa precedente dagli appartenenti alle pressioni sanitarie di cui alle leggi 26 febbraio 1999 n. 42 e 10 agosto 2000 n. 251  sono validi ai fini dell'accesso ai corsi di laurea specialistica, ai master e agli altri corsi di formazione post base "). Con la legge 1/02 veniva mantenuta l'unitarietà e la forza dell'intera compagine professionale e venivano date pari possibilità evolutive a tutti gli infermieri attraverso l'effettuazione di ulteriori percorsi formativi e di ridefinire con la competenza acquisita i contenuti del proprio specifico esercizio professionale.

 

Non è stato facile "portare a casa" la legge 251/00, ma ancor di più la legge 1/02 perché  in molti preferivano che si venissero a definire due tipologie di infermieri (quelli di serie A: gli universitari, e quelli di serie B: tutti gli altri). L'Università avrebbe mantenuto un (supposto) prestigio, si sarebbe formata una figura con spiccate funzioni di interconnessione tecnica tra medico e paziente, si sarebbe potuto valorizzare rapidamente questa "nuova" figura sia da un punto di vista contrattuale, sia nella progressione di carriera (specializzazioni correlate a quelle mediche e funzioni gestionali e di coordinamento).  Ricordo le proposte di alcuni medici professori universitari, di cambiare nome a coloro che formavano in università "… non li possiamo chiamare infermieri; sono un'altra cosa …".

 

Sono ancora convinta della validità della scelta fatta nonostante i problemi correlati e le incomprensioni "interne". Non erano pochi i colleghi che ritenevano che non si sarebbe mai potuto elevare culturalmente e professionalmente un gruppo così diversificato per formazione scolastica, tipologia di titolo professionale ecc. Invece no, tutti dovevano avere le opportunità conseguenti all'upgrading formativo raggiunto nella tipologia assistenziale esercitata. 

 

Altri Paesi di antica tradizione infermieristica (Inghilterra, Belgio …) non sono riusciti a superare il doppio canale formativo con problematicità evidenti: frammentazione professionale, depotenziamento della  forza d'urto contrattuale e non solo.

 

Infine il terzo passo inerente l'altra "necessità" che avevamo individuato: le macro tipicità funzionali dell'esercizio professionale infermieristico. Con la legge n. 43 del 2006 la compagine professionale è riuscita a definire alcuni punti fermi e di forte impatto sia per  la  struttura delle funzioni professionali, sia per le relazioni a valenza gestionale. Tre le tipologie funzionali: l'infermiere generalista, l'infermiere specialista e coordinatore e, infine, l'infermiere dirigente.  

 

Praticamente la legge 43/06 delinea la struttura della professione e le linee per impostare la progressione di carriera. La progressione può avvenire sia in ambito clinico assistenziale (infermiere specialista), sia in ambito gestionale (infermiere coordinatore e dirigente).

 

I disposti della legge 43/06 per quanto riguarda la parte gestionale hanno trovato attuazione (seppur con lentezza, fatica e disomogeneità tra una Regione e l'altra), mentre per quanto riguarda la parte specialistica assistiamo ad un defatigante "stop and go", che attualmente è di evidente"stand by"Una finestra  realizzativa sembrava essersi aperta, finalmente e dopo vari tentativi, nel 2010 con l'attivazione di un tavolo tecnico tra Regioni e Ministero della Salute per la "ridefinizione, implementazione e approfondimento delle competenze e delle responsabilità professionali dellinfermiere e dellinfermiere pediatrico".

 

Anche su questa partita penso di poter affermare che l'impegno e il contributo dato dalla Fnc per arrivare al documento definitivo sia stato più che significativo e abbia dato valore aggiunto al documento stesso.  

 

Siamo però ancora in attesa che la bozza di accordo, che a sua volta è stata "messa in attesa" a seguito degli ultimi cambi di compagine governativa, trovi l'ok da parte del Ministero dell'Economia e finanze. Si dice che il MEF voglia valutare l'impatto economico che l'attivazione della figura dell'infermiere "specialista" potrebbe produrre con la ripresa della dinamica contrattuale.

 

 Può spiegarci come funziona la "macchina" della Federazione Ipasvi?

La maggior parte degli infermieri conosce solo i membri dei propri Direttivi provinciali. E poi, cosa succede? Quali decisioni si prendono e come?

  

Il sistema Fnc Ipasvi è regolato da leggi a valenza nazionale. La Fnc, ente di diritto pubblico non economico, coordina i Collegi che sono, in larga maggioranza provinciali. L'organo di governo è il Comitato centrale che è composto da 7 infermieri e si rinnova ogni triennio attraverso un'assemblea elettorale composta dai Presidenti dei Collegi provinciali.

 

I neo eletti componenti del Comitato centrale votano, al loro interno, il presidente, il vicepresidente, il segretario e il tesoriere. Altro organo importante per la vita della Fnc è il Collegio dei Revisori dei Conti (Crc), che è composto da 3 membri effettivi e da un membro supplente. Il Crc viene eletto contestualmente al Comitato centrale dalla stessa Assemblea elettorale.

