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Patologia

Tularemia

di Monica Vaccaretti

La tularemia è una zoonosi batterica causata dal Gram-negativo Francisella tularensis, un microrganismo altamente infettivo. Secondo i dati epidemiologici dell'Istituto Superiore di Sanità, le sottospecie A e B, delle quattro classificate, diffuse nel Nord America e in tutto l'emisfero settentrionale, anche in Europa, sono considerate clinicamente rilevanti per la trasmissione all'uomo. Il battere ha un ampio spettro d'ospite e infetta principalmente lepri, conigli e roditori ma anche altri mammiferi ed uccelli. La popolazione umana più a rischio di esposizione alla malattia sono pertanto cacciatori, agricoltori, macellai.

Cos’è e come si trasmette la tularemia

In Italia dal 1992 al 1998 sono stati segnalati al Ministero della Sanità 61 casi di tularemia, per una morbosità media pari a 0,02 casi per 100.000 abitanti. Pur con una bassa incidenza, la malattia infettiva causata da questo agente patogeno è soggetta in Italia, secondo il Regolamento di Polizia Veterinaria, a notifica obbligatoria a causa della sua virulenza anche con una dose infettante piuttosto bassa.

Il Decreto Legislativo 81/2008 classifica, inoltre, il Francisella tularensis come agente biologico del gruppo di pericolo 3 che necessita di adeguate misure di biosicurezza nella sua manipolazione. Anche se la trasmissione interpersonale della malattia ad oggi non è dimostrata, la bassa dose infettante insieme all'elevato potere patogeno e alla facilità di disseminazione supportano il potenziale utilizzo di tale agente biologico ai fini di bioterrorismo. L'inalazione di un minimo di 10 microrganismi sotto forma di aereosol può causare grave polmonite.

La trasmissione all'uomo e agli animali avviene tramite il morso di un vettore infetto (zecche, tafani, pulci), ma anche tramite il contatto diretto con l'animale infetto (secreti, escreti, organi, tessuti), l'ingestione di alimenti o acqua contaminati e l'inalazione di polveri o aereosol contaminati.

Sintomi di tularemia

Considerando che le manifestazioni variano a seconda del tipo di esposizione, clinicamente la malattia - che ha un periodo di incubazione da 1 a 14 giorni e può assomigliare alla febbre tifoide - si presenta generalmente come una lesione primaria ulcerativa locale, poiché il microrganismo patogeno penetra la cute apparentemente integra attraverso micro lesioni. Si accompagna spesso a linfoadenopatia regionale, sintomi sistemici importanti e, occasionalmente, polmonite atipica talvolta accompagnata da delirium.

L'esordio della malattia è improvviso con cefalea, brividi, nausea, vomito, febbre a 40°C, sudorazione intensa ed astenia marcata. Entro 24-48 ore compare una papula infiammata che diventa rapidamente pustolosa di colore giallo biancastro e che si ulcera con scarso essudato.

Le ulcere solitamente sono singole nelle dita e nel braccio e multiple se interessano l'occhio e il palato. I linfonodi regionali si rigonfiano e possono presentare suppurazione ed abbondante secrezione. Dai linfonodi il batterio può giungere al sangue e provocare noduli granulomatosi ad evoluzione suppurativa su tutti gli organi. Se compare tosse secca non produttiva con sensazione di bruciore retrosternale ci può essere un interessamento polmonare.

Possono verificarsi splenomegalia e perisplenite. Nei casi non trattati la temperatura resta elevata per 3-4 settimane e si risolve gradualmente. Rare complicanze sono la meningite, la mediastinite, l'ascesso polmonare.

Diagnosi e trattamento di tularemia

La diagnosi di tularemia è principalmente epidemiologica e clinica sulla base di un'anamnesi positiva per contatto con roditori e vettori, l'improvvisa insorgenza dei sintomi e le caratteristiche tipiche della lesione primaria. La diagnosi è confermata da esami emocolturali, da test sierologici, PCR e titoli anticorpali durante la fase acuta e la convalescenza.

La terapia per la tularemia prevede come farmaco d'elezione la streptomicina con iniezioni intramuscolari di 1 grammo ogni 12 ore negli adulti e 15 mg/Kg ogni 12 ore nei bambini per 7-10 giorni per una malattia da moderata a grave. Se vi è evidenza di meningite può essere associato il cloramfenicolo o la doxociclina per 14-21 giorni.

Alternative alla streptomicina sono la gentamicina e la ciprofloxacina. Per le lesioni cutanee primarie, anche nelle manifestazioni oculari, sono indicati continui bendaggi umidi di soluzione fisiologica che possono lenire la gravità anche di linfangite e linfoadenite. Se la terapia medica viene ritardata, potrebbe rendersi necessario un drenaggio chirurgico degli ascessi polmonari e l'asportazione chirurgica dei linfonodi colpiti.

La mortalità è nulla nei casi trattati e soltanto del 6% circa nei casi non trattati di tularemia ulceroghiandolare. I tassi di mortalità sono più alti, fino al 33%, per la tularemia tifoidea, setticemica e polmonare non trattata. Il decesso si verifica a causa di setticemia, polmonite, meningite, peritonite. Se adeguatamente trattata non compaiono recidive, perché la prima infezione conferisce una completa immunità.

Nessun vaccino è attualmente disponibile. L'unica prevenzione è la profilassi antibiotica in caso di esposizione ad alto rischio e le comuni norme di igiene e di sicurezza alimentare con opportune precauzioni nelle aree endemiche.

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