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Investire sulla formazione infermieristica per salvaguardare la vita dei pazienti. Vale anche per l’infermieristica italiana?

di Domenica Servidio

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Da qualche settimana è stata divulgata una delle più importanti indagini infermieristiche (denominata RN4CAST, da Registered Nurses Forecasting), i cui risultati sono frutto dei dati raccolti in diverse università europee e statunitensi. I dati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista “The Lancet”.

Più di 400.000  i pazienti inclusi nella ricerca. Nello specifico l’indagine ha coinvolto 422.730 pazienti (di età pari o superiore a 50 anni) sottoposti ai più comuni interventi di chirurgia generale, vascolare ed ortopedica, in 300 ospedali di 9 Stati europei (Svizzera, Belgio , Finlandia , Irlanda, Paesi Bassi, Norvegia, Spagna, Inghilterra e Svezia) con una dotazione organica pari a 26516 infermieri, di cui è stato valutato il livello formativo.

 

I dati evidenziano che negli ospedali in cui il rapporto infermiere/pazienti è più basso, altrettanto inferiore è il tasso di mortalità. Se al carico assistenziale di ciascun infermiere viene aggiunto anche un solo paziente, aumenta del 7 per cento la probabilità di decesso entro 30 giorni dalla data di ricovero e inoltre per ogni aumento del 10 per cento di infermieri con diplomi di laurea, diminuisce del 7 per cento il rischio di morte. La ricerca è stata condotta da Linda Aiken, docente dell’Università della Pennsylvania e da Walter Sermeus dell’Università Cattolica di Lovanio.

 

Linda Aiken ha affermato che dai dati dello studio sono una concreta risposta al bisogno  di personale formato e con carichi di lavoro non abnormi. Lo studio dice Aiken “indaga l’attività del personale infermieristico in diversi Paesi europei e lo analizza in rapporto agli esiti clinici obiettivi piuttosto che nei resoconti dei pazienti o degli infermieri. I nostri risultati – ha precisato – integrano le ricerche che negli Stati Uniti collegano il miglior livello dello staff infermieristico con la diminuzione della mortalità”.

 

Anche Anne Marie Rafferty, docente presso King’s College di Londra sottolinea l’importanza della formazione infermieristica, la quale deve essere aggiornata e uniformata dai governi europei. Negli Stati Uniti si prospetta che l’80 per cento del personale infermieristico sia laureato entro il 2020. Interessanti le parole di Patricia A. Grady, direttore del Ninr, la quale afferma che lo studio «è un altro esempio di come la scienza infermieristica possa contribuire a politiche che promuovano risultati positivi per i pazienti non solo negli Stati Uniti ma in tutto il mondo».

 

L'Italia a riguardo cosa risponde? Perché  proprio l’Italia non è stata inclusa nello studio? Forse la risposta a questa domanda è troppo amara per noi infermieri italiani, i quali continuiamo a ricoprire quella fetta di assistenza che guarda l’evoluzione dell'infermieristica europea e mondiale solo in lontananza, quasi fosse un sogno impossibile da realizzare.

 

Siamo i soliti idealisti che vorrebbero una sanità migliore e che in realtà continuano a subire il disagio di un sistema che sminuisce il ruolo che rivestiamo. Nazione in cui facilmente l’infermiere viene scambiato per personale ausiliario (basta confrontare le nostre buste paga con quelle degli O.S.S., figure di supporto di fondamentale importanza, ma con autonomia e responsabilità di gran lunga diverse e inferiori alle nostre) ma noi infermieri imperterriti approfondiamo le nostre conoscenze per pura voglia di migliorare, nonostante nel nostro caro Bel Paese, non venga riconosciuta l’importanza della nostra formazione universitaria! Fino a quando ci sentiremo motivati a farlo?

 

Master di I e II livello, laurea Magistrale e Dottorato di Ricerca: Titoli e non solo “pezzi di carta” che riempirebbero una parete, ma che ad oggi RAPPRESENTANO la crescita della professione infermieristica! (Purtroppo solo per pochi eletti).

 

Altro aspetto macabro della ricerca RN4CAST: ORGANICO ASSISTENZIALE. In Italia non si assumono infermieri, la carenza di organico nelle unità operative è un luogo comune per innumerevoli realtà italiane, per non parlare dei concorsi per infermieri, che diminuiscono di anno in anno! La realtà italiana è quindi ad oggi, tanto lontana da quanto espresso nella ricerca e chi decide di mettersi in gioco scegliendo oggi di essere infermiere è perché, nonostante tutto, continua a credere nel cambiamento e nella crescita di questa meravigliosa professione, con la speranza che questo fatidico cambiamento arrivi davvero e non diventi solo utopia.

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