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Tirocini

Modello Preceptorship nella strategia di tutoring infermieristico

di Davide Mori

Il modello Preceptorship è un modello di tutoraggio dello studente infermiere che prevede l’impiego di un rapporto 1:1 con il tutor clinico. Un modello utile sia da un punto di vista dell'apprendimento clinico sia relazionale, come lo ha definito Giuliana D’Elpidio, Direttrice del Polo Didattico “Pier Giorgio Frassati” dell’Università di Roma Tor Vergata e responsabile del percorso di sperimentazione in corso dal 2016 all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma.

Modello Preceptorship, l'esperienza del Bambino Gesù di Roma

Il modello Preceptorship, in letteratura, è studiato per l'area critica, ma la sua applicabilità può estendersi anche ad altre U.O.

Il tirocinio rappresenta un’occasione privilegiata di apprendimento nell’ambito del Corso di Laurea in Infermieristica e molti sono i fattori che possono influire sulla qualità dell’esperienza di apprendimento, sulle competenze acquisite e sulla formazione delle aspettative di ruolo dello studente: tra questi fattori, oltre l’ambiente di tirocinio, riveste un ruolo fondamentale il modello di tutoraggio.

Nel 2016 per gli studenti del terzo anno in infermieristica ed infermieristica pediatrica afferenti all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma è stato intrapreso un percorso di sperimentazione del nuovo modello Preceptorship, che vede l’impiego di un rapporto tutor clinico/studente 1:1.

L’insegnamento clinico è l’aspetto della formazione infermieristica attraverso il quale gli studenti […] apprendono a pianificare, fornire, valutare l’assistenza infermieristica globale richiesta sulla base delle conoscenze e capacità acquisite

Spinti dall’entusiasmo manifestatoci da alcuni colleghi che hanno partecipato come tutor clinici al progetto di sperimentazione, abbiamo deciso di intervistare la Direttrice del Polo Didattico “Pier Giorgio Frassati” dell’Università di Roma Tor Vergata, la Dott.ssa Giuliana D’Elpidio, abbiamo analizzato le tappe fondamentali che hanno portato all’utilizzo di questo modello innovativo e cosa questo abbia comportato dal punto di vista organizzativo.

Quando ha sentito la necessità di introdurre il modello del Preceptorship all’interno del percorso formativo dei vostri studenti?

Negli ultimi due anni abbiamo rivisto quello che era il percorso di apprendimento clinico degli studenti e quello che potevamo fare per migliorarlo. Siamo partiti rivisitando, in collaborazione con i Coordinatori infermieristici delle U.O. coinvolte, gli obiettivi del primo, secondo e terzo anno. Abbiamo fatto una revisione della letteratura nazionale ed internazionale, valutando in particolare i modelli di tutoraggio applicati in Italia. Abbiamo così scelto e adattato al nostro contesto il modello Preceptorship, ideato per essere applicato alle terapie intensive, dove il rapporto tutor clinico-studente è 1:1.

A suo modo di vedere quali sono i punti di forza di questo modello?

Questo modello è stato scelto perché dà la possibilità allo studente di essere seguito sempre dallo stesso tutor. Una simile impostazione è utile sia da un punto di vista dell'apprendimento clinico sia relazionale. Lo studente instaura con l'infermiere un rapporto continuativo per il percorso di apprendimento clinico: in questo modo la relazione tra tutor e studente migliora e favorisce un buon inserimento di quest’ultimo anche in situazioni difficili, ad elevato impatto emotivo, come quelle che si possono verificare nelle aree critiche. Lo studente è così spronato a fare più domande e a mettersi in gioco sia dal punto di vista pratico, sia etico deontologico con il proprio tutor. Il tutor attraverso il contatto con lo stesso studente conosce e pianifica il suo percorso, valorizza i punti di forza e interviene nei punti di debolezza per farlo crescere. Inoltre l'interscambio con lo studente fa sì che lo stesso diventi uno stimolo per il professionista.

