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Sinergia tra infermiere di famiglia ed esperto in wound care

di Redazione

L’infermiere di famiglia deve essere un elemento cardine di tutto il processo di cura improntato sulla centralità della persona. Punto di forza di questa figura specialistica è la collaborazione con le altre figure che di questo processo di cura fanno parte. L’infermiere esperto in wound care ne è un esempio.

Un’opportunità di cambiamento tutto in divenire in campo di lesioni

L’infermiere di famiglia e comunità è un professionista responsabile dei processi infermieristici sia in ambito familiare sia in ambito comunitario: egli lavora in sinergia e in collaborazione con tutte le figure professionali della rete dei servizi sanitari e sociali della comunità, è un punto di riferimento per la famiglia, per il medico di medicina generale, per gli assistenti sociali, per tutti quegli ambiti dove afferisce il paziente e il caregiver, presenti sul territorio e, quindi, anche per lo specialista in wound care.

L’obiettivo principale del lavoro dell’infermiere di famiglia è quello è quello di far sì che si possano ridurre al minimo le ospedalizzazioni, attraverso un intervento di valutazione multidimensionale e di messa in atto di strategie di prevenzione proprio in casa del paziente o in un altro ambiente dove esso vive.

Se si riscontra un problema sanitario, l’infermiere di famiglia deve agire tempestivamente attivando la rete dei servizi territoriali per mantenere il più possibile “a casa” il paziente e quindi dare supporto alla persona ed alla famiglia improntato sui bisogni della persona e del caregiver, per un’adeguata ripresa delle attività quotidiane.

In ambito vulnologico l’infermiere di famiglia può essere un supporto professionale per l’infermiere specialista affinché ci sia un corretto approccio per la cura delle lesioni cutanee, ma anche per la loro prevenzione e per la gestione di eventuali recidive.

L’infermiere di famiglia ha tutte le caratteristiche per essere la figura di supporto più adatta per lo specialista in wound care, perché può raggiungere capillarmente il territorio e se riscontra problemi più complessi può attivare l’infermiere esperto in wound care mediante lo strumento della richiesta di consulenza.

Siamo a conoscenza del fatto che esiste un mondo sommerso (tipo iceberg) e si intuisce anche che quando un piede diabetico, un’ulcera venosa o una lesione cutanea qualsiasi vengono attivati verso l’infermieristica territoriale spesso è troppo tardi: la lesione è già cronica, quindi di difficile risoluzione. È necessario muoversi prima, quindi:

  • Prevenzione
  • Saper riconoscere la lesione
  • Saper gestire la lesione
  • Chiedere consiglio/supporto all’esperto di riferimento

L’infermiere di famiglia deve essere in grado di valutare la lesione stessa, deve poter attivare la rete di cura necessaria ad evitare ulteriore cronicizzazione della ferita e cercare di prevenire gli interventi scorretti che il paziente potrebbe porre in essere prima dell’attivazione dell’assistenza specifica da parte del MMG.

L’infermiere di famiglia, quindi, deve essere un tramite e interagendo con i medici curanti indirizzerà i pazienti nel posto giusto, al momento giusto allo scopo di poter avere una diagnosi corretta e quindi una cura mirata.

Oggigiorno le strategie terapeutiche, infatti, sono diverse come i bendaggi, le medicazioni avanzate, ma anche cure fisiche e complementari come le onde d’urto, la fotobiomodulazione (luce blu), gli innesti cutanei, i tessuti bioingegnerizzati, la TPN, etc.

In un momento così critico dove non ci sono risorse disponibili o sono ridotte, l’infermiere di famiglia deve saper conoscere le medicazioni in termini qualitativi, ma anche in termini economici per garantire cure idonee anche con costi più contenuti.

Tutto questo per me, specialista wound care, vuol dire lavorare in équipe: solo l’équipe consente di conoscere il paziente, specialmente se cronico e/o anziano, nella sua globalità e complessità (in maniera olistica) e permette di intervenire e prendersi cura della persona e dei familiari/caregiver. In questa maniera si potranno avere buonissimi risultati anche con quei pazienti spesso molto difficili, con continue recidive, ricoveri e altre complicanze.

Gli infermieri di famiglia fanno parte della mia équipe e lo fanno in maniera proattiva a supporto di tutta la rete. Sono certa - e lo so perché ci lavoro da tempo - che tutto ciò è vero: il loro lavoro capillare, il confronto continuo fra tutti gli attori della rete territoriale e ospedaliera facilitano i percorsi. Dalla condivisione e collaborazione si può ottenere un risultato più esaustivo con soddisfazione sia del paziente, ma anche di tutti noi professionisti.

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