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editoriale

I primi Infermieri? Nacquero a Grotta Paglicci nel Paleolitico Superiore

di Angelo

Preistoria

Esistevano delle "cure sanitarie" tra le popolazioni delle caverne sul pianeta Terra in età preistorica? Pare proprio di sì e le scoperte avvenute nel giacimento archeologico Pugliese la dicono lunga sul grado di civiltà degli Homo Sapiens, che dipingevano le caverne, vi lasciarono le proprie impronte, graffivano su osso, rocce e sassi, cacciavano, cercavano i frutti e si occupavano dei loro malati in riti di gruppo o attraverso i loro Sacerdoti. L'assistenza era di natura empirica o legata a credenze magico-religiose...

RIGNANO GARGANICO. Com’erano le "cure sanitarie" e chi se ne occupava durante il Paleolitico Superiore? È una delle domande che spesso si pongono gli studiosi di cose antiche quando riportano alla luce resti o intere sepolture dell’Homo Sapiens, il nostro più vicino antenato preistorico, quello che ha dato origine alla civiltà moderna.

Carvernicoli? Incolti? Simili ad animali che vivono in branco?

Non diremmo visto quanto scoperto a Grotta Paglicci, sito preistorico ubicato nelle campagne di Rignano Garganico (FG) nella parte settentrionale delle Puglie.

Nel sito paleolitico sono stati rinvenuti negli ultimi 45 anni di scavi oltre 45.000 reperti risalenti a un periodo che oscilla tra i 500.000 e gli 11.000 anni da oggi.

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Impronte di mano sulle pareti di Grotta Paglicci.

Da quanto emerso dalle ricerche negli ultimi 40 anni si è evinto che il popolo di Grotta Paglicci non era poi così lontano dalla civiltà moderna: seppelliva i suoi morti e aveva appositi rituali magico-religiosi; dipingeva le sue pareti (della caverna) con scene di caccia e “fotografava” sulla roccia - mediante graffiti e disegni - cavalli, cervi, stambecchi, bovi, uccelli, serpenti e persino pinguini boreali (che ai tempi dell’ultima glaciazione probabilmente vivevano lungo le coste del Gargano); lasciava le impronte di mano sulle pareti; faceva vita di gruppo ed era socialmente attivo; cacciava e/o raccoglieva frutti per alimentarsi; e - udite, udite! - “curava” i propri malati con espedienti misti ad empirismo e magia.

E sì, anche gli Homo Sapiens di Grotta Paglicci, avevano i loro “responsabili dell’assistenza", per lo più sacerdoti o sacerdotesse che, come le tribù arcaiche moderne (rintracciate in vari posti angusti della Terra), utilizzavano intrugli medicali tratti dal mondo vegetale, minerario ed animale.

Ma bisogna precisare due livelli di assistenza:

- empirico, dovuto essenzialmente all’esperienza per la cura, per esempio, di ferite da taglio, da caduta o da combattimento;


- non empirico, che riguardava essenzialmente i “mali intestini”, ovvero quei malanni che riguardavano il corpo umano e che non derivavano da incidenti e/o da agenti esterni all’individuo; in questo caso gli stregoni si rifacevano a credenze magico-religiose e il più delle volte il paziente doveva essere guarito scacciando il maligno che si era impossessato di lui (una credenza popolare ancora presente in molte popolazioni del Sud d’Italia, che hanno dato origine ai fenomeni delle megere di paese).

I sacerdoti, gli stregoni, le megere, o se vogliamo usare una forzatura i primi "Infermieri", avevano non solo la capacità di togliere i malanni, ma anche di infliggerli utilizzando amuleti, parti del corpo della vittima, oggetti e avanzi di cibo.

A Grotta Paglicci però avveniva qualcosa di diverso che inizialmente aveva fatto pensare a una sorta di “cannibalismo” preistorico: alcune sepolture, risalenti a un arco di tempo che va dai 25.000 ai 20.000 anni fa, sono state rinvenute con delle parti mancanti, soprattutto ossa lunghe.

Dopo attente ricerche - compiute dagli esperti archeologi dell'Università degli Studi di Siena, capitanati fino a un decennio fa dall’illustre Arturo Palma di Cesnola, scienziato di fama mondiale - si è capito però che in grotta si usava riesumare i cadaveri e prelevare ossa intere per farne probabilmente delle reliquie.

A che pro? Probabilmente per le cose che dicevamo poco fa, ovvero la credenza che quelle parti anatomiche avessero il potere di allontanare il maligno (o i demoni della Madre Terra) e di proteggere gli individui viventi.

E non è tutto. Infatti, non è escluso che gli uomini di Grotta Paglicci facessero uso di erbe medicamentose e di “farine” speciali utilizzate non solo per nutrirsi ma per “curarsi”.

Il ritrovamento di raschiatoi e di oggetti litici utili a triturare i semi la dicono lunga sul grado di civiltà di questi cavernicoli, che sicuramente non utilizzavano PC, Tablet e Smartphone, ma che di contro avevano capacità intellettive e intellettuali innate e altamente evolute.

L’Associazione ComuniCare (presieduta come noto da Ferdinando Iacuaniello), editrice di Nurse24.it, in collaborazione con il movimento culturale Amici di Grotta Paglicci di Rignano Garganico (nel Foggiano), ha messo in piedi un apposito sito internet dedicato all’antro preistorico e raggiungibile all’indirizzo www.grottapaglicci.it.

Il portale, curato dallo scrivente e da Antonio Del Vecchio (mio padre), giornalista, scrittore ed esperto di preistoria, protostoria e storia, vi sarà utile per scoprire anche altri aspetti di questa civiltà antica, che probabilmente proveniva dall’Africa e che aveva una propria scrittura e un proprio modo di comunicare.

Non aggiungiamo altro, scoprite da soli quanto erano FIGHI!

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