Nel progetto sono state incluse inizialmente solo le terapie intensive per poi interessare tutti i reparti nel prossimo futuro. Come mai non avete deciso di estenderlo fin da subito alle altre unità operative?

Il modello Preceptorship nasce per le aree critiche e, in accordo con la letteratura, è stato deciso di introdurlo gradualmente previa fase sperimentale con la medesima modalità. Il percorso del terzo anno prevede il tirocinio nelle aree critiche e questo ha facilitato la sperimentazione in quanto lo studente dell’ultimo anno, avendo già due anni di formazione, possiede un bagaglio culturale, clinico e relazionale che lo avrebbe facilitato nel Preceptorship. Dal 2018 è prevista l’estensione anche ad altre U.O. dell’ospedale, del progetto tutoring adottando modelli appropriati all’anno di corso e formando un maggior numero di tutor clinici.

Sulla base di quali requisiti avete scelto i tutor nei reparti?

Dopo aver chiesto l’autorizzazione al Direttore Sanitario e alla responsabile del SITRA, abbiamo contattato i Coordinatori infermieristici delle unità operative interessate ed è stato chiesto loro di indicarci gli infermieri che, su base volontaria, avrebbero potuto ricoprire il ruolo di tutor clinico. Ovviamente questi infermieri dovevano possedere delle caratteristiche affini a questo ruolo, ovvero una spiccata preparazione clinica ed una forte propensione all'insegnamento.

Abbiamo letto che i colleghi scelti partecipano ad un corso prima diventare tutor, su cosa verte il corso?

Il corso è uno dei requisiti indispensabili per poter seguire gli studenti come tutor clinico. Si tratta di un corso breve, dedicato all'apprendimento dell'adulto, alla descrizione delle funzioni e del ruolo del tutor clinico e all'utilizzo degli strumenti che facilitano l'apprendimento, nel particolare il contratto formativo; infine si è affrontata la modalità di valutazione dello studente. Nel prossimo corso di formazione Ecm verrà inserita anche una sessione di simulazione.

Quanto dura in media la “relazione” Tutor-Studente?

L'esperienza formativa dura circa due mesi, durante i quali una volta a settimana tutor universitari e clinici, possibilmente con la presenza anche dello studente, fanno delle riunioni per valutare l'andamento del percorso e verificare se apportare eventuali modifiche.

Sono emerse delle criticità nell’applicazione di questo modello? Come sono state superate?

Alla fine del percorso formativo abbiamo svolto una riunione con tutti i Coordinatori e gli infermieri coinvolti nel progetto Preceptorship per analizzare insieme criticità e punti di forza del modello. Le criticità emerse sono state: la compilazione del contratto formativo e la valutazione. Le modifiche suggerite sono state oggetto di analisi e rivisitazione.

Pensa che sia un modello applicabile a tutte le realtà o c’è bisogno di caratteristiche specifiche da parte delle strutture e dei colleghi?

L'applicabilità di questo modello è circoscritta in letteratura alla realtà dell’area critica e dove il rapporto tutor clinico-studente è di 1:1, tuttavia la nostra opinione è che l’impiego del modello è dipendente da diverse variabili, tra cui l’U.O. di tirocinio, la formazione dei tutor stessi e l’anno di corso.

Modello Preceptorship, le parole di chi ha vissuto l’esperienza

Il modello Preceptorship, come confermato dalla Dott.ssa D’Elpidio, si tratta certamente di un modello impegnativo, ma con enormi potenzialità per l’integrazione Università-Ospedale e per la crescita di studenti e tutor clinici.

Tutto questo è confermato anche dalle parole di Francesca Broccati, infermiera tutor clinico dell’Area Rossa del DEA OPBG:

Un percorso formativo e personale che mi ha dato grandi soddisfazioni, ho legato molto con la studentessa e spero di poter avere l’opportunità in futuro di continuare a svolgere questo ruolo. Avrei voluto che il percorso durasse più tempo

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