 

Nel 2012 il Comitato centrale si è riunito 20 volte. Di ogni riunione viene redatto apposito verbale comprensivo delle decisioni assunte, che danno origine a specifiche deliberazioni. Su alcune questioni di particolare delicatezza o complessità il Comitato centrale attiva Gruppi di lavoro composti da infermieri “esperti”. Nel 2012 i gruppi sono stati 15, su temi quali l'esercizio libero professionale, l’Ecm, il rischio clinico, le competenze specialistiche ecc.  

 

I dipendenti della Fnc sono 8, di cui una dirigente degli Uffici (Affari Generali e gestione del personale, Ufficio legislativo e legale) e una responsabile dell’Ufficio stampa (Stampa e comunicazione). Per quantificare la mole delle attività, a solo titolo esemplificativo, riporto il dato dei documenti protocollati, che nel 2012 assommano a 4.470 in entrata e a 1.476 in uscita. Le circolari ai Collegi su diversi argomenti assommano a 44.

 

Il sistema di comunicazione della FNC ruota intorno al portale www.ipasvi.it, sul quale viene pubblicata anche la rivista bimestrale “LInfermiere online”, la cui sezione con gli articoli scientifici è indicizzata su Cinahl. Nel portale sono ospitati, tra l’altro, i corsi Fad promossi gratuitamente, le pagine uniche visitate nel 2012 sono state 3.898.024, ogni corso è stato completato da circa 40.000 infermieri. 

 

Il Consiglio nazionale, che nel 2012 si è riunito 6 volte, approva su proposta del Comitato centrale i bilanci e il contributo annuo che ciascun Collegio versa, in rapporto al numero dei propri iscritti, per le spese di funzionamento della Federazione. Le decisioni di "governo" sono assunte dal Comitato centrale nell'ambito di linee programmatiche triennali e del quadro strategico approvato annualmente dal Consiglio nazionale.

 

Ha presentato un DdL sul riordino delle professioni sanitarie, il passaggio da Collegi ad Ordini, ridefinendone le competenze, cosa cambierà per la nostra professione?

  

Innanzitutto bisognerà vedere che sintesi varrà fatta tra i diversi disegni di legge presentati, tra cui il mio, e il testo presentato dal Governo. Il mio intento è di pervenire ad una modernizzazione del quadro normativo ordinistico che tenga conto delle istanze del mondo civile e del mondo professionale.

 

Il cambiamento che deriverà alla nostra professione è strettamente collegato al testo che emergerà dal lavoro in Commissione e poi in aula. Forse stavolta, è banale, ma so che tantissimi colleghi lo desiderano, ce la facciamo a cambiare la nostra denominazione: da infermiere professionale a infermiere.

 

Ritengo che la trasformazione dei nostri Collegi in Ordini renda plastico il passaggio giuridico, formativo e professionale raggiunto dalla nostra professione in questi ultimi 20 anni. Il  passaggio è dovuto nonostante sia sistematicamente contrastato.

 

Terminando, quali sono i suoi prossimi obiettivi nelle vesti di Presidente della FNC Ipasvi? Cosa saranno e cosa faranno gli Infermieri, secondo Lei, fra dieci anni?

 

Potrei raccontare tante cose e declinare molti obiettivi. Ma credo che le favole non servano a nessuno e tanto meno ad un insieme di professionisti che con grande fatica procede verso la meta del riconoscimento e della valorizzazione di ciò che è e di ciò che garantisce alla nostra collettività nazionale e al sistema sanitario. 

 

Sono fortemente convinta che la nostra professione ha grandi opportunità e solide prospettive. E tale convinzione mi deriva dall'analisi della demografia delle professioni, dall'andamento epidemiologico e demografico dell'Italia e dell' Europa e dalla capacità, ormai dimostrata, di perseguire e raggiungere outcome di qualità.

 

Un futuro positivo, quindi.   È l'oggi che preoccupa per tutto quello che vediamo muoversi intorno a noi e che mostra pieghe ed elementi lontani dai nostri valori e dall'idea che il diritto alla salute - e quindi ad un'assistenza degna di quel nome - sia un diritto di civiltà. Bisogna avere coraggio e camminare con chi va nella direzione che noi attendiamo e auspichiamo: politici di diversa appartenenza, sindacati, associazioni, uomini delle decisioni regionali. 

 

Una sola postilla: il Governo del sistema è in mano alle Regioni. È lì che bisogna agire con modalità integrate nel quadro delle scelte professionali di sistema. Rimaniamo uniti e riflettiamo prima di mostrarci all'esterno con posizioni stereotipate verso gli altri e noi stessi. Questo ci rende perdenti perché diffonde un'immagine di debolezza e di rabbia polemica su cui si costruisce poco se non niente.

 

Comunque, sono convinta che gli infermieri fra 10 anni svolgeranno con maggiore visibilità e riconoscimento il loro fondamentale ruolo assistenziale e sociale.

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