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Patologia

Trisomia 21, la mutazione genomica nota come Sindrome di Down

di Arianna Caputo

La Sindrome di Down o Trisomia 21 è una malattia genetica (mutazione genomica) in cui il cromosoma 21 è soprannumerario. I tratti somatici di un soggetto affetto da Sindrome di Down caratterizzano una facies tipica in cui si riconoscono, tra gli altri, mento piccolo, macroglossia e ponte nasale piatto. Alla trisomia 21 si correlano, inoltre, ritardo mentale, disfunzioni tiroidee, malattie gastrointestinali, cardiopatie congenite, disturbi visivi ed uditivi e immunosoppressione che sfocia nell’aumentato rischio di incorrere in infezioni.

Cause, segni e sintomi della Sindrome di Down

La Sindrome di Down deve il suo nome al medico inglese J. Down, il primo a descrivere le caratteristiche delle persone affette da quello che egli chiamò “mongoloidismo” (termine oggi abbandonato) e col quale intendeva sottolineare la somiglianza dei tratti somatici tra le persone affette dalla malattia e la popolazione asiatica.

In condizioni fisiologiche normali, il codice genetico umano è costituito da 46 cromosomi, ossia da 23 coppie, di cui 22 di esse sono caratterizzate da cromosomi omologhi (autosomi), mentre una coppia è quella che rappresenta i cromosomi sessuali, diversi tra loro (XX per ed XY) e detti eterosomi.

Nella Sindrome di Down i cromosomi presenti non sono più 46, ma 47, in quanto il cromosoma 21 è presente tre volte. Si tratta, infatti, di una mutazione genomica la quale, per definizione, consiste in una variazione del normale numero di cromosomi.

Ne sono esempi la poliploidia (diffusa soprattutto nelle piante), in cui si ha una moltiplicazione del corredo cromosomico di base, e l’aneuploidia, in cui uno o più cromosomi sono in numero triplo (trisomia) o ridotti solo ad uno (monosomia).

Un altro fenomeno che può causare l’insorgere della trisomia 21, molto più raro, è quello del "mosaicismo". Esso non si manifesta in tutte le cellule dell'individuo, ma solo in quelle che provengono dalla riproduzione della cellula mutata. Anche in tal caso, l’evento sembra si verifichi più comunemente nel sesso femminile.

Manifestazioni cliniche della Sindrome di Down

Florence Nightingale

Al di là dell’aspetto fenotipico, vi sono una serie di patologie o manifestazioni cliniche che possono instaurarsi a seguito della presenza del cromosoma in più.

Esse possono riguardare più o meno tutti gli organi ed apparati, ma con entità e gravità che differiscono da soggetto a soggetto.

Disfunzioni tiroidee, malattie gastrointestinali, cardiopatie congenite, disturbi visivi ed uditivi, infertilità, affezioni neurologiche con difficoltà neuro-psico-motorie e ritardo intellettivo sono le patologie che spesso fungono da cornice alla Sindrome di Down e che devono essere monitorate nel tempo, curate quando possibile, e che danno una stima della sopravvivenza.

Come già detto, però, non tutte queste co-affezioni si manifestano e, soprattutto, non tutte si manifestano con la stessa aggressività.

Ciò che, invece, avviene più frequentemente è la riduzione dei linfociti associata anche ad un titolo anticorpale inferiore al normale. Questa condizione è alla base di un’immunosoppressione che sfocia, poi, nell’aumentato rischio di incorrere in infezioni.

Down e ritardo mentale

Certamente il ritardo mentale, insieme ad importanti disfunzioni di organi con conseguente compromissione di apparati, è uno dei fattori maggiormente invalidanti e che coinvolge non soltanto il soggetto in prima persona, ma anche il suo nucleo familiare, intaccando la sua vita sociale (a volte già complessa per la sola patologia in sé) ed affettiva.

Il ritardo mentale che si verifica nella sindrome di Down è dovuto ad un eccesso di beta-amiloide prodotto nel cervello, condizione simile a quella che si verifica anche nella malattia di Alzheimer.

Ciò avviene in quanto tale peptide è elaborato dalla proteina precursore della beta-amiloide, il cui gene è localizzato proprio sul cromosoma 21.

Diagnosi della Sindrome di Down

Ad oggi è possibile effettuare diagnosi prenatale per questa patologia. Si scontrano, così, quelle che sono le aspettative dei neogenitori con i dilemmi etici, sempre al centro di accesi dibattiti.

Infatti, come affermò lo psicoanalista e psichiatra Stern, la futura madre si trova a vivere un fenomeno da egli definito come delle “tre gravidanze”, in cui ci si pone domande in merito al diventare genitore (che madre sarò?) e si inizia ad immaginare il bambino, proiettando sull’evento della nascita ansie e perplessità, dubbi ed aspettative.

Generalmente questo esame è effettuato in combinazione con un’ecografia ai fini di valutare la translucenza nucale. Analizzando, dunque, i tessuti molli retronucali del feto, è possibile rilevare lo spessore che, nei feti affetti, risulta essere aumentato di circa il doppio rispetto a quelli non affetti.

Alcuni markers biochimici sono in grado di valutare il rischio di affezione anche durante il secondo semestre. Nello specifico: alti livelli ematici di inibina A e gonadotropina corionica umana, associati a una riduzione delle concentrazioni di estriolo e alfafetoproteina sono indice di rischio elevato per trisomia 21.

Test prenatali non invasivi

Sono disponibili test prenatali non invasivi volti ad esaminare il genoma fetale che, però, in caso di positività, necessiterebbero di una conferma della diagnosi da effettuare mediante procedure invasive. Tra queste: l’amniocentesi, da effettuare tra 16° e 18° settimana gestazionale, prelevando un campione di liquido amniotico, e la villocentesi, effettuabile tra 11° e 14° settimana di gestazione mediante biopsia di un campione di villi coriali (quest’ultima indagine risulta essere più pericolosa per il feto, presentando un rischio d’aborto leggermente superiore a quello esistente per l’amniocentesi).

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